Who is this man? (Chi è costui)?

Fabio Rampelli, ma chi mai è costui? Who is this man? L’uomo che ha perduto l’occasione della vita per tacere. Sua moglie glielo avrà detto? ma avrà una moglie? Sì, ce l’ha…signora gli dica anche lei che è “ridicolo”: a ridiculous man, guardi glielo dico anche in inglese che forse lei conosce, suo marito ne dubito.

Ma che cosa gli è preso? Un feroce colpo di andropausa? Gli consigli di farsi visitare e prescrivere, all’uopo, qualche trattamento terapeutico.

Sa, gli anni fanno brutti scherzi, a volte.

Insomma costui, esponente di spicco di FdI (non so che spicco, ma spicca) e vice presidente della Camera, si sveglia una mattina e propone, udite, udite…una multa salatissima per chi userà termini stranieri.

Ma non ci pensi nemmeno. Io parlo quattro lingue e si figuri un po’ con la fatica che ho fatto ad impararle se posso tollerare una simile guasconata.

Si metta un parrucchino, ne fanno di belli, se proprio subisce la frustrazione della pelata con conseguente calo di materia grigia.

Rampelli, secondo me non passerà mai la tua proposta indecente. Io, fossi Meloni ti farei fare un esame approfondito di italiano e di inglese (corretti e fluenti) e se sbagli anche un solo congiuntivo o la pronuncia di “ridiculous”, ti manderei subito in Ucraina a spalare i cocci dei palazzi bombardati. Fino all’ultimo pezzo.

10 commenti su “Who is this man? (Chi è costui)?”

  1. Torneremo a chiamare il pied-à-terre “fuggicasa”, un playboy “vitaiolo” e il dessert “findipasto”?
    E se, incontrando un amico, lo invitassimo a prender un cocktail al bar, dovremmo dirgli: “Toh chi si vede, andiamo al “quisibeve” a prendere una “bevanda arlecchina”?
    O magari, invitandolo in casa ad ascoltare un po’ di Jazz, gli diremmo se preferisce il “giazzo” eseguito da “Luigi Braccioforte” o quello “Carlo Parcheggiatore”?
    Non c’è dubbio, una bella idea quella del vicepresidente, credo che meriti un brindisi con bel bicchiere di champagne, anzi, chiedo scusa, “sciampagna”
    R
    ma e chi sarebbero questi? Luigi Braccioforte” o quello “Carlo Parcheggiatore”? ah ci sono Louis Armstrong e …Charles Parker…
    questo è uno.

    e l’altro:

    meravigliosi entrambi!

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  2. Alessandro, credo che la questione non sia stata inquadrata correttamente. E ovviamente ridicolo pensare di italianizzare le parole straniere, e non credo che ci siano politici tanto stupidi da proporlo.
    Il problema è un altro. E’ l’uso del tutto inutile di parole inglesi al posto di parole o espressioni italiane equivalenti e altrettanto comode da pronunciare.
    Indubbiamente l’”aggettivizzazione dei sostantivi” che permette di fare a meno delle preposizioni è comoda, e, in una certa misura, è accettabile, ma gli usi del tutto velleitari e ingiustificati sono la maggioranza.
    Facciamo qualche esempio.
    Week end al posto di fine settimana è un po’ più corto, ma il risparmio di tempo non lo giustifica.
    Manager al posto di dirigente non offre guadagni. Delivery al posto di consegna, pure.
    Ci sono poi i camuffamenti per non far capire bene il senso di un’espressione, come Job’s act al posto di legge sul lavoro, question time al posto di seduta per le interrogazioni, e molte altre espressioni invalse nel politichese.
    Ma il culmine (avrei potuto dire “il top”) è quando si usano espressioni inglesi giusto per fare i fichi e far presa sulle persone ignoranti, come certe espressioni della pubblicità. Per esempio, “go electric” nella pubblicità di uno spazzolino da denti.
    Il problema esiste e metterlo in caricatura significa non essersene resi conto.
    Esiste purtroppo una sudditanza degli italiani verso la lingua inglese. La differenza rispetto ai tempi del fascismo è che oggi è solo verso le parole inglesi mentre allora era anche verso quelle francesi, come Champagne, e che il regime si batteva contro le parole straniere in genere.
    Oggi addirittura si pronunciano le parole francesi all’inglese, come saspence e Ear Frans.
    Intendiamoci, io sono favorevolissimo allo studio della lingua inglese, che è ormai la lingua internazionale, relativamente facile da imparare e da usare, ed è la lingua degli affari, dei viaggi, degli scambi culturali. In questo senso trovo assurdo e velleitario voler introdurre l’esperanto e altri linguaggi inventati. Però l’inglese va imparato come lingua straniera.
    Credo che questa infiltrazione dell’inglese nell’italiano non sia casuale, e sia collegata al fatto che da quasi 80 anni siamo diventati una colonia degli angloamericani, e, come in tutti i Paesi colonizzati, tendiamo naturalmente ad imparare la lingua del padrone.

    R
    sta a vedere che non possiamo più usare week-end e top…veramente a me sembrano il top della praticità. Come molte altre parole inglesi che ora non ricordo ma che sono entrate a far parte del linguaggio comune.
    L’inglese sarà anche “relativamente facile” da imparare ma io sento e vedo tanti di quegli strafalcioni, come ne vedo anche in italiano, però.

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  3. La proposta di fustigare in pubblica piazza coloro che utilizzano parole anglosassoni probabilmente è un po’ esagerata, ma credo che parta da un presupposto giusto: si usano vocaboli stranieri anche quando non serve. Avendo una post adolescente a casa, mi accorgo che alcune terminologie sembrano forzate e dettate dalla moda: “com’è cringe”, per dire “imbarazzante”, o “device” per dire “dispositivo”.
    Ma la cosa che proprio non si può sentire sono le figure professionali: ormai sono tutti “Chif Busines Account Manager”, anche se si occupano di “Floor Cleaneeng” oppure di “House Walls Building”.
    Le lingue straniere, soprattutto l’inglese, è giusto conoscerle bene, ed in questo la figlia mi fa le scarpe visto che segue le serie Netflix in lingua originale. Ma le lingue straniere vanno usate per comunicare con persone straniere che non parlano l’italiano, non tra italiani.
    Meno male che Dante non scrisse: “Nel middle del journey di nostra life…”!
    R
    Già, altrimenti avrebbe preso la multa pure lui! Mauro ma allora cosa direbbe Rampelli del mio blog? Meglio non saperlo… Comunque i suoi commenti mi mettono di buonumore o good humour, thanks.

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  4. Mi fa piacere che Mauro sia d’accordo con me.
    Sono anche d’accordo con la nostra ospite che l’inglese è facile impararlo male, ma parlarlo bene è difficile, quanto e più di altre lingue.
    Però ha il vantaggio di essere “modulare” nel senso che si può imparare un po’ alla volta crescendo di livello.
    Vorrei sottolineare anche delle espressioni italiane che sono la cattiva traduzione letterale di espressioni inglesi.
    Per esempio, in Italia si dice “Dio mio!” e mai “Mio Dio!”
    Nessun italiano, se gli presentano una persona, direbbe “Come va?”, o, peggio ancora, “Come sta?”
    In Italia si dice “in condizioni gravi” e non “in gravi condizioni”, per non parlare della sostituzione dell’aggettivo “grave” con “severo” nel linguaggio medico. L’idea di una malattia che ti mette in castigo fa sorridere.
    Eppure, soprattutto nei film e alla televisione, si sentono dire certe cose in maniera ormai ricorrente.
    Io credo che, oltre al tipo di soggezione a cui ho accennato prima, ci sia la vanità di dimostrare che si conosce l’inglese, oltre, naturalmente, ad una moda che tende alla sciatteria nel parlare e scegliere il termine meno comune per distinguersi.

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  5. Lenzini, io mi sono riferito alla forzatura, per motivi ideologici, del sostituire termini stranieri ormai entrai nell’uso comune, con termini italiani improvvisati e ridicoli. Nessuno, invece, si sognerebbe oggi di bandire dal linguaggio termini quali hotel, bar, jazz, etc. ormai accettati dai vocabolari e divenuti patrimonio della nostra lingua.
    I termini nascono spontaneamente laddove c’è vitalità, sia scientifica sia culturale, e si affermano anche nei Paesi dove invece c’è un ristagno, e d’altro canto l’inglese è la lingua più diffusa nel mondo, anche questo spiega la facilità con cui certi termini entrano a far parte di altre lingue.
    Ciò non significa che dovremmo inflazionare la nostra lingua con termini stranieri in sostituzione di quelli italiani già esistenti e che esprimano chiaramente lo stesso concetto, sarebbe solo uno inutile sfoggio culturale e nel contempo una sorta di sottomissione ad una cultura straniera.

    E comunque l’italiano è la quarta lingua straniera più studiata al mondo, dopo l’inglese, lo spagnolo e il cinese, e prima del francese e del tedesco. Leggo su un bel libro intitolato “Ama l’italiano” di Annalisa Andreoni , che, sebbene l’italiano abbia un corpus lessicale inferiore a quello inglese (250 mila vocaboli contro 600 mila), se contiamo le parole che in italiano possiamo coniare con l’uso di prefissi e suffissi, la ricchezza delle nostra lingua diventa infinita; fra l’altro, gode di una grande libertà sintattica, per esempio, possiamo anteporre o posporre gli aggettivi ai nomi(nel primo caso vi aggiunge una qualità, nel secondo caso lo distingue dagli altri che non posseggono quella qualità) quando addirittura non cambi il suo significato.
    Inoltre l’italiano vanta una grande musicalità, grazie al suo sistema vocalico, che lo rende la lingua più adatta alla è musica; le parola ciao è universalmente diffusa e ha soppiantato il bye bye inglese, grazie alla musicalità delle sillabe.
    Insomma, “amare l’italiano”, senza pregiudizi per le lingue straniere, è il modo migliore per arricchire la nostra lingua.

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  6. OK, Alessandro. Tanto per restare in tema, “est modus in rebus”.
    Mi sono andato a vedere la bozza di proposta di legge, e ovviamente non si riferisce alla lingua parlata, ma ai documenti ufficiali.
    Ricordo un documento di una ventina d’anni fa edito dai servizi parlamentari, che si chiamava “Manuale per la redazione dei testi normativi” che fissava regole molto utili, e che io ho avuto occasione di seguire per la scrittura di documenti ufficiali.
    Lo scopo era di rendere i testi assolutamente chiari e non fraintendibili.
    Ricordo, per esempio, che non si dovevano usare i verbi servili, né il futuro, ma usare solo l’indicativo presente.
    Era vietato l’uso dei sinonimi, consigliato invece dalle cattive insegnanti per evitare ripetizioni cacofoniche (tipo ospedale – nosocomio, o valanga – slavina), ed era prescritto che allo stesso significato corrispondesse sempre la stessa parola.
    Era prescritto anche che si citasse sempre il numero di un articolo e mai si scrivesse “come all’articolo precedente/successivo”.
    Sono prescrizioni che si ritrovano anche nelle raccomandazioni per ottenere la certificazione ISO 9001.
    In questo ambito, a mio parere, trova spazio anche una norma che imponga di usare termini italiani anziché stranieri, qualora esistano. Fa pendant con il divieto di usare sinonimi, e permette di evitare fraintendimenti e contenziosi.
    Che poi si sia creato il “Ministero del made in Italy” non mi pare in contraddizione, perché rientra in quelle espressioni ormai entrate nell’uso, come bar, hotel, taxi e così via.

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  7. Lenzini la proposta di legge di Fratelli d’Italia va bel oltre la pubblica amministrazione, e le multe previste fino a 100 mila euro mi sembrano spropositate, anzi mi sembra spropositata tutta la legge, potrei ammettere delle “raccomandazioni”(solo nelle pubblica amministrazione) , ma non “obblighi” e “divieti”.
    La cultura -e la lingua è cultura- deve essere lasciata libera di svilupparsi spontaneamente. D’altro canto esiste già l’Accademia della Crusca che raccoglie studiosi ed esperti di linguistica, destinata allo studio e alla conservazione della lingua nazionale italiana.
    Che motivo c’è di sfornare leggi inutili? Ma pare si stia seguendo il filone inaugurato con la legge sui “rave” e “sugli scafisti” (questi perseguibili fino a 30 anni di reclusione e perseguimento esteso oltre i confini territoriali)
    https://notizie.virgilio.it/multe-fino-a-100-mila-euro-a-chi-usa-parole-straniere-la-proposta-di-legge-di-rampelli-fdi-bufera-social-1563063

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  8. Ho apprezzato Charlie Parker e Louis Armstrong (anzi, Carlo Parcheggiatore e Luigi Fortebraccio) linkati (anzi collegati) da Mariagrazia.
    A continuazione dell’iniziativa, ecco una cowboy music (anzi una musica da vaccari), molto antica e comparsa nella colonna sonora di molti film western(anzi pellicole occidentali)
    Red River Valley (Laggiù nella Valle) – YouTube
    R
    forse devi rinviare il link.

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