No delivery no party

Ho appena visto il presidente Draghi alla conferenza stampa. Rilassato, sbarbato e sereno. Ma come fa? L’Italia è in subbuglio. Protestano molte categorie, dai tassisti ai lavoratori del circo, ai riders.
Ne hanno tutti per tutti.
No delivery no party. Non ci stanno, in tanti, compresi gli insegnanti a questo andazzo.
Il governo ha promesso soldi ma ancora non si vedono, ha promesso “ristori” ma la gente vuole finalmente vedere cammello, ne ha le tasche piene anzi vuote di promesse.
La gente comincia ad avere fame a non sapere dove sbattere la testa per mangiare, le code alla Caritas si fanno ogni giorno più lunghe.
E intanto però, anche oggi Draghi ha detto che continueranno le chiusure, solo la scuola riaprirà anche in zona rossa.
Protestano i governatori, Zaia ha detto che è roba da medioevo centralizzare tutto, lui i vaccini li ha fatti e le operazioni proseguono in ordine e con celerità, Draghi faccia nomi e cognomi non faccia di tutta l’erba un fascio.
Non ha tutti i torti. Draghi sarà anche l’integerrimo e pluripremiato mago della finanza ma in questi primi approcci con il paese, mi sembra non si stia superando.
Anzi. Lo vorrei più determinato e coraggioso e vorrei, se fosse possibile, non vedere più la faccia contrita di Speranza. Le cose non sono cambiate, via Conte che aveva fatto poco o nulla per il paese ed ora ci aspettiamo di più, molto di più da questo governo.
Ma non pare che si smuova molto.
Saremo ancora bloccati e paralizzati a quanto pare, ma non possiamo continuare a vivere sotto la dittatura di un maledetto virus.
Draghi faccia qualcosa di riconoscibile subito oppure si torni a votare.

Cartolina

Vorrei scrivere qualcosa sulla mia città natale che oggi compie 1600 anni.

Perbacco, mica poco eh?

Eppure sembra sempre una cartolina stampata, di quelle che si mandavano una volta: lucida e colorata con su scritto: Saluti da Venezia.

Che dire? Mi sembra tutto troppo poco. Che è la città più bella del mondo? E sai che novità? Hanno detto tutto su di lei, ne hanno cantato le lodi ma anche molto denigrata.

Una città troppo cara, scostante coi turisti ai quali dovrebbe stendere la corsia…

Come se sedersi, che ne so, al Quadri o all’Harrys bar fosse una cosetta da niente e il caffè preso li fosse come preso in centro al paesello.

O come se i più famosi ristoranti al mondo dovessero praticare prezzi da ostello per la gioventù.

La bellezza si paga. E si paga anche cara e non si protesta.

Lo sanno i veneziani quanto la pagano, tutti i giorni, carissima sulla propria pelle.

La pandemia ha liberato le calli e i campielli per qualche ora al giorno, ma in certi momenti mi dicono che non si passa in barba alle regole anti covid.

Eppure la città è viva sempre anche quando sembra non esserci un solo gatto. La gente che la abita è ormai poca, viverci è un’impresa ogni giorno più difficile. Ma Venezia non può essere solo turismo.

Va protetta, preservata, custodita come una cosa rara e preziosa. E invece vediamo che non è cosi e che molti la trattano come fosse li perché loro se ne potessero pulire i piedi sui masegni e gettare le loro stupide cartacce a terra dopo aver mangiato un panino seduti sulle rive. E guardato con occhi distratti tutta quella sfolgorante  magnificenza come se non fosse un miracolo ma semplicemente la quinta di un film.

Ed ora se volete parlatene male, ditemi che l’avete vista sporca e poco accogliente, so bene che è di più l’antipatia (o forse l’invidia) a prevalere quando la si vuole criticare.

Buon compleanno Miracolo, rimani cosi ancora a lungo se ce la fai, a testimonianza di come l’intelligenza umana a volte sappia far entrare l’immenso dentro una cartolina.

 

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Ce provo

Come non parlare di Nino Manfredi  di cui ricorre l’anniversario della nascita? Nato a Castro dei Volsci il 22 Marzo del 1921.

Cosa dire di lui? se non esprimere la grande riconoscenza per essere stato l’attore poliedrico che è stato? Adorabile.

Non si poteva mai trovargli un difetto neppure a cercarlo col lanternino. Era anche bello e il che non guasta ma era, soprattutto, un grandissimo attore.

Uno di quelli che hanno fatto la storia del cinema italiano. Ma era anche una persona modesta oltre la modestia. Non finta modestia. Lui si scherniva sempre, nella vita e nei suoi personaggi. Aveva sempre quell’aria di non farcela, di essere sopraffatto dagli eventi. E poi, invece, se la cava sempre.

“Titino poverino”, la frase che mandava in bestia Alberto Sordi nel suo ruolo di cognato di Manfredi nel film “Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa”?

E “Titino poverino”, alla fine , dopo una lunga serie di peripezie tragicomiche, viene trovato. In mezzo ad una tribù, dentro il cuore più selvaggio e misterioso dell’Africa più profonda. assiso su un simil trono, con i capelli inanellati in due treccine che gli cadono sul petto, nudo e abbronzato come la faccia.

Sembra lui…l’ingegnere scomparso e ora forse ritrovato dal cognato su insistenze della moglie ed è lui. Lo riconoscono Sordi e un grande Bernard Blier che interpreta il fido Ragioniere Palmarini che lo ha seguito, forzatamente, in questa avventura.

Lo vedono mentre lancia sassetti colorati invocando la pioggia.

“Ma che ingegnè, lei fa piove”?, gli chiede Parlmarini, nella tenda dove Titino, dopo averli riconosciuti, li conduce. “Ce provo”, risponde, guardando il cielo e mangiando un pezzo di carne di imprecisata provenienza.

Ne offre anche ai due, allibiti di trovarsi di fronte ad un uomo cambiato, del tutto diverso da quello che avevano conosciuto, con quell’aria da santone e quella confidenza con quel popolo col quale  ha, evidentemente, acquisito grande familiarità e del quale è diventato il capo spirituale.

Ma Sordi, dopo aver chiesto di che si trattasse e aver ricevuto risposta che si trattava di quell’animale con le corna (e qui Manfredi fa un gesto con la mano sopra la testa e sbuffa dalle narici), si ritrae spaventato e dice “si vabbeh, nun c’ho fame io”.

In questo film Manfredi divide con Sordi il ruolo di protagonista e lo fa con lo stile che solo i grandi hanno.

“Ce provo”. Ecco questa sembra essere la frase che ha accompagnato tutta la vita di Saturnino Manfredi. Ci ha provato ed riuscito in tutto quello che ha intrapreso. Si poteva pensare a lui con una laurea in giurisprudenza, mentre intepretava il personaggio un po’ svanito in “L’audace colpo dei soliti ignoti”, Piede Amaro? Oppure quando interpretava il famoso barista di “Fusse ca fusse la vorta bbona”?

C’ha provato sempre ed è sempre stato un grande, enorme successo. Anche come regista. Come non ricordare il magnifico “Per grazia ricevuta”?

Oppure il povero barbiere Marino di “Straziami ma di baci saziami”?

La scena del bar, dove lui, Marino, ridotto in miseria, dopo aver a lungo cercato di ritrovare la sua amata, chiede aiuto al telefono azzurro e uno psicologo volontario dopo avergli pagato cappuccino e brioche, gli offre una sigaretta che rifiuta: “non fumo”, dice, e l’altro “prendila la fumerai dopo i pasti” e lui di rimando con aria trasognata di chi ha poche residue speranze: “Dopo i pasti di chi”?

Nel 1937, quando è stato ricoverato in un sanatorio per curarsi la turbercolosi, gli avevano dato pochi anni di vita. E invece, per fortuna non è stato cosi, Ma quella esperienza deve aver segnato la sua vita per sempre perché aveva sempre l’aria quello che c’era, quasi per miracolo. Raccontava spesso questo aneddoto.

Il personaggio tra i più amati è senza dubbio Geppetto. Indimenticabile e commovente fino alle lacrime.

Nella scena in cui il legno che aveva scolpito con le fattezze di un bambino comincia  a muoversi e lui non crede a i propri occhi e dice. ” Potrei dire che ho le traveggole per la fame, ma con tutto quello c’ho mangiato”… fa piangere e ridere il pensiero che la sua cena era stata un po’ di pane secco ammorbidito e passato sul fuoco con un po’ di rosmarino: la famosa “schiacciata” e lui è incredulo e trasognato e indimenticabile.

Ieri sera ho rivisto “Una storia qualunque”.

Manfredi interpreta uno splendido ruolo, uno degli ultimi. E’ ancora un bell’uomo, la sua faccia mantiene quell’espressione inteligente un po’ stupita e disarmante ed è incomparabile. La storia è terribile e crudele ma alla fine, Michele La Rocca, dopo aver passato più di trent’anni in carcere per l’omicidio della moglie, riesce a dimostrare la sua innocenza e a ritrovare i figli che, nel frattempo erano stati adottati.

Grazie, grazie Saturnino, sei ancora qui, tra noi, non te ne sei mai andato, la tua umanità, il tuo umorismo, la tua generosità, la tua grande intellligenza, non ci lasceranno mai. Resteranno con noi per sempre e ci aiuteranno a vivere e a credere e a sperare di farcela. Sempre. Nonostante tutto.

“Tanto pe’ cantà”…

Il bello del PD

Dopo la sua forzata latitanza dal partito che aveva contribuito a fondare, Enrico Letta è tornato ricco di idee e serenamente spietato.

Votato all’unanimità, dopo solo un mese i mugugni dentro il partito ne sono già la colonna sonora. Per ora solo accennata, sottovoce, a cappella, ma più passano i giorni e più è destinata a salire di intensità

Il motivo: Letta  vuole imporsi, comandare. Fare il leader.

Perbacco, questo nel PD è già un’offesa da lavare con la candeggina per non lasciare la macchia.

Vuole due donne a capo dei gruppi parlamentari? Le vuole proprio. Lo ha detto in una recente intervista ed ha sollevato polemiche che già covavano sotto la cenere dopo la nomina dei suoi due nuovi vice  tra i quali l’economista Irene Tinagli.  Non gli bastava aver subito detto di volere lo ius soli e il voto a sedicenni? Cosa che aveva fatto rizzare i capelli in testa anche a Bersani che ormai se ne ritrova pochini nonostante il colore ancora pervicacemente brunito.

Ora esagera però. Ma chi si crede di essere? deve aver pensato il capogruppo al Senato Andrea Marcucci, amicone di Renzi e componente di Area Riformista, corrente prepotente nel partito e che fa capo a Renzi.

Renzi…chi era costui? Ah, già, ora rammento. L’ho visto da poco, ritratto con una capigliatura con ciuffo sporgente sulla fronte tipo tirabaci. La bocca larga e la faccia lucida di uno appena uscito dalla sauna. Si gode la vita e se la spasseggia per il mondo fingendo di passare di li per caso.

Letta, invece, se la spasseggia nel PD e vuole rivoltarlo come un collant.

Da partito plurale a partito femminile singolare.  Due donne a capo dei gruppi? è un’eresia che non si era mai sentita.

Non sarà che Letta in questi sette anni si sia guastato un poco nel meccanismo sinaptico? Delrio è pronto a lasciare il suo posto di capogruppo alla Camera ad una donna, a conferma di quel bravuomo che è sempre pronto a guardare al bene del paese, del partito e dei suoi figli, tanti, anche se ha detto che si rimette alla volontà delle deputate e deputati.

Mentre Andrea Marcucci, l’altro capogruppo al Senato, ha una spina nel piede sinistro che ha un nome e cognome e non è facile da togliere. E si ribella, protesta, non ci sta. Sai che novità?

Ha detto il segretario che nella foto del  gruppo dirigente del PD non ci devono essere solo maschi e le donne solo vice. Che coraggio!

Ma che cosa ha detto? Ma come ha osato?

Eppure sembrava già cosa letta capo ha.  Sembrava. Ma come sempre nel Pd, era solo apparenza. Ora comincia il bello, o la bella.

Esempio

Il giornalista Andrea Scanzi ha annunciato sulla sua pagina FB di essersi vaccinato con Astrazeneca per dare l’esempio.

Ma la sua regione, la Toscana ha finora vaccinato solo il 5% degli ultraottantenni ed è molto in basso nella classifica delle vaccinazioni. Che c’entra lui?

Si è autodefinito quasi eroe per aver chiesto e ottenuto in base ad una non meglio identificata lista degli imboscati (chi prima arriva…) di essere vaccinato prima di tanti che ne avrebbero diritto. Penso alle tante categorie a rischio o fragili, agli addetti dei supermercati, personale, sanitario, persone con malattie rare etc…

Lui è riuscito ad intrufolarsi dentro la lista dei vaccinabili presto e bene che conviene. Ma a chi? A lui di sicuro. Primo perché cosi ha saltato la fila (che non è poco), secondo perché si sta facendo un’enorme pubblicità gratuita (è anche scrittore), non manca mai di presenziare tutti talk show con i suoi libri bene in mostra.

Un personaggio che si da molto da fare. Un italiano con tutti i sacri crismi e gli italiani a saltare la fila sono maestri.

Si è giustificato dicendo che è caregiver (nuova parola mutuata dall’inglese che impazza in questi giorni) di due genitori “fragili”…

Beh, si, lui è benemerito per questa sua cura costante ai genitori. Immagino che in Italia ce ne siano ben pochi come lui (!).

Ma lui si difenderà dalle critiche di aver fatto il furbetto, ne sono sicura avrà mille e uno argomenti, la favella non gli manca.

In fondo che ha fatto di male? Ha solo voluto dare l’esempio e incoraggiare gli scettici. Non abbiamo che da credergli.

Siamo uomini o vaccinati?

 

PS: A Scanzi di equivoci, sono sicura che dirà che lui non è un furbetto del giornalino.

(PPS: siccome è probabile che mi legga: non si preoccupi, la domenica mi gira spesso cosi).

Facciamo girare la democrazia

Un centinaio di persone hanno manifestato a Torino in Piazza Castello. No vax e no mask. Tradotto, cittadini italiani che non ne possono più. Li capisco, hanno diritto sia di manifestare pacificamente che di respirare, la Costituzione Italiana lo permette e sancisce che bisogna rispettare le idee di tutti quando non c’è violenza.

In buona parte erano con la mascherina sotto il mento, alcuni non la portavano. Gli agenti hanno constatato che alcuni erano venuti da fuori comune violando le regole.

Poi, un video mostra una scena veramente sconcertante. Almeno io la definisco cosi.

Un uomo, pacifico, senza alcun intento violento, solo perché non voleva indossare la mascherina è stato fermato da una decina di agenti di Polizia, tra questi anche una donna e fatto entrare a forza dentro una delle loro auto e portato al più vicino commissariato, come un pericoloso delinquente.

Lui si ribellava ma neppure tanto, diceva che si dovevano vergognare, che non aveva fatto nulla…che siamo in dittatura.

Temo, veramente anch’io che avesse ragione.

Io la mascherina la indosso, sempre da un anno e rispetto le regole, ma, francamente mi chiedo per quanto ancora? E per quanto ancora saremo tutti i giorni bombardati costantemente da tutti i media con le notizie della pandemia? Non si parla d’altro.

La contabilità dei morti e dei contagiati è ormai una consuetudine, quanto dovremo subirla ancora?

Non mi si dica che non ho a cuore la salute mia e degli altri perché non è vero, ma siamo sicuri che tutta questa storia non ci stia portando inesorabilmente verso una dittatura neppure tanto mascherata?

Perché portare al commissariato una persona che non aveva alcuna intenzione bellicosa? Voleva solo affermare la sua libertà di respirare e di essere contrario ad un dispositivo imposto da un anno da un virus che non accenna a smettere di circolare.

Se lui circola e noi non possiamo farlo se non nascosti dietro quel cencio che opprime il respiro, significa che qualcosa è andato storto, significa che c’è qualcosa che sfugge e che la tentazione di tenerci dentro una morsa che non ci permetta di vivere liberamente e democraticamente, per chiunque stia al potere è troppo forte e fa troppo comodo tirare questa situazione allo spasimo.

Se il virus circola e noi siamo sempre più deboli e senza diritti e possiamo essere presi e trattati come delinquenti solo perché esprimiamo dissenso pacificamente, allora c’è qualcosa che non torna.

Deve tornare, prima possibile a girare la democrazia. Virus o non virus. Altrimenti siamo fottuti.

Riflessioni

Dell’arte, credo, ognuno ha una propria opinione. Qualche giorno fa, su questo blog, un commentatore ha scritto che non gli piacevano i versi di una nota poetesssa polacca, che li trovava infantili e buoni per farci filastrocche per bambini.

Un’ opinione. Un’altra opinione, al contrario, dice che quella è assolutamente poesia, perché poesia è quello che si riesce a trasmettere e trasmettere o comunicare è arte.

L’arte parla. Che sia poesia, pittura, fotografia, murales, musica, o quale che sia altra forma d’arte, deve parlare a chi le si accosta.

La poesia di  Wislawa Szymborska, ha parlato al lettore che non l’ha trovata sufficentemente “artistica”. Gli ha parlato e ha comunicato. Cosa non importa, rimane il fatto che lo ha fatto riflettere.

L’arte, per essere tale deve far riflettere.

E che cosa vuol dire “riflettere”?

Vediamo il significato  della parola: (una delle definizioni che ne da Treccani: “) Ripiegare, rivolgere la mente su un oggetto del pensiero; quindi, considerare con attenzione, ripensando e meditando: rifletteva sulla sua imbarazzante situazioneci ho riflettutoho deciso di non partireriflettici benee poi rispondirifletti a ciò che ti dico; …

Dunque? L’arte aiuta a riflettere a rivolgere la mente su un “oggetto del pensiero”. E che cosa succede quando riflettiamo?

Provo a descrivere che cosa succede a me quando rifletto.

Essendo decisamente una persona impulsiva per indole, rifletto poco, parto piuttosto in quarta. Decido, scelgo, elimino, abbastanza di acchitto.

Ma non sempre. Con gli anni ho imparato a riflettere un po’, quel tanto, ma neppure troppo.. A mia madre e anche a mia nonna che mi dicevano di contare fino a dieci e poi tacere, va il mio grazie, ma care nonna e mamma, non l’ho ancora imparato, temo.

Ecco perché, qualche volta scrivo quelle che si potrebbero definire poesie se fossi abbastanza presuntuosa da definirle tali, ma non trovo un’altra parola e quindi le definisco cosi. Altri potrebbero definirle altrimenti, ma fa nulla.

Sono belle? Sono brutte? Ecchiseneimporta?  Per molto tempo provavo molta ansia al pensiero che altri potessero leggerle e poi, piano pano e con l’aiuto di una zia, ora novantaduenne, alla quale con molta parsimonia mi sono decisa a rivelare il mio segreto, sono riuscita a riflettere su questa mia paura.

Ci ho pensato a lungo (anni) e poi ho deciso. Chi le vuole leggere le giudichi come gli pare, la poesia come ogni altra forma d’arte è sempre sottoposta al giudizio degli altri altrimenti rimane “lettera morta” e non ha senso. Muore d’asfissia dentro cassetti chiusi ermeticamente.

Mi sono anche cimentata nella pittura. Ci ho provato e mi piacerebbe anche riprovarci, ma non sono portata per la manualità, o forse è solo pigrizia o anche paura, la stessa che provavo quando pensavo alla vergogna che avrei provato se altri avessero letto i miei “versi”.

Ricordo un mio professore di arte, il quale davanti ad un mio disegno rimaneva sempre a lungo perplesso e poi sentenziava: “Gazzato, ci hai messo impegno, si nota, molto bene, ma dimmi la verità, ci dormiresti tu dentro una camera come quella che hai dipinto”?

Non lo so, non sarà stato lui a farmi passare la voglia? Meno male che non gli ho mai letto una mia poesia!(Ma forse allora ancora non avevo neppure il coraggio di provarci).

Però, andando oltre, a mio parere l’arte ha influenzato sempre la vita di tutti, perché arte è vita e vive in mezzo a noi anche se non la “vediamo”.

Tutti i regimi totalitari si sono sempre serviti degli artisti per la loro propaganda, ma gli artisti sono, necessariamente, spiriti liberi e se hanno aderito alle esigenze di dittatori di magnificare e glorificare la loro ideologia malata, si sono anche “vendicati” producendo opere d’arte di immenso valore proprio perché l’arte tende al cielo e cielo è libertà, spazio, conquista, beatitudine…

L’arte quindi è la massima espressione di libertà

Anche costretta, l’arte, comunque vola.

E se qualcuno trova che una poesia o un quadro siano “brutti” (oggettivamente ci esempi di vere brutture, lo ammetto ma è pur sempre un’opinione) sarà forse perche “riflette” qualcosa di “brutto” che sta dentro di noi e ci disturba e dovremmo ” riflettere” e scoprire cosa sia.

Non a caso molti grandi poeti e pittori avevano la propensione ad essere “stranI” a non conformarsi alle regole della società, a volere, fortissimamete volere,  divenire quello che intimamente sentivano di essere.

Quindi l’arte può essere anche una forma di “pazzia” che esce dagli schemi prefissati per spaziare nel cielo delle infinite possibilità di “creazione”.

E che cos’è l’arte se non la possibilità data all’uomo di partecipare, in qualche modo, anche piccolo, anche apparentemente insignificante, al grande “Disegno”?

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Tratto da “La fine  e l’inizio” della grande poetessa polacca:

Non ce l’ho con la primavera
perché è tornata.
Non la incolpo
perché adempie come ogni anno
ai suoi doveri.

Capisco che la mia tristezza
non fermerà il verde.
Il filo d’erba, se oscilla,
è solo al vento.

Non mi fa soffrire
che gli isolotti di ontani sulle acque
abbiano di nuovo con che stormire.

Prendo atto
che la riva di un certo lago
è rimasta – come se tu vivessi ancora –
bella come era.

Wislawa Szymborska

Joe Biden Condor

Joe (Condor) Biden, ha fatto cento. “Sleepy Joe” come carinamente lo chiamava Ronronf Trump ne ha combinata una al giorno e non sono poche. Intanto sta vaccinando a manetta (100 milioni in 58 giorni), mentre prima…manco la mascherina. Poi ha promesso e dato soldi a manetta, poi ha dato una buona mano a Joe Putin a starci un po’ più simpatico (!), i due si conoscono: “ci vuole uno per conoscere uno e chi lo dice sa di esserlo mille volte più di me tieh!”…Ha detto occhi di ghiaccio dopo che Biden  gliele ha cantate alla grande. E questa sarebbe una guerra fredda?  Tiepida, diciamo. Per ora sembrano due amiconi che si punzecchiano.

E’ più guerra contro gli odiatori che sparano contro la gente inerme. Come la sparatoria avvenuta qualche giorno fa ad Atlanta in un centro benessere dove sono morte 8 donne asiatiche/americane, oggi Biden in visita sul posto ha promesso che chiederà al congresso di varare una legge contro i crimini dettati dall’odio razziale. Dovrebbe però anche contrastare la vendita delle armi, ma la potente lobby delle medesime difficilmente glielo permetterà.

E’ più guerra qui. Tra apri e chiudi e fate quel …che vi pare che noi chiudiamo gli occhi, no contrordine fratelli siamo rossi, che più rossi…tra commissari e generali neppure De Gregori si raccapezza più. E non si vede luce in fondo a questo torbido tunnel infinito,

Ieri è stata la prima giornata del ricordo delle vittime del Covid, a Bergamo è nato un bosco di 100 faggi e Draghi ha fatto il suo discorso nel quale ha detto “mai più”. Lo speriamo tutti, davvero: mai più, ma sarà cosi?

Sono depressa, ma vado a giorni. Alterni come le cose da un anno a questa parte: doman sarà seren, seren sarà, se non sarà seren si rasserenerà,

Speranza ( vana).

Tre anni a Parigi

Pare che Enrico Letta sia tornato carico dal suo buen ritiro ( di successo) parigino.

Ha appena eletto i suoi due vice: Irene Tinagli e Beppe Provenzano.

Beh, scelta migliore non avrebbe potuto fare, sembra, da quello che si legge.

Lei è eurodeputata e dal 2019 ricopre uno dei ruoli più influenti a Bruxelles: la presidenza della Commissione Problemi economici e monetari del Parlamento europeo…e hai detto niente!

Insomma un’economista di vaglio. L’ho vista qualche volta nei talk show,  mi è piaciuta: semplice, lineare, educata, molto corretta. Oltre che bella donna dal sorriso accattivante. E poi, donna. Bene Letta, vai cosi.

Beppe Provenzano, già ministro del sud del governo Conte è un giovane molto promettente e ho il sospetto che Letta lo abbia scelto anche per dare un segnale proprio al sud che questa volta il PD ne ha a cuore le sorti non solo a parole. DI Provenzano poi, ci sarebbe anche questo degno di nota:

“Nel gennaio del 2018 rifiuta la candidatura alle elezioni politiche nelle liste del Partito democratico, in polemica contro il metodo scelto dall’allora segretario Matteo Renzi. Al centro del suo rifiuto, in particolare, il fatto che nella compilazione delle liste Renzi avrebbe seguito criteri padronali e nepotistici, nello specifico indicando come capolista nella circoscrizione Sicilia 1 Daniela Cardinale figlia dell’ex ministro Salvatore Cardinale.” (da Wikipedia).

Beh, potrebbe anche essere stato un significativo precedente dati i rapporti non proprio cordiali di Letta con l’ex premier.

Sta dimostrando una grinta che non gli conoscevo, Letta, ha già mostrato i denti ai renziani pur sempre nei toni e nei modi da parsona civil, come si dice dalle nostre parti (profondo nord est) e che proviene dalla definizione di Goldoni che fa dire a Sior Todaro, nel suo esilarante colloquio con Sior Meneghetto, quando quest’ultimo gli sta chiedendo la mano della nipote: ” no se pol negar ch’el gabia delle massime da parsona civil”.

Perché Meneghetto lo loda e lo sbroda, fintanto che Sior Todaro, all’inizio molto sbrigativo al limite del maleducato, si rabbonisca e diventi quasi gentile.

Insomma Letta sembra aver preso questa direzione, da persona per bene ma determinata al punto da diventare burbera, se occorre. Ma “benefica”.

E cosi va fatto! Mostrare i denti, come il cane quando li digrigna ma senza parere per non dare l’impressione di voler restringere il campo ma, al contrario, sembrare sempre di stare dalla parte di chi vuole allargarlo o starci, per davvero.

Allargarlo al punto di chiamare a raccolta chiunque volesse dare consigli, suggerimenti, aprire alla pluralità massima possibile di voci. Insomma un bel coro del Nazareno  che canti l’inno del Nabucco alla faccia del Bacucco (per amor di rima).

Questo, al’origine,doveva essere il Pd che Irene Tinagli ha contribuito a fondare nel 2007.

Perché non si sia pensato a lei come segretaria non si capisce ma si capisce: l’omo è omo e il PD è maschile, masculo come si direbbe in Sicilia. Trovatemi un nome di partito al femminile e vi solleverò il mondo.

Ah, ecco l’ho già trovato…Cinquestelle! Ma chi è che lo guida? Conte? DiMaio?di Grillo?di Crimi?di Sempronio?

Va beh, si è capito che sono un po’ polemica con i partiti che tengono le donne sempre in panchina.

Questa volta, la bella Tinagli ha vinto, il bell’Enrico ( si fa per dire) la sa lunga, ha fatto tre anni di professore a Parigi…vi basti questo.

 

Da Campo San Fantin, progressista e pluralista, europeista, mondialista…

Per le donne il mondo a volte è una stanza buia

Ma si, concentriamoci sulle uguaglianze e lasciamo tutto come sta. Chiamiamo pure dottore o avvocato o direttore le donne , ma facciamo che siano pagate e trattate allo stesso modo. Oppure commessa di negozio o barista, o operaia,: stesso trattamento economico , neppure un centesimo di meno. Facile no? poi: cura della casa fifty fifty e no che facciamo tutto noi, poi, che altro? In politica come in fabbrica, facciamo che le donne non siano discriminate e che per il fatto che partoriscono non vengano licenziate, non gli si faccia firmare le dimissioni in bianco, non le si metta in una stanzetta buia tutto il giorno dietro ad una catasta di carta sperando che si licenzino solo perché gli cresce la pancia. Oppure, chiamiamole al femminile , che ci costa? Perché chiamare direttore e non direttrice? Che fatica si fa? Le donne che non vogliono la loro professione declinata al femminile forse vogliono negare la propria femminilità perché non fa abbastanza “fisico di ruolo”? Perché se ti chiamano direttore si capisce che fai un lavoro da uomo e sei più rispettata? Deputata si e direttora no? E perché, a chi da fastidio? Al senso estetico o alla presunzione dell’uomo, dura a morire, di avere un diritto acquisito ad essere “protagonista”, mentre la donna deve stare al suo posto e fare la “co-protagonista? Solo quando partorisce la donna è protagonista? In tutti gli altri casi , stia un passo indietro. Non è andata a cacciare tra le belve feroci, o in guerra? E toccato al “più forte”? E allora rimaniamo cosi, dice l’uomo evoluto e moderno, non facciamoci la guerra, la donna resti donna e l’uomo uomo, cioè il rapporto sia quello di inferiore-superiore, quando, ovviamente al secondo posto non ci sta lei. E saremo “tutti” contenti.

 

Pubblicato oggi su ” Italians ” del Corriere della Sera

 

in risposta a questa:

LETTERA Le differenze tra uomo e donna e l’uguaglianza

Naturalmente se l’autore vuole intervenire è il benvenuto.