L’incomunicabilità descritta a tinte fosche e con notevole pedanteria, nei film di Antonioni (solo per fare un esempio), era una corrente di pensiero nata nell’immediato dopoguerra e sviluppatasi negli anni d’oro dell’economia italiana: i favolosi anni ’60.
Oggi sembra una cosa ridicola, del tutto superata dai mezzi moderni di comunicazione che sono di più di quanto si sarebbe mai potuto immaginare allora. Sono tanti e diversificati. Ma, servono davvero a comunicare?
E…comunicare che significa? Mandare dei messaggi, magari brevi, magari disarticolati, magari pieni di refusi, faccette ridicole, motti, lazzi…oppure veri e propri testi tematici dove si apre una discussione sui blog e da cui esce di tutto: dalle opinoni espresse con garbo, stile, educazione e sincera vocazione alla comunicazione, oppure rabbie inconsce o reiterazioni di sindromi infantili, o, persino, vecchie ruggini mai cancellate dall’anima che riaffiorano scatenando ire funeste verso il mondo intero?
Di più queste ultime. Vecchie ruggini di incomunicabilità repressa che sfocia in tutta la sua trattenuta veemenza tratteggiando profili, per lo più anonimi e nascosti dietro maschere di latta che si sfaldano via via che la (non) comunicazione diventa più intensa e che si instaurano inimicizie feroci o amicizie, perlopiù di comodo e intercomunicanti tra loro.
Si formano cosi vere e proprie “sette” dove gli adepti comunicano con segni convenzionali e si pongono armati fino ai denti di abilità lessicale vera o del tutto plagiata da siti internet di cui c’è ampia scelta, contro gli avversari o la vittima designata. Si ammantano di cultura esibita ma non sempre posseduta, il più delle volte è uno specchietto per allodole che vengono ingannate da citazioni, aforismi, a volte persino senza il dovuto virgolettato oppure, possedendola in quantità discreta, si lanciano in interminabili filippiche su qualsiasi argomento, dalla politica all’etica, dall’arte alla scienza, i campi sono infiniti.
Avvalendosi di uno strumento indispensabile e cioè l’enciclopedia on line, sanno ricavare delle tesi che a volte possono essere persino al di sopra di ogni logica ma che hanno il potere di attirare molti commenti e scatenare furiose e a volte rancorose e spesso insensate diatribe.
Ma è, questa , vera comunicazione? Che cosa resta di tanto scrivere, di discussioni feroci dove il capello viene sezionato oltre ogni limite e dove, il più delle volte, ci si accusa a vicenda di ogni cosa, dove per “ogni cosa” intendo anche ingiurie, calunnie, offese velate o esplicite, il più delle volte reciproche ma spesso unilaterali.
Viene fatta una selezione feroce: il più “forte” rimane a guerreggiare via tastiera mentre il debole finisce stranito da tanta violenza verbale e stramazza a terra decidendo che non è cosa e che fa meglio a desistere e mandare al diavolo la comunicazione e i comunicanti.
Queste sono considerazione generali. Ora andiamo nel particolare.
Sappiamo che Amadeus ha avuto non pochi problemi per una frase buttata li, del tipo ” E’ brava perché ha saputo stare un passo dietro al suo uomo”, parlando della fidanzata di un noto motociclista che partecipa a Sanremo come sua collaboratrice.
Ha scatenato le ire sui social soprattutto da parte delle donne, indignatissime per quella evidente caduta di stile, per quella frase sessista, maschilista e che ricorda altri tempi che le donne attuali non vogliono che ritornino.
Le donne non vogliono stare un passo dietro all’uomo, non ci devono stare, semmai accanto, avanti o indietro a seconda ma mai essere connotate come quelle “che stanno un passo dietro l’uomo”.Riporta indietro di millenni, una frase cosi.
Ebbene l’ha detto un uomo del nostro tempo, un uomo molto popolare, un uomo con un carriera dietro e davanti, di tutto rispetto. Simpatico, gioviale, non bello, no, agli uomini in genere non viene richiesto, ma piacevole, discorsivo, amichevole, no showman, non sa cantare né ballare, volendo è pure bruttino, ma piace.
Ma sbaglia, sbaglia anche lui nella foga di comunicare e la “comunicazione” è la bestia nera di tutti gli uomini “importanti” in tutti i campi, politica, giornalismo, spettacolo. Lo è anche per le donne ma le donne hanno maggiore duttilità nel comunicare e, comunque, soprattutto in Italia, non sostengono ruoli importanti tanto quanto gli uomini.
Le donne non si affidano a team di esperti in comunicazione ma, di solito, si arrangiano, si studiano i discorsi da sole e poi si buttano. Una per esempio è senza dubbio Maria Elena Boschi. L’ho osservata in questi giorni, a parte la bellezza è un’esperta comunicatrice, forse parla troppo in fretta, ma certo non si ferma davanti a nessuna domanda trabbocchetto.
Questo le donne lo devono imparare presto se vogliono poter dire la loro, Non farsi indimidire e esasperare da bordate di ogni sorta che possono arrivare da tutte le parti. Perchè, troppo spesso, le donne, anche le più agguerrite, rinunciano a parlare, gettano la spugna, mandano tutti al diavolo e ritornano nel guscio.
Niente di più sbagliato, ma le capisco. La società italiana è ancora e forse lo sarà sempre, profondamente e forse ireversibilmente (spero di no) maschilista.
Persino gli uomini che pure sono lontanissimi dal modello di maschilista italiano, talora, cadono in qualche gaffe rivelatrice, questo è il caso, mi pare, di Amadeus. Ma ne potrei fare molti altri.
La cultura in Italia è pregna di maschilismo al punto che talora anche gli uomini più liberi da questa stortura, ne cadono vittime inconsapevoli.
Capita che nelle discussioni sui social, sui blog, o anche dirette, la donna venga apostrofata con epiteti o vezzeggiativi che però non vogliono fare complimenti ma sminuire la persona per evidenziare la donna in quanto “diversa” o “inferiore” e si pone in atto una subdola discriminazione che a volte è difficile persino per le donne stesse riconoscere.
Un esempio potrebbe essere la candidata della Lega alle regionali dell’Emila Lucia Borgonzoni.
Su di lei ho letto di tutto e non sempre complimenti. lei si che se ne stava, se pure accanto, “un passo dietro ” a Salvini. Eppure è una donna combattiva, battagliera con molta verve, ma è donna! Volete mettere l’appeal di un maschio come Salvini per prendere consensi? Bene, per come sono andate le cose, lei, da sola, forse, avrebbe portato a casa lo stesso risultato se non meglio e lui ha fatto la figura del maschilista a tutto tondo, ma, nessuna meraviglia e sono sicura che troverei molti contestatori di questa mia opinione.
Per fare ancora un esempio (sarebbero infiniti). Se una donna controbatte argomentando le tesi di un uomo,anche quelli che si definiscono assolutamente liberi da ogni pregiudizio, per carità, che per loro maschi o femmine pari sono da sempre e mai hanno visto la ben che minima “dfferenza”, anzi, arrivano persino a trattare in senso lato, “male” una donna, proprio , a loro dire, per accentuare il fatto che “non fanno differenze”, bene, quando reagiscono ad una critica rivolta loro da una donna, arrivano ad esprimere il loro liberismo e profonda convinzione democratica (anche) in questo modo ” è evidente che lei non è in grado di recepire quanto legge”.
E guardate che non è una frase cosi chiara come può sembrare ad una prima lettura. Ma significa letteralmente e spregiudicatamente : ” guardi che lei non può parlare, è meglio che stia zitta quando parla con un uomo come me perché io ho capito da come si esprime che lei non è in grado di capire quello che legge, quindi, lei è un’inconsapevole idiota e mi dovrebbe anche ringraziare perché io le sto aprendo gli occhi”.
Non si tratta di tracciare linee di confine tra il genere maschile e femminile, ma si tratta di guardare la realtà dei fatti che abbiamo sotto gli occhi ogni giorno.
Inutile dire che questo è solo uno dei tanti esempi, ma parlo per esperienza diretta.
E sta proprio qui il problema ed è inutile (a dire poco) che tanti uomini definiscano con disprezzo “femministe” le donne che cercano di difendere i diritti ancora negati alle donne, di vivere una vita piena e consapevole, di decidere da sé e per sé, autonomamente e senza interferenze che le possano scoraggiare e fare desistere dallo scegliere sempre quello che va bene per sè in quel momento della propria vita e di poterlo fare perché un sistema sociale non penalizzante per la donna come è sempre stato e come continua ad essere, venga finalmente, con gli sforzi condivisi, organizzato in modo tale da permetterle di sviluppare in pieno ed in piena libertà e autonomia e coscienza, tutte le proprie potenzialità.
E questo, alla fine, sarebbe un bene per tutti, uomini e donne. Continuare a fare finta di essere il massimo del liberalismo e di non avere il minimo pregiudizio, quando invece si hanno fette di prosciutto spesse un dito che impediscono di vedere oltre il proprio ego, il più delle volte pregno di narcisismo infantile e bloccato, su questo tema, a livelli pre adolescenziali. è uno spreco di risorse umane enorme e un danno continuo e immenso che si fa alla nostra società nella sua interezza.
E alla “comunicazione” intesa come interazione tra persone che hanno idee e concetti diversi e diversificati e vogliono condividerli per trovare punti in comune che servano a migliorare la qualità di vita di ognuno.