La collana ritrovata

Le aveva chiesto se aveva preso lei la stella marina. La stella marina che stava dentro la tabacchiera francese, in bronzo, col coperchio in cristallo, comprata tanti anni prima sulle bancarelle del mercato dell’antiquariato. Quella che è sempre stata sulla libreria in salotto, bene in evidenza sullo scaffale assieme ai portagioie in onice e ai portapillole in argento o metallo multicolori.

Una piccola collezione di oggetti di antiquariato e scatole e scatoline e portagioie di ogni genere in tutte le forme e di tanti materiali diversi. Comprate o avute in regalo dai parenti o amici nel corso degli anni. Una accanto all’altra a farsi compagnia da anni, sopra quello scaffale: tante e variopinte. Ognuna con la sua piccola storia e legata a qualche particolare ricordo di una gita, di un viaggio o semplicemente un dono. Un regalo, un presente, del quale non aveva mai sentito il bisogno di disfarsi perché le piaceva guardarle, tutte insieme le raccontavano ognuna un po’ della sua vita.

Ma la stella marina era sparita. Sparita! Non si trovava più, svanita nel nulla.

Aveva provato a dirgli che non era stata lei a prenderla, ma neppure per sogno, non ci riusciva neppure ad aprirla quella scatola, tanto era chiusa bene e lo era rimasta, quasi sigillata certamente per oltre un decennio o forse persino di più Alla fine si era convinto, lo aveva convinto che lei non poteva essere stata e si era deciso a cercarla dentro le scatoline e i portagioie disseminati sullo scaffale e anche in tanti altri oggetti, piccoli contenitori di fogge disparate, che stavano sugli altri scaffali.

Niente, Non si trovava, Ed era un mistero. Chi poteva aver prelevato una stella marina da quel contenitore quasi sigillato e riposto sul piano della libreria del loro salotto?

Ma la spiegazione c’era, tutto ha una spiegazione.

La collana, invece, si è ritrovata. L’aveva trovata lui dentro il portagioie azzurro in onice, il giorno prima, o forse due, prima che scomparisse la stella marina.

Trovata per puro caso e senza cercarla. Ma come faceva a cercarla se neppure sapeva che lei l’aveva perduta? E si era chiesto, nel sentire che dentro a quel portagioie c’era qualcosa, cosa ci fosse. Si sentiva, scuotendolo che doveva esserci qualcosa. E quando l’ha aperto spinto dalla curiosità, l’ha vista. Ma non ci ha fatto caso subito. Ha pensato che lei lasciava spesso le sue cose in giro per casa. Anche gioielli di valore.

Infatti era successo che una volta erano entrati i ladri e avevano rubato i gioielli che lei aveva lasciato in bella mostra sulla consolle in ingresso. Ma come si fa? Come si fa, aveva pensato allora, a lasciare dei preziosi così in giro per la casa? Possono andare perduti o, se entrano dei ladri, finire nelle loro saccocce. E così è stato infatti. Quella volta. E però, la fortuna che ha avuto: li ha ritrovati perché i carabinieri hanno fermato i ladri con la refurtiva in tasca…si può essere più fortunati di così?

Ma la collana era sparita, lei l’aveva perduta e lui non lo sapeva. Si ricordava vagamente di avergliela regalata lui. A poco a poco i ricordi affioravano alla mente. Quel giorno era andato in quella gioielleria e l’aveva vista in vetrina e il commesso gliela aveva consigliata con entusiasmo: “farà un figurone, a sua moglie piacerà tantissimo”, gli aveva detto. E lui si era lasciato convincere. Ma non ricordava se fosse un Natale o se fosse un compleanno di tanti, ma tanti anni fa.

Ma lui non sapeva che la collana era andata perduta. E guardandola, rigirandola in mano, pensava persino che fosse un articolo di bigiotteria, forse di bassa lega, o anche una cosuccia abbandonata li proprio perché poco preziosa. Ma poi, insistendo, non sa neppure lui perché, ha preso la lente e guardato se trovava il punzone e gli era parso di averlo trovato : oro 18 kt. pareva dire. E vuoi vedere che il pendaglio, anche quello non era vetraccio ma pietra preziosa? Aveva pensato. Ma no, poi si era detto, sarà finto. Un cuore era , di pietruzze bianche come diamantini. Ma non è che avesse una grande cultura di gioielli e neppure che gli interessassero tanto, ma era poi passato così tanto tempo? ma quanto?

E’ strano come di un botto possa ritornarti alla mente un fatto banale come l’acquisto di un gioiello per fare un regalo, uno dei tanti, di compleanno o per il Natale. Le date nelle quali si è soliti fare regali alle persone care e anche se sono passati tanti anni e tanti litigi e sfuriate e ancora litigi e discussioni, poi, alla fine, se ti ritrovi in mano quell’oggetto, ti ritrovi un pezzetto di te. Si, un pezzetto di te dimenticato sotto il carico pesante della vita vissuta.

E allora decide di chiederglielo se l’aveva messa lei lì quella cosa e se se la ricordava e se fosse un gioiello o una cosuccia da nulla (perché ancora non ne era convinto). E la risposta è stata vaga: lei non si ricordava e non pensava e non sapeva e manco le ha fatto una grande impressione. Robetta, deve aver pensato.

E così passa ancora un giorno e quella “robetta” è ancora li, dentro il portagioie di onice e ci sarebbe rimasta a lungo se non gli fosse venuta in mente, non l’avesse estratta e non l’avesse mostrata a lei, prendendola per l’aggancio e mettendo in mostra il pendaglio a cuore con quei vetruzzi bianchi. Questo è, le disse.

Non se lo sarebbe mai aspettato che alla vista di quella collanina, apparentemente per lui, quasi insignificante, perché non era sicuro che fosse quella che le aveva regalato, lei facesse un salto di gioia del tutto inaspettato. Perché il giorno prima glielo aveva detto che gli pareva quella e le aveva chiesto se l’avesse dimenticata li. Ma lei gli aveva risposto noncurante e poi aveva però ammesso che no…un po’ in imbarazzo, no, quella collana l’aveva perduta, non sapeva dove, tanti tanti anni fa e che l’aveva cercata per tanto tempo per tutta la casa ma che si era convinta di averla lasciata al lavoro un giorno d’estate che se l’era tolta perché era sudata e le dava fastidio e poi…

Una gioia, una grande inimmaginabile emozione, come rivedere una persona cara che non si vede da tanto tempo e quasi non ci credeva e continuava a chiedere come avesse fatto e dove l’avesse trovata e come mai fosse spuntata così, dal nulla all’improvviso… lui glielo disse, stava lì, dentro il portagioie di onice che sta sulla libreria, sopra il telefono…

La gioia era tanta, l’emozione incontenibile, diceva che mai avrebbe pensato che l’avrebbe rivista che era passato così’ tanto tempo, che ogni tanto se la ricordava e che le dispiaceva averla persa e che si era sentita spesso in colpa per averla perduta…

E subito se la mise al collo con le dita tremanti e non riusciva ancora a crederci e continuava a ripeterlo.

E poi, però, gli disse anche grazie. Grazie per averle fatto un bel regalo del tutto inaspettato, grazie…grazie, felicità alle stelle. E lui si convinse finalmente che quella non era “robetta” ma una collana in oro e zaffiro bianco che le aveva regalato tanti anni prima e che lei credeva irrimediabilmente perduta per sempre.

E però, però, dopo la gioia e l’emozione, grande, grandissima, gli dice che no, non poteva essere stata per così tanto tempo lì in quel piccolo portagioie così in bella mostra, non poteva. L’aveva cercata sempre e quello era il primo posto dove l’aveva cercata e ricercata per tutti quegli anni, non poteva essere rimasta sempre li, sotto i suoi occhi, in quel piccolo contenitore azzurro di onice con qualche fiorellino bianco disegnato che chissà quante volte in tutti quegli anni lei aveva spolverato e aperto per pulirlo e per guardare, ancora e ancora, se per caso la collana non fosse lì, ma non c’era. Non c’era, non c’era mai stata in tutti quegli anni, se ne sarebbe certamente accorta se ci fosse stata. Ma non c’era.

Fino a un paio di giorni prima, non c’era.

E allora? Chi ce l’aveva messa? E perché contemporaneamente era sparita la stella marina? Si domandava lei e lo domandava a lui e se lo domandavano entrambi. E la risposta venne in mente ad una terza persona, la loro figlia: era stato qualcuno che non c’era più ma che ancora “viveva” nei loro cuori e che si era voluto palesare così. Anche lei, però, ci aveva pensato pur nell’emozione che “qualcuno” doveva avercela messa perché era sicura che prima non c’era.

Ma non aveva focalizzato quel “qualcuno”, ancora no, ancora troppo forte era l’emozione del ritrovamento e poi, certe cose fanno sempre un po’ impressione. E, in fondo, ci si vorrebbe credere ma non ci si crede, almeno subito, fino in fondo. Per un sacco di motivi.

Un sacco di motivi. Ma poi ci ha pensato e con timore e un po’ di inquietudine all’inizio poi sempre più intensamente,

Il giorno dopo il ritrovamento della collana le arriva una mail dalla sorella. Le fa gli auguri per la primavera e le allega una foto. Lei pensa che è strano che la sorella si ricordi di lei nell’occasione della primavera, ma poi riflette che negli ultimi tempi si erano viste e sentite poco, senza un motivo apparente, così come succede anche tra persone che si vogliono bene; passa il tempo e non ci si sente, ma senza una vera ragione. Ma percepiva anche uno strano timore ad aprire la foto. La sorella non era una che mandava foto d’abitudine, anzi, era una novità e chissà che cosa voleva dire, perché qualcosa doveva pur voler dire.

Era una vecchia foto di lei assieme alla sorella e al fratello, in giardino di casa della sorella, era estate e lei portava una canotta bianca e, bene in evidenza, sul petto c’era la collana. La collana persa e ritrovata il giorno prima! Ma come le era potuto venire in mente di mandarle proprio quella foto?

Un caso? Una coincidenza? Si, il caso, ma proprio quella foto e proprio quella collana, perché? Sembrava davvero una coincidenza strana e si chiedeva cosa potesse voler dire. E lo chiese anche a lui che rispose che era un caso, ma un caso strano però. Anche la figlia non seppe rispondere e si chiedeva cosa potesse voler significare.

Come è difficile capire quando si ha quasi paura di capire. Si preferisce non pensarci, si tergiversa, si finge persino di capire una cosa per un’altra. Perché ci fa paura quell’idea che arriva all’improvviso a ricordarti che non tutto quello che c’è si vede e che spesso sono proprio le cose più importanti quelle che non si vedono.

E non bastano gli occhi per vedere, ci vuole anche il cuore e l’anima per vedere. E se poi si vede si è fortunati, molto fortunati e si deve apprezzare la fortuna fino in fondo.

Ha pianto, a dirotto quando il giorno dopo, camminando lungo l’argine del fiume, ha capito. Ha capito perché ha messo insieme le varie parti del “quadro”: la collana persa e ritrovata dove non era mai stata, ormai le era chiarissimo, la foto con la collana ben in evidenza mandatale dalla sorella, e la stella marina scomparsa, improvvisamente dalla tabacchiera che stava accanto al portagioie in onice, sullo scaffale della libreria. La stella marina che significa mare, che significa anche una spiaggia e che significa anche un “albergo” sulla spiaggia. Stella Maris.

Li sua madre aveva trascorso gli ultimi due mesi della propria vita. E la stella marina era sparita proprio per dare un segnale che quella era la sua “firma”, che la sparizione della stella marina era l’ultimo chiaro indizio che faceva capire che era stata lei a prenderla per “firmarsi” e lei a mettere la collana perduta nel portagioie di onice azzurro e a farla ritrovare a lui, a lui che le aveva regalato tanto, tanto tempo prima quella collana, poi andata perduta.

Perché era giusto che la ritrovasse lui e gliela regalasse di nuovo e anche perché così non avrebbero pensato tutti che, come fosse ricomparsa, fosse solo frutto della sua fervida fantasia.

Lucì nun ce lassà

Un po’ di sottomento incipiente, non è un difetto, anzi, le conferisce un certo allure. Ma poi ha iniziato il suo monologo a Propaganda Live, il programma condotto da Diego Bianchi, quello che si fa chiamare Zoro, e mi è sembrata lievemente alterata da qualche iniezione di troppo. Ma forse è stato solo un effetto ottico. Ma mi ha fatto un po’ pena. ‘Ho visto il video solo perché ho letto la recensione su un quotidiano. Mi ha incuriosito e l’ho cercato su Youtube. Sabina Guzzanti ha fatto di meglio e mi divertiva molto, ma forse, ora, mi sembrerebbe Faziosa ( e anche Litizzosa), un po’ arrogante e anche un po’ raccontaballe. Ma ci sta, fa parte del personaggio. Dichiaratamente di sinistra, Sabina ha fatto molti soldi con la destra. Le sue imitazioni di Berlusconi forse non hanno fatto il giro del mondo (o globo terracqueo), ma poco ci manca. E pensare che ho anche letto un paio dei suoi libri (due o forse uno?) di cui non mi ricordo né il titolo né il contenuto. Ricordo solo che mi avevano deluso.

Quando si scopre che qualcuno che ti piaceva non ti piace più è una delusione. Non che mi importi molto di Sabina Guzzanti. Il tempo ridimensiona tutto, persino, forse una fama sovrastimata. O forse un po’ ottenuta grazie anche ai buoni uffici del giornalista ex senatore di FI, Paolo Guzzanti. Ma questo è robetta, lei e il fratello sono due talenti, ma quanti ne abbiamo di “nascosti” in Italia che si devono accontentare delle briciole, o di mendicare il RdC o emigrare?

Insomma, per farla breve il suo monologo anti Meloni non mi ha fatto ridere. E ho visto che pure la platea rideva poco. A parte una tale ridanciana, ospite fissa, che ride sempre come una pagata per ridere e forse ride pensando a quello che guadagna.

Faceva piuttosto piangere. Piangere si. La ricordavo migliore, più onesta, meno Faziosa o Fazista, ma forse mi sbagliavo.

A parte l’imitazione grottesca di Giorgia Meloni (una caricatura) e poco attinente alla realtà, ma ci sta, tutto il monologo è stato denigrazione pura, condita con qualche menzogna.

Tipo: ” me cacci pure l’Annunziata e io come campo?”. Ma che dici Sabina? Ti sei ridotta cosi male da sparare una simile balla in prima serata?

Lucia Annunziata …(a proposito che fine ha fatto, o sta per fare Baby Lucia)? se n’è andata da sola, con le sue gambe, mi risulta, nessuno l’ha cacciata o “rapita” e vorrei vedere, anche se Lucia è un’ottima giornalista,, non è che proprio assomigli alla Mondella.

E Don Rodrigo non smania per lei e non direbbe proprio: Lucì, non ce lassà…perché siamo, è vero, tutti inutili, ma nessuno dispensabile.

I valori della vita

Non so immaginare un giorno di festa, in città, con tutti i preparativi del caso, le bancarelle che vendono ogni sorta di mercanzia, i bar e le gelaterie con i tavolini all’aperto in attesa di frotte di clienti e un aria gioiosa che si spande un po’ ovunque come nelle feste del santo Patrono di paese e la paura che dal cielo arrivi la morte, all’improvviso. O, meglio non lo vorrei immaginare.

Oggi a Kiev, capitale dell’Ucraina, sono in corso i festeggiamenti per la giornata che commemora la fondazione dell Paese. Una data importante.

E così Vladimiro Putin ha pensato bene di lanciare in nottata un raid con 54 droni di fabbricazione iraniana, 52 dei quali abbattuti dalla contraerea ucraina. Purtroppo però qualcuno è stato colpito: ancora vittime di questa guerra insensata.

Ma l’atmosfera è quella dei giorni di festa estivi, chiari e luminosi. Una donna ha risposto ad un giornalista del The Guardian:

““It’s like the values of your life have changed. You appreciate your life more because you feel like you can die every minute.”

E’ come se i valori della vita fossero cambiati, apprezzi di più la vita perché sai che potresti morire ogni momento”. E’ vero per tutti, ma per gli ucraini (e non solo) purtroppo è ancora più vero.

Dicono che i droni siano arrivati da una direzione diversa dalle solite, segno che i russi hanno cercato di non sorvolare le aree di confine in mano ai ribelli. Strategia militare a parte. Gli ucraini anche se spaventati, cercano come possono di continuare la loro vita e anche se c’è la paura degli attacchi – dicono – si deve pur continuare a vivere.

E alcuni di loro si sono affacciati presto, dopo l’attacco, a inveire contro i russi e a lodare i soldati che guidano la contraerea.

A Kiev la vita va avanti perchè la vita ha sempre il sopravvento e lo spirito di adattamento anche alle peggiori disgrazie, nell’uomo è sempre più forte. O quasi sempre. Ed è giusto che sia così, la vita deve sempre prevalere sulla morte.

Il capo del gruppo mercenario Wagner ( che combatte per i russi) ha avuto parole durissime verso l’alto comando militare russo, ma ora, sembra che sia silenziato. Lo ha detto lui stesso che gli hanno messo il bavaglio.

Difficile però tenere imbavagliato un tipo come questo. La libertà della sua espressione anche se non gli viene concessa se la prenderà e forse troverà altre strade per dire come la pensa.

E, ho l’impressione che non saranno complimenti per le alte sfere russe.

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Perché?

Un fatto inaccettabile, sono d’accordo con Ilaria Cucchi: la Polizia Locale di Milano deve rendere conto della violenza ai danni di una donna di 41 anni, presa a manganellate mentre stava seduta sul marciapiedi. In tre grandi e grossi contro una giovane, disarmata.
E non basta, hanno anche usato lo spray al peperoncino, altamente irritante per arrestarla. Che cosa avesse fatto di tanto grave non è chiaro, sembra che abbia fatto resistenza alla Polizia, ma è ancora tutto da accertare.
Rimane il fatto gravissimo della violenza su una donna inerme da parte degli agenti. Una scena raccapricciante che non avrei mai voluto vedere-

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Imparate politici

“Il governo c’è” ha detto la premier Meloni in visita ieri nelle zone alluvionate.
E anche il resto d’Italia c’è. La solidarietà è tangibile e i tanti volontari che sono arrivati in regione per spalare fango o portare aiuti, da tutte le parti del paese ne sono la testimonianza.
Non è retorica ma la costatazione che quando c’è da aiutare chi soffre in particolari situazioni come il disastro che ha colpito l’Emila Romagna, gli italiani si mobilitano e fanno l’impossibile per portare aiuto, vicinanza e conforto ad altri italiani in momenti come questo di grave difficoltà.
Un fenomeno che va in senso contrario a tutte le polemiche che spesso si sentono su quanto il nostro Paese sia spesso diviso in molte cose. La politica soprattutto tende a mostrarne la faziosità e la litigiosità.
Ma quando avvengono fatti come questo, gli italiani si ritrovano uniti e si spendono con tutte le loro forze migliori per soccorrere chi ha bisogno di tutto.
Lo hanno dimostrato spesso nei terremoti e nelle alluvioni che purtroppo ci colpiscono con troppa frequenza.
Dobbiamo esserne orgogliosi e i politici dovrebbero imparare e fare tesoro dell’insegnamento che danno questi volontari e cercare di superare le diversità di vedute per puntare al bene comune di un Paese che è sempre in “guerra” con gli eventi naturali e le contrapposizioni ideologiche.

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Imprevisto

Qualche cosa di nuovo, apparentemente, sta succedendo in questa interminabile tragedia dell’Ucraina: è spuntata dal nulla una “Milizia anti Cremlino”, cioè una legione di partigiani russi che hanno attaccato un insediamento militare russo ai confini con l’Ucraina nella regione russa di Belgorod. Si definiscono Freedom of Russia Legion. (Legione Russia Libera).

I russi hanno accusato gli ucraini di essere dietro questa manovra per distogliere l’attenzione dalla conquista di Bakhmut da parte dei russi. Ma gli ucraini di sono difesi dicendo che loro non c’entrano. Ci sono stati dei feriti nei villaggi colpiti dal raid dei sedicenti partigiani e la situazione in quell’area sembra in divenire, ma per niente tranquilla.

Zelenzky è di ritorno dal Giappone dove è intervenuto al G7 ed ha parlato coi leader mondiali della situazione nel suo paese. Ha avuto assicurazione sulla continuità degli aiuti ed ha cercato di coinvolgere anche chi sinora si era tenuto lontano e neutrale. Il suo attivismo sul piano internazionale è senza dubbio costante. Che non stia alla finestra e che cerchi di ottenere aiuti e tenere viva l’attenzione mondiale su quello che accade nel suo paese, mi pare sia un comportamento ben studiato e che speriamo vada nella direzione di arrivare al più presto ad una definizione del conflitto. Anche se la situazione appare, ad oggi, molto complicata.

In Italia sembra esserci una divisione netta tra chi sostiene gli ucraini e chi vorrebbe che si arrendessero ai russi (con molti distinguo) perché, a loro dire, questo segnerebbe la fine delle ostilità.

Io non credo sia così semplice. La guerra che Putin ha iniziato con tutte le conseguenze che sono note, non può essere derubricata a conflitto tra due parti, come molti la definiscono. Le due parti in conflitto lo sono per volontà dei russi. I russi sono la parte che ha lanciato il sasso ed ora non può nascondere il braccio fingendo di essere alla pari con chi ha colpito.

Le conseguenze della sconsiderata guerra di Putin sono sotto gli occhi di tutti, fingere di non vedere è ammettere che esiste una potenza che può sconvolgere l’assetto mondiale e farla franca con la semplice dichiarazione: hanno provocato, hanno cominciato loro…

Troppo facile. Se è vero che ora ci sono in atto azioni di ribelli russi alla frontiera che attaccano le postazioni russe al confine con l’Ucraina, sarebbe forse un segnale che qualcosa si muove in direzione opposta da quella prevista dai piani del presidente russo. E però non è facile capire fino a che punto questo sia un segnale positivo che vada verso una attenuazione del conflitto o, viceversa, un suo inasprimento. Non possiamo che attendere gli sviluppi.

Quello che mi pare di capire però è che la situazione è in rapida evoluzione e che le vittorie che Putin continua a sostenere non siano tali, ma solo un modo per mantenere una narrazione che si sta scontrando con una realtà che lui non aveva previsto.

Repressione

La democrazia italiana è davvero precaria se arriva ad impedire il diritto di esprimersi. La ministra della Famiglia Roccella è stata contestata e impedita di parlare del suo libro al salone del libro di Torino, da un gruppo di giovani manifestanti. Piuttosto scalmanati e soprattutto maleducati, sono entrati e le hanno impedito di profferire parola. Lei ha invitato la loro rappresentante sul palco dove ha letto il comunicato che si era preparata, ma poi la protesta è continuata fragorosa e la ministra, rassegnata, si è seduta piuttosto sconfortata.

Dal palco qualcuno ha gridato “fascisti” ai manifestanti e loro hanno ululato un Buhhh gigantesco.

Si fa cosi? E’ questa la Democrazia che ha in testa chi è andato a protestare? Questo sarebbe l’insegnamento dei padri costituenti? Siccome Roccella appartiene all’esecutivo in carica guidato da Meloni (nota miliziana fascista) prima donna premier e vista di malocchio da sinistra come è ovvio (soprattutto perché l’ha scalzata), allora che si fa? Si boicottano tutti i suoi ministri e si fanno piazzate ovunque pur di confermare che si tiene ai valori democratici?

Ma li hanno violati loro per i primi quei valori. La contestazione ci sta, ma deve lasciare all’altro la possibilità di parlare altrimenti si può chiamare in un solo modo: repressione e non è una parola che si ispira ai valori democratici, tutt’ altro.

Il bel Justin

Si crede bello, Justin Trudeau, il premier canadese. Beh, lo ammetto, ha un certo allure. Ma quei calzini…per carità. Fanno pena. La nostra premier. Giorgia Meloni ( per chi non la conoscesse) era molto elegante: un completino bianco, tailleur pantaloni con sotto un camicetta ricamata azzurra e scarpe in tinta con tacco tanto.

L’ha fatta arrabbiare, il bello. Saltella come un pollo e allarga le gambe per sembrare alto come il leader coreano, per non farlo sentire a disagio, o per sembrare ancora più alto (e anche un po’ scemo per finta)?

Meloni ritratta seduta davanti a lui col volto imbronciato. Eppure, forse, aveva pensato che via dall’Italia le avrebbe fatto bene, anche se impegnativo, il G7 (tutti maschi meno lei) è pur sempre un diversivo dall’essere contestata. “Fascista eri e fascista resti”…le dicono in tanti.

Beh, il ritratto di Mussolini non pare, veramente. Non se ne può proprio di meno.

Insomma il bel Trudeau le ha detto papale che lui si preoccupa per i diritti dei gay che in Italia ora con lei al governo, sarebbero negati. Ma …acchiii? Gli ha risposto sulle sue. E con ragione. Niente di nuovo ma perbacco persino li! Insomma…

E poi ci pensa Schlein che se lo fa così bene come ha monitorato il dissesto idrogeologico in Emilia Romagna, è molto meglio se chiedono di essere tutelati da Meloni. Ci mancava poco che le chiedesse se avesse intenzione di mandarli al confino…

Beh, bagatelle, direbbe Machon, un po’ meno nemico, questa volta.

Justin ha liberalizzato l’uso della cannabis in Canada, Bravo. Forse è l’euforia di sentirsi così liberale davanti ad una donna lo ha galvanizzato.

Poverino, comprensibile no?

Parcofobia

Ho accumulato in questi ultimi anni, quella che chiamerei parcofobia. Si, parcofobia. Non si tratta di paura degli spazi aperti, cioè agorafobia, no. Si tratta della paura di attraversare un parco. Per anni sono stata assidua frequentatrice dei parchi della mia città (una cittadina, veramente), uno in particolare: magnifico giardino di una ex residenza dogale.

Negli anni si è drammaticamente rimpicciolito: prima un teatro, poi alcune classi di un liceo, poi la nuova sede della Polizia Locale. E’ diventato un luogo ibrido, non più quel luogo incantato dove passavo le ore a passeggiare tra viali silenziosi e alberati, ma una sorta di comunità allargata pluridimensionale ed ha perso lo spirito e la connotazione del giardino per diventare una confusa realtà piena di cose che non c’entrano nulla con la magia della natura che, nel corso degli anni, aveva fatto di quel luogo un posto unico.

Lo amavo, lo sentivo in sintonia con la parte più profonda di me, quando bambina attraversavo la campagna mano nella mano con la mia solitudine. Che era anche e soprattutto anelito di libertà.

Ora non lo sento più quel luogo che mi riportava indietro a quegli anni, ma un luogo quasi ostile. Si ostile. Molti degli alberi che amavo sono stati abbattuti, sia perché colpiti da fulmini o semplicemente perché erano diventanti troppo grandi e il Comune temeva potessero abbattersi d’improvviso addosso a comitive di passaggio.

Ora lo temo, il mio parco. O ex mio. Lo sento ostile. Mi sembra che nasconda pericoli ad ogni angolo. Per anni ho passeggiato, da sola o in compagnia lungo quei viali, per anni ho parlato con gli alberi che mi rispondevano riconoscendomi, li ho abbracciati e ho sentito pulsare la vita dentro di loro, ma la sensazione che provo ora quando varco il cancello è quella di entrare in un luogo che non mi appartiene e che può ferirmi ad ogni passo.

Con la nostalgia ma non solo. Temo di fare brutti incontri ad ogni angolo un po’ nascosto, cani, bici, uomini con la faccia torva, spettri o figure reali ma sempre inquietanti.

Non so, forse sarà il tempo che passa, forse il Covid che ha inasprito tutte le possibili interazioni tra esseri umani per la paura di contrarre il virus, forse la mia percezione falsata dai miei stati d’animo, forse la guerra in Ucraina e forse la politica che sento tanto inquieta e impreparata e inadeguata.

Ma una sottile ansia mi pervade appena arrivo in vista del parco. Lo vorrei attraversare come facevo prima, quando entrare mi provocava gioia, quasi euforia. Ma non ci riesco, qualcosa mi frena e rimango attorno alla grande magnolia centenaria con l’occhio vigile alla prima via di fuga disponibile. E mi viene da piangere.

A mia madre

Sono scesa piano, ho lasciato che la brezza mi facesse planare morbida sopra le ortensie. Non ho opposto resistenza.
Ho fatto i miei calcoli, la traiettoria era giusta. Ci azzecco quasi sempre.
Oggi la brezza era più sostenuta di ieri ma ho controllato il volo a meraviglia.
Ma ho trovato un ostacolo imprevisto.
Uno di quei cosi pelosi sempre col muso all’insù a cacciare… e con le coda che mulina da tutte le parti…ma sì, un gatto.
Si era messo sulla mia strada e mi stava per tirare un brutto scherzo.
Ma io l’ho gabbato il felino. Ci vuol altro. Non fosse bastato il calabrone a reazione schivato per un pelo.
Hanno un bel dire che vita facile facciamo. Li vorrei proprio vedere i criticoni e farmi quattro grasse risate alle loro spalle.
Ho dato una scrollatina d’ala e via, ma la strizza… basta.
L’ortensia sulla quale sono atterrata oggi, vista dall’alto, vi assicuro che è tutta un’altra cosa.
Sembra una di quelle montagnole di sabbia al mare, quando il sole scende e il cielo diventa rosaturchino.
Mi piace il mare, scivolo sulle onde sfiorandole e loro mi rincorrono.
Dicono che siamo sempre di meno per via dell’inquinamento, boh, io non ci penso, ci penserà Chididovere, sembra che sia uno che sa tutto.
Io ho questa filosofia:” del doman non v’è certezza”. Dicono che facciamo una vita insulsa, di fiore in fiore, tutta invidia. Brutta malattia.
E dicono che siamo sempre meno anche perché ci infilzano con degli spilloni per metterci sotto vetro e portarci le umane a rimirarci. Bella roba!
Io spero di non essere rara perché pare che sia pericoloso. Non vorrei essere nei panni di un Macaone. Brrr.

A volte mi capita di avere qualche flash-back di vite già vissute, pare che gli umani ci identifichino con le anime dei defunti. La chiamano: metempsicosi. Io quasi, quasi ci credo perché a volte sogno
che ballo allacciata ad un umano, moro, belloccio, alto, sorridente..
Io in un’altra vita, o desiderio di appartenere ad un’altra specie? Troppo difficile per la materia grigia di cui dispongo. Conosco i miei limiti.
E poi oggi c’è un sole così bello e questo giardino è pieno di fiori che…
Ma ieri ho passato un brutto quanto d’ora. Ad un certo punto, mentre mi facevo una scorpacciata di polline è venuta giù un acqua…, d’improvviso, un vento e un acqua da far spavento. Mi sono rifugiata sotto una foglia di platano.
Avevo lo stesso le ali fradice e per tornare a volare o dovuto aspettare che il sole le asciugasse.
Pare facile.
Toh, ma che bell’esemplare di lepidottero…ma cosa fa? Mi gira intorno, svolazza e …scappa.
Scappa? Sono una farfalla non una mantide religiosa. Chi li capisce questi?
Peggio per lui, ora mi faccio un giro su quel prato, hai voglia i farfalloni che ci sono.
C’è un cane laggiù che si trascina dietro un’ umana …un po’ arrancante, troppa ciccia, signora.
Mentre io, immodestamente, ho un vitino di vespa, cioè, no, di farfalla.
A proposito di vespe. Hanno una sicumera, un’arroganza, sempre lì con quel bizz bizz fastidioso, dove passano loro non ce n’è per nessuno. Prepotenti!
E pure maleducate. E già, chi gliela insegna l’educazione a quelle? Nessuno. Dicono che noi agiamo d’istinto che ho capito essere una cosa che non ti insegna nessuno ma che hai già dentro. Chissà da dove arriva e chi ce l’ha messo? Boh.
Ho svolazzato sopra il fiume, a pelo d’acqua, schivando le anatre e poi mi sono tuffata a pesce, cioè a farfalla… ma poco perché l’acqua mi rovina le ali…ma era così bello.
Poi mi sono lasciata asciugare dal sole, sulla riva, tra i ranuncoli…ragazzi che bella la vita!

———…Le madri non muoiono. Diventano farfalle, fiori, nuvole, tramonti.
Diventano pensieri d’amore che ci accompagnano sempre e sono con noi in ogni istante. Una musica dolce o un vento leggero che se ascoltiamo attenti ci riporta le loro voci.………..——-…………———