Indifferenza

Le crisi dovrebbero aiutare a crescere. La crisi politica ed economica che viviamo non può che aiutarci a regredire.

Ci dicono continuamente: “gli italiani non capirebbero”. Già, noi non capiremmo o non capiamo. Gli fa comodo pensarlo e ancora più comodo crederlo. Ci sarà chi non capisce, c’è sempre quello che se ne frega del momento, di tutti i momenti e riesce a ritagliarsi il suo piccolo, privato angolo di “paradiso” dove si isola.

Ce ne sono più di quanto si immagina persone che fanno cosi, si isolano, fanno di loro stessi un’isola. E’ comodo e aiuta a superare gli eventi anche i più imprevedibili ed imprevisti. L’isola è sempre a disposizione di chi si isola, di chi non vuole vedere che acqua limpida fresca e azzurra sgorgante da fonti immaginarie e inestinguibili.

Sono i sognatori? Gli idioti? I furbi? No, sono persone “normali” che se ne infischiano di tutto e di tutti e vivono li, nel centro della loro isola immaginaria e aspettano che passino gli eventi, tutti gli eventi anche i più catastrofici.

Si potrebbero definire indifferenti? Si, credo di si. Sono tra noi più di quanto si possa immaginare. Freddi ed egoisti? Si, forse ma anche no, semplicemente menefreghisti.

Il menefreghismo è una filosofia e non parlo di quello del ventennio, no ma di quello attuale. Quello che non scaturisce dalla noia ma dalla rabbia ed è un menefreghismo diverso, è un non voler vedere ed è anche un illudersi che i problemi, tutti i problemi si risolvano da soli prima o poi.

Oppure che intervenga sempre qualcuno a risolverli. La rabbia sedimentata durante anni di frustrazioni sfocia nel menefreghismo. Non te ne importa nulla di chi ti sta intorno e diventi sempre più abulico. Indifferente, insomma. E può diventare una patologia.

In questo momento tragico noto molti indifferenti. Li noto tra quelli che girano senza mascherina parlando al telefono, in quelli che se gli chiedi cosa pensano del governo ti fanno spallucce e al massimo rispondono “tanto sono tutti uguali”. In quelli che hanno un’idea ma non te la dicono perché “tanto non vale la pena parlarne” oppure, massimamente urticanti, quelli che non hanno idee e se le hanno se le tengono per sé.

“La nostra vita comincia a finire il giorno che diventiamo silenziosi sulle cose che contano.” diceva Marthin Luther King.

E gli indifferenti sono spesso silenziosi sulle cose che contano, non è che non le vedano, semplicemente non le considerano. Sono come morti davanti alle svolgersi della loro stessa vita.

Le implicazioni di questo atteggiamento sono tante, sono anche il farci dare del “popolo che non capisce”.

Io non rimango indifferente : mi indigno e se mi indigno mi arrabbio e se mi arrabbio parlo e se parlo…

Se parlo dico che questa “crisi” è uno schifo che ci devono lasciar votare prima possibile, capiscano o meno gli italiani hanno il diritto di esprimersi. Gli indifferenti stanno decidendo delle nostre vite.

Non restiamo indifferenti!

1 commento su “Indifferenza”

  1. Indifferenza: un bel tema.
    E’ lo stato d’animo che di fronte gli avvenimenti, buoni o cattivi che siano, non si scompone, di chi vive quindi in uno stato di quiete perenne, e che in sostanza ha scelto di non vivere. Questo atteggiamento di imperturbabilità può nascere come meccanismo di difesa contro l’instabilità degli avvenimenti che potrebbero arrecare un’emotività d’animo intollerabile.
    Ma può nascere come atteggiamento filosofico, come lo stoicismo, in cui a partire dalla concezione di un ordine cosmico razionale, l’uomo virtuoso deve accettare serenamente gli eventi, specie il dolore e la morte.
    Questo atteggiamento, si può trovare in misura maggiore o minore nelle società, ma certamente non si confà ai politici. L’indifferenza nei politici si trasforma in autoreferenzialità, ossia nel distacco dai problemi reali del Paese, ma in tal caso l’origine è da riscontrarsi piuttosto nella superbia, unita al sentimento di disprezzo del prossimo: ci si chiude in una torre d’avorio , e chi se ne frega se il popolo soffre… senza volerlo siamo arrivati al menefreghismo.
    Da qui nascono i populismi ossia quei movimenti che prendono forza dal malumore del popolo e con promesse allettanti si procurano facili consensi. Inutile dire che le promesse o non vendono mantenute o sono appena abbozzate e mai condotte a termine.
    Infine, se il malumore delle gente diventa rabbia, scoppiano le proteste di piazza, i cortei, le risse con le forze dell’ordine, a volte ci scappano i morti, infine si giunge alle rivoluzioni.
    E’ incredibile constatare come, spesso, la classi dirigenti, non si accorgono di essere loro stesse le cause delle rivolte.
    Certo, in una nazione dove la democrazia è forte, gli attriti sociali si risolvono nei Parlamenti e nell’alternanza dei governi.

    Risposta
    ma deve essere forte davvero la Democrazia perché le crisi si risolvano in Parlamento, quella che stiamo vivendo si sta risolvendo al chiuso, nelle segrete dei palazzi, se la cantano e se la suonano completamente indifferenti a quello sta fermentando nel paese e la rabbia sociale non si sa quando possa scoppiare ma se scoppia sono dolori ne abbiamo avuto esempi in un recente passato.
    Mi sembra che le manifestazioni di piazza di questi giorni in Russia stiano a testimoniare come si possa tirare la corda per tanti anni, magari facendo finta di non vedere e però prima o poi la gente si ribella. La Russia ha altri problemi, i paragoni non sono calzanti, ma non è solo la Russia ad avere problemi, tutto il mondo è in fermento.
    In Birmania oggi colpo di stato.

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