Culle vuote

Crollano le nascite. Ma guarda! C’è preoccupazione per chi pagherà le pensioni. Ma chi ci andrà in pensione? Ogni anno spostano l’età di un anno. Solo i lavoratori appartenenti alle categorie gravose o usuranti gli altri, ciccia. Lavorate fino alla morte.

Ma se le donne si stancano di figliare, definitivamente, c’è un problema ancora più grave. Si ferma il mondo e non possiamo neppure chiedere di scendere. Ma si sono stancate o hanno tirato talmente la corda che le donne giovani si sono dette: sai che c’è? Fateveli voi, signori uomini, i figli, se noi donne siamo sempre messe in fondo alla fila e non riusciamo a trovare lavoro e siamo le prime ad essere licenziate, mobbizzate e sottopagate. Se poi ci dovessimo pure  mettere in testa di figliare, non ne parliamo.

C’è la crisi? Ebbene? E chi la deve pagare, subire, intestarsela, farla propria senza neppure osare protestare? Ma naturale, le categorie più deboli: i giovani, gli anziani e le donne. Le donne. Sissignori, le donne.

E si sono stancate. Preferiscono non sposarsi, non figliare e vivere beatamente la propria vita infischiandosene del futuro dell’umanità. Fanno bene? Non credo, ma questo è un altro discorso.

Come ci si possa mettere a fare figli in un epoca come questa è davvero una domanda che richiederebbe un team di sociologi per rispondere.

L’Italia non sfugge a questa regola: meno lavoro, meno figli. Certo non è ipotizzabile un futuro basato sul lavoro precario di una ipotetica coppia, magari entrambi i componenti laureati e con un lavoretto da 350 euro al mese, rinnovabile o cancellabile dalla sera alla mattina. E certamente l’ipotetica coppia non può pensare di gravare sulle spalle dei genitori, o addirittura dei nonni per tutta la vita: è umiliante. Non solo, dispiace rivangare e riprendere il tema di questi giorni: la violenza sulle donne. Ma oggi stesso veniamo a conoscenza di un altro assassinio di una donna da parte del compagno che aveva finto un infortunio sul lavoro per suicidarsi dopo che aveva ucciso la moglie, sembra perché questa lo voleva lasciare. Forse si era accorta che era un violento?Ormai sono casi in fotocopia che si rincorrono quasi giornalmente.

E allora come fanno le donne, soprattutto le più giovani a fidarsi di legarsi ad un uomo che potrebbe rivelarsi il loro potenziale assassino?E questo non è un problema relazionale di poco conto.

Ma quello che impedisce ai giovani in generale di pensare a formarsi una famiglia è proprio la situazione del lavoro.

Disastrosa. E di questo ha colpa la crisi, si, ma soprattutto ne ha colpa la politica di questi ultimi decenni. Che poi, se vogliamo sta dietro alla crisi.

Le mance, i bonus, le elemosine chiamate come si vuole, con quelle ridicole definizioni (ma chi chiama bebè un neonato, di questi tempi?), ricordano molto politiche stracucche buone per i cucchi.

Ma la colpa delle culle vuole, naturalmente ricadrà come sempre sulle donne. Non hanno fantasia de lavorà, dirà qualcuno, sono egoiste, pensano al trucco e al tacco…

Puo darsi che ci sia anche questo, ma dietro c’è un tempo lunghissimo di sopraffazioni evidenti e nascoste. La donna apprezzata sul lavoro perché, di solito, si da molto più da fare dei colleghi maschi perché sa di dover dimostrare di più di loro di saper fare, proprio perché donna e quindi ritenuta, ancora, nel 2017, soggetto più fragile, meno determinato, con scarsa capacità di resistenza… Ma quando mai?

Prendiamo ad esempio una donna che lavora (se è fortunatissima) a tempo pieno e con marito e almeno un figlio.

Si dovrà fare in otto, sia sul lavoro che in famiglia per arrivare a notte fonda con la lingua fino a terra dalla stanchezza e dallo sconforto e trovare ancora chi le dice: “hai voluto la bicicletta”? Ma deve tirare fuori una forza incredibile.

Certo ci sono le  eccezioni, c’è anche chi è fortunata ed ha un’autostrada davanti,soprattutto la famosa figlia o moglie di… ma  per la generalità delle donne, la vita è una strada in salita con qualche piazzola di sosta dove c’è appena il tempo per riprendere fiato, fare figli richiede una ampia capacità polmonare. Ci devono pensare bene se la possiedono e prendere molti bei respiri profondi.

Feichnius

Pare che babbo Natale non esista. Ho letto questa notizia e ne sono rimasta sconcertata. Poi mi sono un po’ ripresa. Sarà una fake news, mi sono detta, con un sospiro di sollievo. Ma poi ho pensato:  e se fosse una fake news che sia una fake news? Non mi ci raccapezzo più.

Renzi si scaglia contro i grillini, dice che confezionano fake contro i dem e che si servono di un tale che ha un tot di siti che spargono bufale a man bassa per l’universo mondo . Non ci posso credere, sarà anche questa una bufala?

Pare che persino la Lega si sia servita dello stesso tale. Pare che questo tale, si chiami Magagna…no, Mignogna, si Mignogna…ecco me lo ricordo perchè da noi in Veneto le mignognole sono i versi che fanno i bambini per farsi le dare le caramelle dai genitori. O una cosa così. Mi ricordo mia madre che da piccola mi diceva sempre: “non serve che mi fai le mignognole”.

Comunque questo feichniuser, per dirla all’americana o contaballe per dirla in veneto, pare sia uno che se le inventa grosse per intorbidare le acque e che lavori o abbia lavorato o stia lavorando, per il M5S e per la Lega. Dico pare, io che ne so, l’ho letto e che ne so che non mi raccontano frottole?

Non ci capisco più niente. Ma a me, sinceramente, dell’ingerenza delle frottole sulla campagna elettorale, diciamo, m’importa relativamente poco.

Ma si!. ma quando mai abbiamo dato credito a quello che dicono i politici? Ma chi gli crede ormai? E anche senza ormai? Se c’è una categoria di feichniuser al mondo quella è proprio la categoria dei politici. Sono allevatori intensivi di bufale selvagge.

Pare che ci sia di mezzo la stampa internazionale e che l’on. vice presidente della Camera, Di Maio, abbia affermato di volere che ci siano i controlli dell’Osce sulle prossime elezioni. Giusto, perché no i Caschi Blu dell’Onu? E pare che Renzi gli abbia risposto tramite Richetti (sempre in mezzo ‘sto Richetti, ma da dove sbuca?) che lui è il primo che dovrebbe controllare in casa sua, le bufale che pascolano nei  siti a loro collegati in giro per il web…

Ma che cosa sta succedendo? Di colpo siamo invasi dalle bufale? Bisognerà trovare qualche contromisura, che so, qualche recinto che le trattenga, che gli impedisca di pascolare ovunque. Pare che dalla Russia ne arrivino tante. E si che la strada è lunga.

Io fatico a credere che mi vogliano far credere quello che vogliono farmi credere…a chi devo credere? Insomma il troppo… Stroppa.

Ricordo un verso di una famosa canzone che fa…:” sei più sincera quando dici una bugia”. Si riferiva forse alla politica italiana?

Cani e padroni

“Non esistono razze pericolose – conclude l’on. Brambilla – solo proprietari irresponsabili. Il Movimento animalista si impegnerà a livello europeo per favorire in ogni modo il superamento di legislazioni restrittive basate sull’appartenenza degli animali a razze ritenute pericolose”.

Questo è quanto ha dichiarato Michela Vittoria Brambilla al rientro in Italia di Giuseppe Perna, un italiano emigrato in Danimarca assieme al suo cane, un dogo argentino, razza ritenuta pericolosa in quel paese che ne prevede la soppressione. Infatti, il nostro connazionale era stato  intimato dalle autorità danesi di consegnare l’animale ad un centro che avrebbe provveduto a sopprimerlo. Ma Giuseppe ha contattato la nostra parlamentare e Brambilla ha rovesciato mezzo mondo per ottenere dalle autorità danesi il rilascio e la riconsegna al proprietario di Iceber (questo è il nome del dogo). Cosa che è avvenuta ma con l’avvertenza che Giuseppe avrebbe dovuto lasciare il paese. Cosi è stato e i due, cane e padrone, sono stati rispediti in Italia e accolti, all’aeroporto  da una folla di animalisti capeggiati dall’on. Brambilla. L’ex ministro ha poi stilato un comunicato dove esprimeva grande felicità per il rientro della “bestiola” e tra le altre cose ha anche aggiunto la dichiarazione che riporto più sopra.

Ora, con tutto il rispetto per l’affetto di Giuseppe per il suo cane,  trovo che la faccenda ha del surreale. Il dogo argentino è un cane ritenuto pericoloso in molti paesi. Nella mia città (nei pressi di Venezia) I proprietari di cani contravvengono spesso e volentieri all’obbligo di guinzaglio e museruola e i cani scorrazzano liberi in pieno centro o nei parchi. Ormai entrano liberamente nei locali pubblici e qualche giorno fa mi è capitato di trovarmi faccia a faccia con un cane lupo dentro l’affollatissima pasticceria che frequento abitualmente.

Ho denunciato il fatto ai vigili. Ma non è la prima volta. Il fatto che In Italia la legislazione sia sempre più a favore dei cani e dei loro proprietari, piuttosto che dei cittadini che vorrebbero non dover temere di essere azzannati per strada o nei locali pubblici, mi spaventa. Soprattutto perché un cane non è una pistola che può fare male solo se messa in funzione. Un cane può azzannare se sfugge al padrone per qualsiasi motivo, ragione di più se viene lasciato libero, sia per strada che nei pubblici esercizi e può uccidere all’istante. I cani pericolosi dovrebbero essere tenuti solo da persone in possesso di un patentino che certifichi che sono  in grado di tenerlo in sicurezza per sé e gli altri. Inoltre dovrebbe essere proibito ai cani di grossa tagli di entrare nei locali pubblici, per una questione di igiene ma anche di sicurezza dei clienti. Questa improvvisa mania di trattare i cani come se fossero esseri umani a mio avviso è una deriva demenziale e non corrisponde a vero affetto nei riguardi di questi animali ma a narcisismo ed egoismo dei padroni. Detenere un cane aggressivo e potenzialmente pericoloso e scorrazzarlo in giro per la città come un trofeo, magari sguinzagliato, è sintomo di arroganza e di scarso rispetto per il prossimo.  La legge dovrebbe essere più severa con chi non rispetta le regole sulla sorveglianza e mette in pericolo l’altrui incolumità solo per pavoneggiarsi.

Ma ho poche speranze di ottenere un minimo di attenzione, in giro si vedono sempre di più esempi che vanno in tutt’altra direzione. E se al governo, tra un po’ andranno le destre (di cui l’on Brambilla è un’esponente) le speranze sono quasi ridotte al minimo

 

Dodici ore

Dodici ore sono un tempo lunghissimo. Soprattutto se lo passi davanti ad un giudice e a due accusatori che vogliono che tu risponda a 250 domande, alcune delle quali talmente oscene da essere state negate.

Le due ragazze americane, quella notte a Firenze dopo la discoteca, erano ubriache, lo conferma la perizia. Si sono lasciate aiutare dai due carabinieri in servizio nella zona a rientrare a casa. E poi è successo quel che è successo.

Ma dopo dodici ore di interrogatorio, forse, non erano nemmeno più sicure di come si chiamassero. Se veramente erano state oggetto di violenza da parte dei due,come hanno sempre affermato,o se erano  state loro ad irretirli, a circuirli e ad incastrarli, costringendoli ad abusare di loro. Due diavole. ma si sa, sono donne, pronipotine di quella Circe di Eva.

Poveri ragazzi! Eppure loro si sono divincolati da quella stretta micidiale che li ha costretti ad avere un rapporto, diciamo consenziente per non passare per fessi.  Ma hanno dovuto dire di si. Che ci stavano. Ma non volevano. Soprattutto il più giovane, l’avvocato del quale ha dichiarato che è un bel ragazzo e non ha bisogno di violentarle le donne, gli cadono letteralmente stramazzate al suolo, appena se lo trovano davanti.

Ma queste due se la dovranno vedere con la giustizia italiana. Eh si, perbacco. Dodici ore dodici nell’aula bunker a rispondere ad una raffica di domande che avrebbero estenuato persino Jack lo Squartatore.

E hanno solo appena cominciato. Non se la caveranno tanto facilmente. Ma tu guarda, ci vuole davvero un bel coraggio per fare simili accuse.E sono venute dall’America per mettere nei pasticci due persone per bene.

Loro erano di pattuglia, in servizio, si sono visti adescare da queste due con la scusa che non trovavano il taxi…e il resto si sa.

Una delle due ragazze è svenuta e l’altra si è messa a piangere, dodici ore durante le quali sono state messe in croce come se fossero state loro le colpevoli.

I processi per stupro cosi vanno, in Italia, ancora,  nel 2017.  Accertare la verità è difficile, questo tipo di verità poi, quasi impossibile. Se poi ci sono di mezzo due carabinieri, bisogna andarci coi piedi di strapiombo.

Una delle due aveva registrato nel telefono il numero di cellulare di uno dei due carabinieri .  Eccola la prova regina della colpevolezza, della efferratezza criminale delle due studentesse. E poi avevano dei liquori in casa, si saranno ubriacate dopo, non prima…

Che pena, poveri ragazzi, costretti a subire la violenza di queste due assatanate. Eh ma la vedremo chi l’avrà vinta.

Noi italiani non ci facciamo menare per il naso tanto facilmente.

Stop alla violenza sulle donne

Oggi, 25 novembre, è la giornata mondiale contro la violenza sulle donne.

In Italia ne viene uccisa in media, una ogni tre giorni. In genere dal compagno, marito o fidanzato.

Per i motivi più vari, ma, quasi sempre, perché la donna ha deciso di vivere la propria vita in maniera indipendente e di scegliere se continuare o mettere fine ad una relazione. Da molti anni in Italia c’è il divorzio, una conquista di civiltà. Non ci sono dubbi su questo. Ma sembra avere dei risvolti inaspettati.

Paradossalmente, per quante conquiste si siano fatte nell’emancipazione femminile in questi ultimi decenni, sembra che in molti uomini permanga una sorta di desiderio di sopraffazione frustrato che li spinge a compiere atti estremi. E non accennano a diminuire nonostante si sia cercato, in questi ultimi anni, anche con nuove leggi, di porre maggiore attenzione ad alcuni segnali che provengono da situazioni di disagio delle donne di fronte a certi comportamenti violenti da parte di tanti uomini.

Non possiamo certo restare indifferenti davanti a brutali omicidi e violenze in genere compiuti sulle donne e questa giornata dovrebbe aiutare tutti a riflettere sul fatto che una società, per progredire, ha bisogno dell’aiuto di tutti i suoi componenti: uomini e donne insieme, tutti dobbiamo dire un forte e sonoro stop alle violenze.

Aggiungo questa mia poesia composta qualche anno fa per l’occasione come piccolo contributo.

Silenzio.

Ne hanno lasciate a mazzi sul luogo del delitto,
davanti a quel portone quella scia rossa ha scritto
la tua mortale angoscia per quelle enormi mani,
per quel muto terrore, per quel freddo sudore.

Quel rosso delle rose somiglia a quel tramonto
che anticipa la sera che ti nasconde al mondo.

La pietà della notte, che vela col silenzio
quell’urlo trattenuto da quel terrore muto,
su quel viso impietrito che grida alle coscienze:
non rimanga impunito!

Venerdi nero? No grazie.

Non mi piace per nulla questa faccenda del black friday che poi, in italiano, significa: venerdì nero. Vorrei vedere se questa scellerata corsa agli acquisti, qui da noi, venissse chiamata cosi, cosa succederebbe. Se ne starebbero tutti a casa in preda al terrore di incappare in qualche brutto incidente, Mentre con nome inglese, invece, è una cosa da urlo, da sballo, insomma non si può mancare.

Ad affollare i negozi, a prelevare dagli scaffali gli articoli che più attirano la nostra attenzione. Un paio di scarpe, di stivaletti, un nuovo Ipad, un nuovo Pc.  Quel vestito particolare, quella borsa cosi raffinata.

Li paghiamo con uno sconto considerevole nella giornata dedicata allo shopping, cioè il black friday. Copiamo tutto. Abbiamo copiato la festa di Halloween dagli anglossassoni, copiamo anche questa corsa a comprare cose di cui non abbiamo bisogno ma che se ci danno ad un prezzo più conveniente degli altri giorni, non riusciamo a trattenerci da metterci in coda per riempirci il bagagliaio.

E spediamo e spandiamo. Ma oggi lavoratori della multinazionale degli acquisti on line Amazon, che aderisce all’iniziativa, sono in sciopero. Cioè, una parte di quei lavoratori, quelli che non temono di venire licenziati seduta stante, come i precari. E ce ne sono molti, per cui saranno in molti a non aderire.

Rivendicano il diritto di faticare con rispetto delle loro colonne vertebrali che sono messe a dura prova da turni massacranti a compiere gli stessi gesti, come in una catena di montaggio.Ma non si era detto che i robots avrebbero sostituito i lavori più ripetitivi? Come mai questi signori, che hanno introiti da favola, soprattutto in occasioni come questa, si servono di umani e li trattano alla stregua di schiavi che lavoravano nei campi di cotone, nell’800 in Brasile?

Molti di loro dicono di non sapere più che faccia hanno i figli e le moglie, di essere sempre in turno, di sentire le membra indolenzite scricchiolare e di avere continui problemi alle mani, agli arti superiori, alla schiena etc.

Per una paga di circa 1500 euro lorde al mese. A chi va bene. Ai precari forse ancora di meno. E si tratta di lavoratori in media giovani, anche perché, essendo un lavoro, a quanto sembra molto usurante, dopo due anni appena, dicono di non riuscire più a tenere i ritmi massacranti.

E allora scioperano.Scioperano per il diritto alla vita e alla salute nel posto di lavoro. Non protestano perché il lavoro è troppo, protestano perché vengono pagati una  miseria e tutte le loro richieste di maggiore attenzione alle esigenze di tutela della loro salute, vengono disattese. Nonostante le abbiano esposte tramite i sindacati, un numero considerevole di volte ed abbiano sempre ricevuto rassicurazioni, non hanno ancora visto risultati concreti e si sentono presi per i fondelli. E hanno piena ragione.

Dovrebbero essere le Istituzioni a prendersi cura della loro vertenza, assieme ai sindacati. Dovrebbero muoversi dal ministero delle Sviluppo economico. O a loro interessa solo lo sviluppo dell’imprenditoria quando è relativa al benessere degli imprenditori? I lavoratori possono pure schiattare sotto il peso di un lavoro faticoso e ripetivo, l’importante è che si vendano l’anima al magazzino della fabbrica?

Io non comprerò neppure un pacchetto di fazzoletti, oggi. Né nei supermarket, nè tantomeno on- line, dove mai ho acquistato e mai acquisterò.  E’per i pigri che non alzano le terga dalle poltrone e ordinano a catalogo, o per coloro i quali non si possono muovere per motivi di salute, i quali, naturalmente sono più che giustificati e ben venga la possibilità di acquistare on-line. Ma gli altri, per conto mio, potrebbero muoversi.

Ma questa corsa all’ultimo acquisto per la gioia degli speculatori che sfruttano esseri umani per farsi sempre più ricchi, non l’apprezzo, anzi, mi fa schifo.

Venerdi nero? No, grazie.

cultura contro molestia

La calunnia, il pettegolezzo, il gettare fango su una persona che non ci è simpatica o che non corrisponde alle nostre aspettative, sia che si tratti di tentativi di approccio (in genere maschili ), o di rapporti di lavoro fra colleghi che non si stimano e si fanno le scarpe l’un l’altro per avanzare nella carriera è ancora uno dei mezzi più usati per mettere in cattiva luce o addirittura diffamare chi si vuole colpire. C’è addirittura chi si coalizza con altri amici o pseudo tali i quali meditano azioni combinate verso il malcapitato/a.

Succede fra i ragazzi nelle scuole, è molto diffuso nell’ambiente delle spettacolo, ma accade in tanti ambiti diversi.

Ora, coi social media è ancora più facile accanirsi contro le persone, soprattutto le più deboli, come i noti casi di ragazzi e soprattutto ragazze che si sono visti messi in berlina sull’web e questo ha provocato reazioni molto gravi con conseguenze inaspettate.

Fare del male ad una persona che non ci ha accolto nel modo in cui ci saremmo aspettati, ferirla, farle perdere il lavoro, la reputazione, tanto da provocarle seri danni, è un modo subdolo e meschino di affermare se stessi a spese di altri.

La malvagità di alcuni individui arriva al punto di creare intorno alla vittima un velo di menzogne e infamie che portano la stessa a sentirsi attaccata da tutte le parti e perciò vulnerabile. Questo atteggiamento, che a volte si può qualificare come stalking, può arrivare ad un punto tale da costringere la persona che ne è fatta segno a rinchiudersi in se stessa e ad aver quasi paura persino ad uscire di casa.

Generalmente sono in maggior parte le donne che ne sono vittime. Ex fidanzate o mogli che vengono perseguitate dall’ex marito o fidanzato o compagno o comunque da qualcuno che pensa di poter disporre a piacimento della donna che “sceglie” come sua “preda” prediletta

Il reato di stalking comincia ad essere perseguito seriamente ma molto tempo drovrà passare ancora prima che le denunce da parte delle donne arrivino ad ottenere dei risultati soddisfacenti. Spesso accade che le denunce, non solo non servano a scoraggiare il molestatore, ma addirittura lo spronino ad essere ancora più insistente. E questo è anche uno dei motivi per cui molte donne preferiscono non denunciare.

La nuova legge detta dello “whistleblower”, che prevede che si possa denunciare un collega quando lo si scopre a non fare il proprio dovere, secondo me, non farà fare molti progressi nella lotta contro chi fa il furbo sul luogo di lavoro.

Saranno in pochi quelli che si prenderanno la briga di denunciare un collega a meno che questo non gli stia veramente antipatico e voglia fargli del male. Anche se occorrerà portare delle prove di quanto si afferma, può succedere che qualcuno ci provi comunque e ottenga di mettere quella persona sotto controllo, magari senza motivo.

Non esiste da noi la cultura della denuncia fine a fare giustizia in senso generale. Anche perché è probabile che chi ha denunciato un comportamento scorretto si senta dare dello spione. Perché, anche se la legge prevede che il denunciato non arrivi a conoscere chi lo chiama in causa, nei luoghi di lavoro le notizie corrono e non si può escludere che chi ha creduto di fare il proprio dovere si ritrovi a subirne conseguenze sgradevoli.

Mi sembra un modo come un altro per gettare la croce addosso ai lavoratori che si troveranno impegnati a guardarsi con sospetto l’un l’altro, come se non bastasse il clima di sempre maggiore competizione favorito dalla crisi economica.

Ma può darsi che mi sbagli e serva davvero a stanare i furbi, me lo auguro, ma la vedo dura.

Le donne ora hanno un mezzo in più per difendersi dai molestari, ciò non toglie che sarebbe più utile che si intervenisse in modo che ci fosse un vero cambio culturale epocale che preveda il rispetto della persona e della donna in particolare, il superamento di visioni maschiliste ancora troppo radicate nella nostra società soprattutto insegnando alle donne a difendersi tramite un maggior rispetto di se stesse che deriva sia da un maggiore coinvolgimento delle donne in molti ambiti lavorativi diversi ,sia nell’incremento della cultura in senso generale.

 

Estranei

Noto solo facce tristi, in giro, incavolate, rabbuiate. Sembriamo tutti chiusi ermeticamente in noi stessi. Alziamo barriere col prossimo nostro, anche il più prossimo. Abbiamo muri di fronte, più che persone.

Perché? E cosa si può fare per cambiare? Già. Non saprei rispondere né alla prima, né alla seconda domanda. Ma questa realtà mi piace poco. La società sta cambiando a ritmi vertiginosi. Ce ne accorgiamo quando abbiamo a che fare con qualcuno che non conosciamo, per un motivo qualsiasi, anche futile.

Ci troviamo di fronte un estraneo che ci guarda con occhi diffidenti. I più giovani sembrano i più restii ad avere qualsiasi tipo di contatto con chiunque non appartenga alla loro stretta cerchia. Sembrano terrorizzati anche solo a guardare in faccia un adulto che non sia parente stretto. C’è una compartimentalità stagna ormai cosi conclamata che è inutile persino provare a rivolgere anche solo una frase banale a qualcuno incontrato casualmente.

Per fare un esempio pratico:mi capita spesso di imbattermi in gruppetti di ragazzi in bici che attraversano le vie del centro, tornando da scuola, senza la minima cura nei confronti dei passanti. Sui marciapiedi, nelle piazze chiuse al traffico, sulle strisce pedonali, insomma ovunque, per loro è zona franca. Libera da qualsiasi tipo di regola e se capita che mi trovi a passare da quelle parti in corrispondenza col loro passaggio, c’è solo da sperare di portare a casa la pelle.

Ho provato qualche volta a dire a qualcuno di loro di non pensare di avere tutta la strada a disposizione, marciapiedi compresi ma mi è sembrato di parlare all’aria. Non solo non ascoltano ma neppure ti guardano. Ti schivano ( o schifano) e procedono per la loro strada come se nulla fosse.

Vale il principio di estraneità anche per gran parte degli adulti.

Chi sei? Ci conosciamo? Appartieni al mio giro? Questo sembrano dire certe facce imbronciate se appena si osa chiedere un’informazione o, se, per esempio, davanti ad una vetrina si osa rivolgere la parola a chi ci sta accanto, guardando lo stesso abito. “Carino, quasi, quasi entro a provarlo”. Chiunque sia, a meno di un miracolo, ti guarda con aria interrogativa e con un’ espressione che rivela una sorta di fastidio mista a timore.

Come se avesse paura che tu fossi una appena scappata da qualche centro di igiene mentale.

Stiamo sviluppando una diffidenza totale verso il prossimo che si riflette nella vita sociale in maniera evidente.

E di conseguenza, una solitudine sempre più diffusa che può essere percepita anche se in realtà non si è soli.

Si può vivere in compagnia di qualcuno col quale da anni ci si scambia solo qualche frase di circostanza quando ci si incontra in qualche stanza per pura coincidenza e, magari, non ci si saluta neppure più quando ci si incontra, perché è talmente l’abitudine di vedersi bazzicare da quelle parti che il saluto sembra essere  del tutto superfluo. Una delle forme più tragiche di solitudine: quella che si prova quando si è in compagnia.

Lo stesso vale per i vicini di casa o condomini, parola orrenda che sta a significare che si spartisce lo stesso “dominio”, ma ci si guarda preferibilmente in cagnesco. Salutarsi , poi, è una sofferenza che in molti decidono di non voler provare. Il nonsaluto è quasi la regola nei condomini. Gente con la quale dividi le stesse pareti da anni, ma con la quale hai poco  o nulla a cui spartire e, anzi, trovi più spesso motivo di contrasto che di vicinanza.

Ci sono anche le eccezioni, è vero ma la regola è questa. Almeno in base alla mia esperienza.

Estraneità diffusa e tenacemente perseguita.

Ma si potrebbe cambiare se solo ci impegnassimo di più a mostrare una faccia più gentile, a dimostrare maggiore disponibilità e apertura verso le persone che incrociamo sulla nostra strada, siano esse effettivamente degli estranei o, incidentalmente (e non), familiari. Ovviamente a maggior ragione, ma non troppo.

In quest’epoca di massima visibilità sui social network, paradossalmente, nella vita reale si sta diffondendo un invisibilità e un’indifferenza che si percepisce chiaramente in molte occasioni e la trovo una cosa sconfortante.

Forse che l’Italia da paese del sole e del mare, della socialità e del buonumore,  si sta trasformando in paese dai muri sempre più alti di diffidenza ed indifferenza?Mah, forse sto solo passando un momento di estraneità passeggera.

Il balletto degli ippopotami

Credo che la sinistra, tutta la sinistra, stia offrendo uno spettacolo penoso.

Mi vorrei rivolgere a Bersani per dirgli: Pierluigi, sta tutto nelle tue mani. Goldoni scriveva: “chi ha più giudizio el dopara”, e, secondo me, tu ne hai, in questo momento più di chiunque altro. Mi scuso per il tono confidenziale, ma ti considero, ormai, come una persona di famiglia.

Tocca a te salvare la sinistra dal naufragio. Devi prendere in mano il timone e portarla in un porto sicuro.

Hai tutte le ragioni; perché ora dovresti tendere la mano a chi ti ha finora teso solo imboscate? lo hai detto tante volte: “ se va avanti cosi, andiamo a sbattere”. E ora la tua profezia si sta avverando. Sono certa, però, che non ne gioisci per nulla.

E allora, se posso darti un consiglio, da ex elettrice del Pd, delusa dal Pd renziano, prendi la mano che Renzi ti offre, ma poi, detta tu le condizioni. Pretendi che ci sia uno streaming dell’incontro, perché rimanga per i posteri il tuo ennesimo sforzo.

Tu dici che uniti si perde. Qui sbagli, secondo me. La sinistra perde se continua questo balletto da ippopotami sulle punte, state diventando un po’,scusa tanto, ridicoli. E non c’è nulla di peggio del ridicolo per affossare qualsiasi iniziativa seria.

Ora siete separati, ognuno ha la sua sigletta, forse vi fonderete in una “cosa” che ancora non ha dei connotati precisi, né un nome. Avete le idee troppo confuse.

Lascia perdere gli ambasciatori volenterosi, va dritto alla meta, convoca tu la riunione della vita, chiama tutti, nessuno escluso e mettiti alla testa della delegazione e fate, finalmente, accordi di pace.

Anche solo un armistizio, ma l’importante è che la finiate con questo litigioso pollaio.

Renzi non sta simpatico neppure a me e non mi fido delle sue ambigue profferte fuori tempo massimo, ma tu sei il saggio della “famiglia” e se vuoi puoi farli ragionare tutti.

Renzi può dire quello che vuole ma ora ha bisogno di tutti e almeno per un po’ metterà via la sicumera. Poni le tue condizioni.

Fattele mettere nero su bianco e controfirmare in copia davanti a testimoni.

L’unico che può fare il miracolo di salvare la sinistra sei tu, pensaci, per favore. La posta in gioco è altissima.

 

 

 

Orizzonti

Questa mattina, mentre tornavo a piedi dal centro, mi sono imbattuta in un uomo che accompagnava a mano un bellissimo cavallo grigio scuro, con una coda lievemente più chiara che, ho notato subito, era stata pettinata di fresco.

Lui sembrava più un ragazzo, un hippy fuori tempo e dal tempo. Sulla groppa il cavallo, portava una sella sulla quale erano appoggiati e affastellati degli indumenti e coperte. L’uomo portava in spalla un grosso zaino che probabilmente conteneva una tenda canadese.

Sul momento ho pensato  a qualcuno del maneggio che si trova poco lontano dal centro, ma, guardando meglio quella strana coppia mi sono a ricreduta. No, i cavallerizzi del maneggio sono vestiti alla “cavaliera”, sono dei fighetti vestiti  all’ultima moda, con stivaloni alla coscia.

Quest’uomo non aveva proprio l’aria di uno che frequenta o gestisce maneggi.

Aveva piuttosto l’aria di un giramondo. Uno che prende la strada e va, parte alla ventura e quel che accade, accade.

Che dorme dove capita, mangia altrettanto, si muove a cavallo per strade non battute dal traffico, anche perché i cavalli faticano a correre sull’asfalto. Per cui deve cercare strade alternative attraverso la campagna.

Campagna che dalle nostre parti è sempre più assediata dal cemento e scompare dal paesaggio, nottetempo.

Nel nordest, famosa locomotiva d’Italia, l’industria ha da tempo preso il sopravvento e cancellato un paesaggio cantato dai più grandi poeti.

Non so da dove provenga l’uomo col cavallo, poteva venire da qualsiasi parte, ma se è partito a cavallo significa che proviene da un paese dove gli spazi verdi sono molti, dove ci sono ancora percorsi in terra battuta, dove ci sono boschi e praterie, dove ci si può sentire  liberi, a contatto della natura.

E mi sono tornati in mente i miei ricordi di bambina quando correvo sui prati intorno alla casa dei nonni e dove l’orizzonte mi sembrava sconfinato e le mie aspettative del futuro erano di sentirmi sempre cosi libera, di poter camminare o andare in bicicletta in lungo e in largo.E invece ora mi ritrovo a guardare quella strana coppia, camminare nelle strade della mia città; una presenza quasi surreale e a provare invidia.

E risentimento verso chi mi ha portato via i miei sogni di bambina, verso chi ha distrutto un paesaggio tra i più belli d’Italia e continua a farlo, nonostante tutti i richiami degli ambientalisti e non solo ad uno stop al consumo di suolo, mentre il cemento lo ricopre ancora al ritmo di 8 mq al minuto.

Quella strana coppia, mi ha ricordato un incidente che ebbi all’età di tre anni. Un giorno mentre andavo in bicicletta con la mamma che mi portava sul seggiolino, un cavallo ci ha tagliato la strada improvvisamente e ci è venuto addosso colpendo la mamma ad una gamba e me ad un piede.

Sono rimasta svenuta per qualche minuto. Ricordo il forte dolore alla caviglia e l’odore di aceto. Ricordo anche il contadino, proprietario del cavallo, che mi stava vicino quasi piangente e mi guardava mentre aspettava che rinvenissi.

Da quel giorno i cavalli mi fanno un po’ paura, ma allo stesso tempo mi piacciono moltissimo, li trovo delle creature insuperabili per fascino e bellezza e qualche volta vorrei essere come loro e partire al galoppo verso praterie sconfinate.

E invece,mi ritrovo, ingabbiata nel traffico delle tangenziali, le quali si chiamano cosi per tangono le città e i paesi e se permettono alla gente di spostarsi velocemente, hanno deturpato, però, il panorama per sempre e ci hanno privati della libertà di muoverci per sempre.

E tutti quei “cavalli” meccanici sputano nell’aria sostanze velenose inquinandola e minando la nostra salute.

Come sarebbe bello tornare indietro a qualche decina di  superstrade fa.