Una vecchia storia

Ogni volta che vedo la faccia di Berlusconi in Tv, penso di stare sognando. O meglio, di essere in preda ad un incubo ricorrente.

E’ tornato. Ed è tornato più in forma che mai. Con quello sguardo assassino e il sorriso abbagliante. Non è passato neppure un minuto da quando è stato fatto fuori da quello che sembrava un nemico agguerritissimo e che stava per metterci  k.o.: lo Spread. Ne parlavano tutti. Abbiamo lo spread alto. Ai più, a quelli che non masticano di economia questa cosa non diceva nulla. Era come dire abbbiamo la bilirubina alta. Sembrava un’analisi del sangue.

Lo spread alto. Embeh? E che fa? Poi abbiamo capito, potevamo finire tutti a gambe all’aria. Un disastro insomma.

Appena lo spread ha visto il lato B di Berlusconi mentre usciva da Palazzo Chigi,  è sceso sensibilmente. Aveva un’allergia a Berlusconi, lo spread.

A dire la verità la stessa allergia che avevo io. Ogni volta che lo vedevo in Tv, che lo sentivo parlare, che leggevo le sue prodezze: mi venivano delle bolle rosse che sembravo Maga Magò in” La spada nella roccia” mentre litiga con Merlino.

Quante ne ha combinate Berlusconi! Troppe. Ma la migliore é stata la” nipote di Mubarack”. Pare gli sia venuta in mente li per li, mentre pensava a come scappare dall’infamia in cui l’allora minorenne Ruby poteva farlo precipitare.

Ma i benpensanti e meglio parlanti, blablarono per mesi di intromissione indebita dei media nella vita privata del premier. Intromissione indebita? Ma siamo stati noi a subire un’intromissione indebita di Berlusconi nelle nostre vite private. Ci ha usato per sistemare i propri guai giudiziari e non, siamo stati per anni la spalla su cui ha pianto “miseria” (sob), ci ha rincretinito letteralmente con la Giustizia ad orologeria, con le” cene eleganti”, le corna dietro al politico illustre nelle foto di gruppo, durante le riunioni internazionali, gli apprezzamenti alle “rotondità” di Anghela Merkel, i baciapiedi al povero (si fa per dire) Gheddafi, i baci mandati all’amico Putin, il lettone del medesimo, le barzellette sconce, l'”abbronzato” rivolto ad Obama ed infine, ciliegina sulla torta: Ruby Rubacuori che ci è stata propinata in tutte le zuppe come una perla di ragazza con la quale il presidente aveva giocato a scacchi nella sua principesca dimora dopo che questa, avendo perso la memoria, vi aveva trovato ricovero per la notte, accompagnata ivi dallo scudiero di corte, un certo Fede del quale, (per fortuna) si sono perse (quasi) le tracce.

Ed ora ce lo ritroviamo ancora in Tv, come se il tempo non fosse passato e se lui non fosse un pregiudicato ex premier decaduto, che ha tenuto l’Italia per due decenni o giù di li in sospeso, sempre in attesa di qualche suo processo, sempre a pendere dalle labbre pendule del suo massimo avvocato, l’onorevole Ghedini, per conoscere il nostro destino.  E cioè se il mondo intero poteva prendersi  qualche pausa dal compatirci o deriderci, alternativamente o contemporaneamente.

E’ proprio vero: il tempo non esiste, ieri sembrava storia vecchia, oggi è una vecchia storia che si ripete.

Il redidivo ripete il suo vecchio mantra e sembra di non averlo mai sentito prima, una primizia che sicuramente coglierà nel segno un popolo stanco che attende stremato che qualcuno gli ispiri fiducia  e gli dica, finalmente, cullandolo prima che si addormenti del tutto nel sonno senza fine : “meno tasse per tutti”.

Ah, ecco, ora possiamo ritornare a dormire tranquilli. L’incubo continua.

La solo… tudine del portiere

L’ex portiere  della nazionale di calcio statunitense Hope Solo, una calciatrice coi controfiocchi, oltre che una bellissima ragazza, ha denunciato in un’intervista ad un giornale portoghere riportata daThe Guardian, che l’ex capo dell Fifa, Sepp Blatter, le ha messo una mano sul sedere durante la  consegna del pallone d’oro a Zurigo nel 2013.

Lei dice di esserci rimasta choccata. E aggiunge però che le molestie sessuali sulle calciatrici sono all’ordine del giono, da parte di tutto il personale maschile, dai medici agli allenatori. Mano morte o vive a tutto spiano.

Ci provano, insomma.  Ma tanti diranno:  ma come si fa ancora a continuare a dire di queste scemenze? Ma non hanno proprio niente da fare ‘ste donne, che se la prendono con gli uomini di potere? Deve essere una specie di congiura mondiale. E non sono solo gli uomini a parlare cosi, le donne sono in prima fila. Li assolvono. Anzi, guarda, dicono, magari qualcuno mi avesse fatto o mi facesse delle proposte, non starei tanto a guardare per il sottile, ma quante storie per un colpetto di mano sul sedere. Gli sarà sfuggito, pover’uomo, la carne è debole: ha visto questo bel…sedere di calciatrice e non ha resistito a tastarne la consistenza. E’ umano, anzi è uo-mano.

E non si fermano le denunce, ce ne sono più di una al giorno da parte di donne che dicono di avere subito molestie, ricatti, violenze da parte di personaggi famosi insospettabili.

Ora anche Sepp Blatter. Con quell’aria paciosa da signorotto che ha raggiunto la pace dei sensi, che ha passato la vita ad occuparsi di sport ai massimi livelli, uno tosto, sempre in mezzo alle polemiche di ogni genere…dove ti va a cascare, l’asino? Sul lato B di una  muscolosa calciatrice che gli avrebbe volentieri tirato un calcio sul suo di sedere se non fosse che si trattava di una cerimonia dove doveva ritirare un premio molto ambito e rimanere concentrata per fare il discorsetto di prammatica.

Certo, una cosi, si può immaginare che non sia proprio una che le lascia passare, sembra tostissima, motivata, agguerrita, ma…

Una mano che ti arriva del tutto inaspettata su un posto delicato, non un avambaccio, per intenderci, che può essere scambiato per un gesto paterno, ti lascia sconcertata. Quel posto non è certo un posto dove una mano si posa per sbaglio.

E vuole significare molto, pone molte domande senza parlare. Domande  imbarazzanti alle quali le donne non hanno alcuna intezione di dare risposte o iniziare conversazioni sul tema , si rimane senza parole se non per dire un : brutto porco, vai al diavolo. Ma neppure quello, perche il porco può sempre dire che quella mano passava di la per puro caso e che ti sei sbagliata.

Si, va bene, non facciamone un dramma, ci sono cose peggiori. Ma uno come Blatter, il quale nega recisamente (e ti pare?non c’erano certo testimoni e quella parte, si sa, non può parlare) dovrebbe passarla liscia?Con quella faccia?

Vi sembra innocente? A me no. Certo non bisogna neppure esagerare: non gli spetta il carcere (forse) e sarebbe quasi ridicolo dire che le ha fatto violenza per una mano che l’ha sfiorata.

Ma è l’arroganza del potere che fa rabbia. Quella certezza di farla sempre franca, quella faccia da: prova a dirlo in giro se hai coraggio, che da un enorme fastidio. Come se le donne, tutte le donne, non aspettassero sempre altro che qualche maiale si faccia venire idee strane e le metta in atto nei posti e nei momenti più impensati.

Ma come può venire in mente ad un simile personaggio, in un momento cosi solenne, di approfittarsene per mettere in imbarazzo una ragazza che sta vivendo un momento molto importante della propria vita?

Eppure succede continuamente in molti contesti.

Non sono d’accordo con chi paventa una deriva in cui vengano sanzionati o denunciati semplici atti di corteggiamento. Non è questo il caso e mi sembra molto ipocrita pensarlo. Anche perché é come dare delle stupide a tutte le donne che sono state e che vengono tutti i giorni infastidite, o peggio, da attenzioni non richieste, non desiderate, non auspicate e sopratutto non condivise.

Peccato capitale

“L’invidia è ammirazione segreta. Una persona piena di ammirazione che senta di non poter diventare felice abbandonandosi [rinunciando al proprio orgoglio], sceglie di diventare invidiosa di ciò che ammira…L’ammirazione è una felice perdita di sé, l’invidia un’infelice affermazione di sé.”

Ho scelto questa frase di Kierkegaard per parlare del massimo peccato capitale: l’invidia.

Non so che cosa sia perché non l’ho mai provata ma conosco bene gli effetti di quella degli altri nei miei riguardi.

Potrei sembrare presuntuosa. Ci sta. Ma voglio essere sincera, non avrebbe senso nascondersi. L’ho sentita sul collo molte volte. E’ come un venticello leggero, un sussurro, un respiro di fronde, passa leggera ma lascia il segno. Un’impercettibile senso di nausea, una leggera tachicardia e l’impressione di essere improvvisamente in pericolo.

Perché gli invidiosi possono fare male. Molto male. Invidia deriva proprio da vedere, guardare con occhi cattivi, in altre parole col mal occhio. Che sappiamo bene tutti che cosa sia. Anche a quelli che non ci hanno mai creduto è sicuramente passata vicino questa sensazione di disagio, una sorta di insetto fastidioso che non riusciamo a scacciare.

Quello è il segnale che qualcuno ci ha guardato, anche da lontano con l’occhio malo. Io faccio cosi, di solito: mi raccomando a qualcuno lassù. Non si sa mai, non è superstizione, ma semplice constatazione che l’invidia provoca una corrente malefica che passa dall’invidioso all’invidiato e può produrre danni, anche di tutto rispetto.

I miei trenta lettori si faranno una bella risata a leggere queste parole. Mi pare di sentirli. Ma chi sa di che cosa parlo non può non provare un piccolo brivido lungo la schiena a ripensare all’ultima volta in cui ha provato le sensazioni descritte.

Soprattutto le donne, soprattutto loro sanno bene di cosa parlo, sia le invidiose che le invidiate. Le prime sono di sicuro le più infelici, perché si rodono da mattina a sera per quella dote che hanno notato in quella che, a sentire loro, si da tante arie e si crede chissà chi…dote di cui lei sa di essere tragicamente sprovvista, ma che farebbe carte false per possedere. Ma perché la vita è cosi ingiusta? Si chiede l’invidiosa tra eccessi di ira che sfoga in tutti i modi possibili. Prendendosela col cielo, la terra e limitrofi e soprattutto, colpendo la malcapitata con gli strali prodotti dalla rabbia che la rode dall’interno, da mane a sera.

Studia tutte le possibili opportunità per scaricare addosso alla “vittima” le maledizioni che dovrebbero, secondo la sua mente malata (l’invidia può, a volte sfociare in nevrosi, sfido qualsiasi esperto del ramo a dire che non è cosi), almeno  in quel frangente e quando la rabbia si manifesta, colpirla, farle quanto più male possibile, insomma farla soffrire in modo che l’ansia che l’attanaglia di non essere alla sua altezza (anche per motivi banali) si affievolisca e l’invidiosa riesca a riprendere il controllo di sé. Nel constatare la sofferenza della sua vittima, l’invidiosa gode.

Ma è un godimento effimero perché non appena scopre che la sua vittima si è ripresa e sopporta i suoi strali con quasi divina rassegnazione, diventa ancora più invidiosa e allora…apriti cielo, la sua rabbia diventa incontenibile.

Non si è mai abbastanza al riparo dall’invidia del prossimo, soprattuto, ripeto, delle donne verso le altre donne. Alcune possono diventare delle vere aguzzine. Delle megere il cui unico fine è quello di colpire in ogni modo la vittima che hanno mal addocchiato. E spesso ci riescono. Pettegolezzi, offese, ingiurie, diffamazione, punteruoli che graffiano l’auto, bigliettini di scherno o spalmate di materiale nauseabondo sulla portiera dell’auto o sulla porta d’ingresso. Il tutto, ovviamente, senza mai comparire  coinvolte in queste “attività”, dando, anzi, l’impressione di essere delle vittime a loro volta. Delle perseguitate dal comportamento sempre inadeguato, sempre sopra le righe, sempre deplorevole. dell’invidiata. La quale, in genere, oltre che possedere delle doti che l’invidiosa vorrebbe tanto ma non può avere (o non si sforza per ottenere) è sempre circondata da uomini, polarizza l’attenzione maschile, ha una stomachevole facilità di attirare a sé gli sguardi. Insomma una che se la tira alla grande e gli uomini (i meno intelligenti, secondo l’invidiosa) cascano come allocchi nella sua rete.

Parlo, ovviamente con cognizione di causa. Ne ho esperienza (purtroppo) diretta. E più passa il tempo e più mi accorgo di quanto essere invidiati sia faticoso. Quasi altrettanto che invidiare. Quanto amareggi constatare che non vale il tempo che passa, non vale tutta la buona volontà per cercare di rendersi meno “invidiabile” possibile, anzi, ti fa sentire pure  falsa,  una che si nasconde, non è se stessa.

Per gli uomini è diverso, l’invidia è un fatto più sporadico anche se può scatenare persino pulsioni aggressive.

Basta dare una scorsa alle notizie politiche per rendersene conto. Il successo di quello o quell’altro politico, scatenano nell’avversario il peccato che sto analizzando: l’invidia più feroce. E basta guardare certe foto di alcuni quando vengono ripresi a loro insaputa mentre guardano in cagnesco l’invidiato: faccia livida, lineamenti alterati, ghigno stampato e guance rubizze oppure di un pallore mortale.

Epicuro ammoniva: vivi nascosto. Aveva ragione. Ma non funziona nemmeno cosi, prima o poi, quando decidi di non peterne più di nasconderti ed esci a prendere una salutare boccata d’aria, puoi ritrovarti l’invisioso tra capo e collo e la sera, immancabilmente, non riuscire neppure a girare la testa a causa di un improvviso torcicollo.

Io ho deciso di affrontarli a viso aperto, gli invidiosi, a tu per tu abbassano gli occhi, si sentono depotenziati, smarriti, sentono d’improvviso la loro meschinità e pochezza pesargli come un fardello insopportabile. La vigliaccheria li distingue sempre, è una dote, per nulla invidiabile che diventa il loro tallone d’Achille. E scappano, a gambe levate davanti a chi li guarda senza paura negli occhi.

E qualcuno riesce persino a pentirsi, a farsi schifo da solo. ma non mi faccio illusioni e non fatevene: per uno che si ravvede ce ne sono altri cento pronti a raddoppiare la cattiveria.

Salviamo il salvabile. Mettiamoci al riparo. Scudiamoci con l’ironia. Una risata, al momento giusto, se ci riesce di farla, non li seppellirà ma, almeno, li disorienterà, gli farà perdere per un momento la bussola ed è allora che l’antidoto entra in funzione e ci protegge dalle “intemperie”.

Dopo ogni temporale esce sempre il sole.

Pane e olio

Come si possa decidere di mettere a “pane e olio” dei bambini che hanno i genitori morosi, proprio non lo capisco.

E’ giusto sanzionare chi non paga, in qualche modo, ma mettere a stecchetto dei bambini discriminandoli da quelli che invece possono fruire di un pasto completo alla mensa scolastica, la trovo un’azione indegna di un paese civile.

Ora succede a Montevarchi(Arezzo) che la giunta di centrodestra abbia preso questa decisione. La sindaca dice di esserci stata costretta da un ammanco notevole dalle casse del Comune in seguito a morosità da parte di genitori che non pagavano da mesi la mensa e i trasporti per i figli. Si giustifica dicendo che le famiglie che non pagano sono tutte in condizioni di farlo.

Ma per me non è affatto una giustificazione. E’ una vergogna. Quello che conta è ripianare i conti del Comune affamando e discriminando dei bambini? Si sa come sono i bambini, fanno prestissimo a prendersi gioco l’uno dell’altro, a cogliere anche la più piccola cosa per deridere il compagno, per metterlo in berlina, farlo vergognare e farlo sentire impotente davanti alle critiche . E,  certe situazioni imbarazzanti dove non si capisce bene perché si è presi di mira e anche se si vorrebbe gridare al mondo che non si ha colpa, la voce, rimane strozzata in gola, come negli incubi in cui vorresti gridare e non ci riesci,  formano la precondizione per situazioni di ansia repressa nell’adulto

Ma che razza di mondo sarebbe quello in cui ci si accanisce contro delle creature che non si possono difendere?

Bella trovata: affamo il figlio cosi il genitore paga. E cosi sembra sia successo. Infatti i morosi, quasi tutti, si sono affrettati a pagare tranne pochi che resistono. Ma siamo proprio sicuri che tra quei genitori non ci siano anche quelli in serie difficoltà economiche ma che non vogliono dimostrarlo per pudore?

Non sono rari i casi in cui le famiglie sono ridotte sul lastrico dalla mancanza di lavoro e dove entrambi i genitori lo hanno perso o lo stanno perdendo.

E’ proprio sicura la sindaca che nessuno di loro si trovi in condizioni talmente disagiate che, tra pagare la bolletta del gas o la mensa scolastica, optano per la prima soluzione?

Ci vorrebbe maggiore sensibilità da parte di alcuni sindaci e prima di prendere provvedimenti cosi drastici e contrari persino al buon senso,si  cercassero tutte le strade per capire i veri motivi del mancato pagamento.

E nel caso di bisogno delle famiglie, gli si andasse incontro. Non sono più cosi rari i casi di suicidio di padri o madri che si uccidono e uccidono anche i figli a causa delle difficoltà a tirare avanti senza alcun reddito.

Questo caso dovrebbe interrogare la politica sulle tante situazioni di estrema povertà in cui versano ormai troppi italiani.

E, anche quando la famiglia non è povera ma semplicemente morosa, a mio parere, non devono mai e poi mai farne le spese i bambini.

 

Non ci resta che ridere

Il trio Destrano: Salvini, Meloni e Berlusconi ( i tre ni), sorride dalle foto di gruppetto dopo la vittoria alle regionali siciliane. Ne hanno ben donde: chi l’avrebbe detto? Non era  troppo difficile prevederlo, a dire la verità.

Renzi ha fatto davvero del suo meglio per perdere, “bisogna saper perdere” e lui lo ha saputo. Ha cercato la sconfitta con tutte le sue forze e l’ha trovata. Berlusconi, che non ha mai escluso il ritorno, gliene sarà grato, a tempo debito.

Furbo è furbo, Renzi, non c’è alcun dubbio. E’ la sua vendetta. Prendete 60 per cento di elettori ingrati che avete votato NO al referendum sulla riforma costituzionale. Ve la siete cercata.

Se l’era legata al dito. Che soddisfazione poter dire a quegli ingrati degli scissionisti: è tutta colpa vostra. Già, ha vinto, Renzi, altro che perso. E lui il vero vincitore. Sansone (Renzi) però non ha alcuna intenzione di morire assieme ai filistei. Tutt’altro.  Resterà a guidare il suo Pd, il perdente partito ex democratico. E a mandare avanti ancora Berlusconi ha un gusto matto. Quando i” tre ni” andranno al governo, lui farà da stampella in attesa che siano maturi i tempi per la sua rivincita.

Non ha fretta, aspetta quel sessanta per cento di traditori al varco e allora si che ci sarà da ridere.

Quattro passi

Che il pianeta sia surriscaldato, ne abbiamo prove evidenti se le temperature negli ultimi tre anni hanno battuto ogni record e sono in aumento.

Finiremo arrosto, ma noi continuiamo a pensare che sia tutta una fiaba inventata dagli scienziati perché hanno tempo da perdere. Usciamo sempre in auto anche per fare quei famosi “quattro passi”. Prendiamo l’auto per andare a canmminare. Si, ne conosco di persone che raggiungono in auto la pista ciclo/ pedonabile e poi fanno duecento metri e sono già sfiniti. Qualche esercizio di stretching per sgranchire le membra assonnate e poi, via a riprendere l’auto per fare un giretto in centro. Da semaforo a semaforo: due ore. Nelle ore di punta, certo, in quelle di tacco un’ora e mezza. Con certi mostri di macchine da traversata del deserto: vetri oscurati e ruote che arrivano all’altezza del finestrino di un’auto normale. Quando sei appaiato, in coda, ti senti un nano e guardi verso l’alto per scoprire chi si cela dietro il vetro fumè: se un essere umano  o un extraterrestre.

E poi li ritrovi parcheggiati sui marciapiedi, sulle zebre, davanti ai negozi a chiudere perfettamente l’ngresso.

Perché, fateci caso, i possessori di fuoristrada (tra i mezzi che inquinano di più) hanno tutti fretta. Sono li per un minutino e poi via, non vale a niente protestare, loro hanno fretta e perciò non facciamola tanto lunga, si tratta di essere un pelino tolleranti. E anche i vigili, ho notato, sono tolleranti con loro. Mai che ci sia una multa sul cruscotto di un Suv parcheggiato in quinta fila, che occlude il passaggio di una strada o davanti ad un portone di una casa.

Una volta mi è capitato di vedere un biglietto, appoggiato sul tergicristallo di uno di questi,  parcheggiato sul marciapiedi. Più o meno questo era il testo: ” per i vigili: abbiate pazienza mi tolgo subito, non ho trovato altro posto e andavo di fretta”.

Ma cosa c’entrano le macchine o il riscaldamento acceso col surriscaldamento globale? La maggior parte della gente pensa che non c’entrino niente. Cosa vuoi che conti se si tiene la macchina accesa mentre si aspetta che il bambino esca da scuola? O sotto casa in attesa della moglie che finisca di truccarsi? Ma dai, su, ti dicono, non diciamo stupidaggini, un po’ di fumo non ha mai ucciso nessuno.

No, no, infatti, un po’ di fumo no, ma moltiplicato per milioni di auto per tutti i santi giorni, si. Conta, eccome. Lo vogliamo capire o vogliamo davvero fare finta che il problema non esista?

Tutti increduli come Trump? Poverino, gli scienziati americani gli hanno confermato che il clima è cambiato a causa dell’uomo. E che non è una bufala come lui sostiene.Il surriscaldamento è opera dell’uomo e dell’inquinamento che provoca. Vedremo se se ne convince.

Nei prossimi 80 anni il livello del mare potrebbe crescere fra i 30 cm. e 1,2 metri. O anche di più. Molte città potrebbero sparire. La prospettiva è terrificante ma sembra che non faccia il cosiddetto baffo a nessuno.

A me, invece, preoccupa molto. Per distrarmi vado a fare quattro passi.

A piedi.

 

In che stato!

Berlusconi gli ha detto: “togliti dai piedi, emigra, va in Cina”. E cosi ha fatto. Matteo Renzi, dopo la sceneggiata in chiesa a Paestum, ha pensato bene di scendere dal treno e salire sul primo aereo per l’America. Cosa ci sia andato a fare non ha importanza. Ufficialmente, per parlare, a Chicago, della sua visione dell’Europa. Ma in realtà lo sa solo lui. Sembra che sia assieme ad una scienziata, da anni in America, ingegnere elettronico, pluripremiata , responsabile degli italiani all’estero del Pd. Giovane e molto carina, originaria di Marsala.

Certo, fosse rimasta da noi, a quest’ora sarebbe a mendicare un tozzo di pane precario a qualche Agenzia Intestinale.

E, invece, fiera e felice, accompagna il segretario in giro per convegni sul  tema che gli sta più a cuore: “Riuscirà il Pd di Renzi a reggere l’urto della batosta delle regionali siciliane? Previsione azzardata? Forse, ma il fatto che abbia di gran fretta levato la sua faccia da quella competizione, mi sembra un chiaro messaggio: sa che rischia di prendere delle gran musate e lui alla sua faccia ci tiene. La mette dappertutto, ma è anche pronto a levarla quando serve. E lasciare che campeggi a tutto tondo il faccione ripristinato agli onori della visibilità mediatica, di un Berlusconi riveduto e corretto nei contorni dell’ovale e dell’occhio ceruleo.

La faccia di Renzi, imbolsita e resa opaca dallo stress, non era nella forma giusta. Questo giretto in America servirà a ridarle turgore e luminosità.

Ma ha già detto che lui, vada come vada, le tende non le leva. Rimane a capo del Pd dovesse cascare il mondo. Non se ne va. Il Pd ha bisogno del suo segretario e il suo segretario ha più che mai bisogno del Pd.

Cosa farebbe altrimenti Matteo Renzi se non facesse lo sfasciapartiti di centrosinistra?

Come scrittore avrebbe già una strada aperta, il suo “Avanti”, ha avuto un successone di pubblico e di critica ma è troppo poco per uno come lui. Deve rimanere al suo posto per avere abbastanza materiale per scrivere il prossimo: “C’ho provato”.

Intanto, ha chiesto asilo politico in Vaticano per quando rientra. Vuole provare a fare qualche esercizio spirituale anche se avrebbe più bisogno di esercizio fisico con la pancetta che si ritrova. Ma è pancia di politico, non deve impressionare, si sa che i politici sono delle buone forchette. Lui, poi, usa solo posate d’argento “circoncise da Benvenuto Cellini”. E’ un raffinato.

Qualche esercizio spirituale gli farebbe bene però, visto che tutti lo criticano e gli dicono che non è capace di ascoltare. In silenzio, nei giardini pontifici, con un breviario in mano, ascoltando il canto degli uccelli, potrebbe riflettere sul fatto che sta trascurando un poco la propria interiorità, tutto teso com’ è a fare “gli interessi del paese”.

E potrebbe tornare un Renzi nuovo: docile, buono, accogliente, inclusivo, empatico. Ma, pare che papa Francesco abbia negato il visto d’ingresso. Pare che tema per la tenuta dello Stato Pontificio e soprattutto che Renzi voglia usurpargli il trono.

Vade retro, pare gli abbia mandato a dire. ha già abbastanza guai di suo, ci manca solo che si prenda in casa il figlio segreto di Berlusconi. E poi, papà Tiziano potrebbe essere geloso e Maria Elena potrebbe volere farsi monaca per stargli accanto…no, no, mai mischiare il sacro col profano. Regola aurea alla quale il pontefice non intende derogare.

Libera chiesa in libero stato. In che stato!

I due amici

Questa mattina mi sono accorta di un condominio in costruzione, cresciuto dal giorno alla notte, in uno dei pochissimi spazi verdi rimasti nella mia città. Un pezzo di terra, una sorta di boschetto recintato, proprio in centro, salvatosi dalla speculazione, quasi per miracolo.

Ti sparisce la terra da sotto i piedi e alberi centenari vengono rimossi dal paesaggio come fossero oggetti ingombranti e fastidiosi. Tanto inquinamento e la conseguente pessima qualità dell’aria lo dobbiamo anche a questo scriteriato e continuo abbattimento di alberi sani. Mi è venuto un nodo alla gola e mi sono ricordata di un racconto che avevo scritto  dopo aver assistito all’abbattimento di alcuni splendidi pioppi ed ispirato dalla notizia che avevo letto su un giornale di un signore che piantava alberi, nella sua citta, dovunque trovava uno spazio libero per contrastare il cemento.

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Ormai lo conoscevano tutti in città. La sua auto portava sempre sul tettuccio un paio di alberelli e nel bagagliaio, una vanga, una falce e una tanica d’acqua. Paolo era conosciuto come “l’uomo degli alberi”.

Aveva un bel lavoro e una bella famiglia: moglie e due figli che andavano alle superiori, un ottimo lavoro in una multinazionale dove era amato e rispettato da tutti.

Ma appena aveva un minuto libero, Paolo lo impiegava per cercare i posti adatti per piantare alberi che poi curava personalmente.

Da quando aveva iniziato questa sua “attività” non remunerata che faceva per puro piacere personale, ne aveva piantato quasi cinquanta e poteva andare fiero, se la sua città, pur se fatta oggetto da anni di una speculazione edilizia incontrollata, poteva considerarsi ancora una città verde e un posto piacevole, nonostante tutto, dove vivere.

Aveva ereditato la passione per la natura e gli alberi, in particolare, dal papà che aveva coltivato fino alla morte un bellissimo orto e un piccolo frutteto in periferia, dove c’era ancora la casa di famiglia e dove ancora abitava l’anziana madre. Ogni tanto andava a trovarla e, assieme ai fratelli, badava all’orto e al frutteto in modo che non deperissero.  E buona parte della frutta e verdura che vi veniva coltivata, bastava al fabbisogno alimentare di ben quattro famiglie.

Paolo amava gli alberi come si può amare dei figli o dei fratelli o amici. Li piantava nei punti più disparati della città. Ovunque trovava un posto libero, magari ai margini di qualche cantiere o lungo strade periferiche, altrimenti disadorne dopo che il Comune aveva abbattuto le piante secolari che le adornavano, per ragioni di sicurezza, dicevano.

Ma lui , ora cinquantenne, ricordava molto bene quei viali dove passava in bicicletta assieme al padre da bambino e che d’estate erano un tunnel ombroso e confortevole nella calura e l’autunno le foglie coloravano le strade coi colori del sole che le tingeva di tutte le gradazioni del marron bruciato, del giallo e del rosso e che scricchiolavano sotto i suoi piedi quando le calpestava.

Compagni ed amici, li aveva sempre considerati cosi. E nel frutteto, da bambino, mentre guardava il padre piantare i piccoli arbusti che sarebbero diventati alberi rigogliosi e carichi di frutta, aveva imparato a considerarli degli esseri viventi, alla stregua degli uomini o animali. E gli parlava,  accarezzava i tronchi levigati o ispidi, si arrampicava su di loro per arrivare a cogliere l’ultimo frutto maturo sul ramo più alto.

Quel giorno Paolo aveva caricato sull’auto una bella magnolia, ancora un arbusto ma già carico di foglie, un piccolo pino odoroso, la tanica da 20 litri, i suoi utensili ed era partito per la sua missione, verso il tramonto. Voleva sbrigarsi per poter raggiungere i suoi per la cena.

Aveva individuato un posto ideale per piantarci i due arbusti e il giorno prima aveva messo due cartoni sui punti precisi dove intendeva piantarli.

Si trattava di una piazzola di sosta, sterrata, ormai abbandonata a causa di una rotonda che aveva deviato il traffico e dove crescevano ciuffi di erbacce e dove poco lontano si intravedeva una gru che sostava sopra alcune palazzine in via di costruzione.

Il posto era appena fuori dalle arterie principali del centro e poteva costituire un luogo adatto per piantarci, nel tempo, un piccolo boschetto che avrebbe compensato, almeno in parte, tutto quel cemento che andava coprendo una parte cospicua, ancora miracolosamente libera, di suolo.

Ma avvicinandosi al posto, Paolo aveva scorto, ancora da lontano, che era occupato da qualcosa che non distingueva ancora bene. Lo scoprì ben presto.

Era un’ auto agganciata ad una vecchia roulotte che prendeva buona parte della piazzola e sostava  sopra i cartoni che Paolo aveva messo la sera prima.

Scese dall’auto e si avvicinò. Bussò al finestrino della roulotte perché gli era sembrato di vedere qualcuno muoversi al suo interno.

-Si?

–  Era la voce di un uomo che rispondeva affacciandosi al finestrino.

– Scusi, disse Paolo – ma lo sa che qui non è un campeggio e non si può sostare?

– Lei é dei vigili?

– No, ma sono amici miei e le posso dire che conosco come la pensano e poi qui ci devo piantare due alberi, pensa di fermarsi molto?

L’uomo fece un cenno di aspettare. Dopo alcuni minuti uscì. Si presentò porgendo la mano. Era un uomo alto e robusto, più o meno coetaneo di Paolo.

Lo invitò a salire sul veicolo ma Paolo rifiutò. Non poteva fidarsi cosi ingenuamente di questo sconosciuto.

L’uomo sembrò capire la sua diffidenza e apparve di colpo rattristato e invecchiato.

Si sedette sullo scalino della roulotte e cominciò a parlare con un tono pacato e guardando davanti a sé come se fosse stato solo. Raccontò, semplicemente e con proprietà di linguaggio, che era separato, che aveva lasciato la casa alla moglie ed ai figli, che aveva perso il lavoro,  i suoi erano tutti giù in meridione e che era solo ed era stato sfrattato perché non pagava da mesi l’affitto. Un amico gli aveva prestato la roulotte e si era messo nel primo posto che aveva trovato e questo gli era sembrato appartato ma allo stesso modo, non lontano dal centro dove si recava per cercare un lavoro qualsiasi. Era stato export- manager di una grande azienda che aveva licenziato oltre a lui un sacco di altra gente che si era trovata in mezzo alla strada da un giorno all’altro.

Aveva raccontato tutto questo con poche parole e il suo sguardo era più volte sembrato appannarsi e le parole farsi inudibili ma si era sempre ripreso.

  • Scusa, sai, ho bevuto tutto il cartone e forse si sente. Non sono un ubriacone ma stasera non ho saputo trattenermi. Lo disse di getto, senza guardare l’interlocutore, si capiva che provava vergogna.
  • Non preoccuparti, rispose Paolo, succede. Capisco.
  • Andrai a denunciarmi?
  • Ma no, anzi, dirò al mio amico capo dei vigili di chiudere un occhio se può, è una brava persona, vedrai capirà.
  • E i tuoi alberi?

Paolo sembrò riscuotersi  e ricordarsi solo in quel momento il motivo per il quale era li.

  • Li pianto lo stesso, basta che ti sposti di qualche metro, ti faranno compagnia, li innaffierai e quando avrai trovato casa e lavoro li verrai a salutare qualche volta, cosa ne dici?

L’uomo annuì col capo e sorrise leggermente con la piega della bocca, mentre il resto del volto rimaneva impassibile.

Poi, dopo qualche minuto di silenzio quasi imbarazzante fece cenno a Paolo di attendere e salì sul veicolo che era diventato la sua casa. Ne tornò dopo qualche minuto con un piccolo oggetto in mano

Era una piccola maschera intagliata nel legno, l’uomo gli raccontò di averla acquistata in uno dei suoi tanti viaggi in Africa. Gliela donava come portafortuna perché gli era riconoscente del fatto di essere stato la prima persona in tanti mesi ad averlo ascoltato cosi a lungo.

Poi salì in macchina e si spostò di qualche metro.

Giusto quel tanto che bastava per far posto a due nuovi amici.  Mentre si apprestava a scavare, Paolo pensò che gli uomini e gli alberi, in fondo, hanno tante cose in comune.

 

 

 

Nessuna pietà

Dopo aver letto molto sul caso del produttore americano Weinstein , mi sono accorta che a questa storia manca qualcosa. Non sapevo bene cosa, poi ripensandoci ho capito cosa manca. Manca qualsiasi accenno ad un, seppur larvato, sentimento di vicinanza al prossimo. Nessuna pietà, neppure l’ombra.

Non sempre, ma quando di parla di rapporti sessuali, l’amore dovrebbe essere sotteso. Nel caso in questione c’era solo l’avidità di potere di un uomo di potere. C’entra poco anche il fatto che l’arma del ricatto fosse il sesso. Ci vedo la volontà sistematica, quasi scientifica, di dimostrarsi potente. Nel senso di imporre la propria volontà ad una donna.

Il caso andrebbe studiato da uno psicanalista del profondo. Definirlo, come ha fatto Asia Argento (una delle sue vittime) “orco”, gli da già una precisa connotazione di un uomo avido e vorace. Ed un motivo ci deve pur essere.

A leggere la cronaca di quelle violazioni di donne che si presentavano a lui nella sua veste di produttore cinematografico,viene un moto di ribrezzo nel constatarne l’automatismo, quasi una fredda procedura alle quali l’uomo sottoponeva le sue vittime. E la cosa ancora più perversa era il piacere che deve avere provato al pensiero che non avrebbero mai avuto il coraggio di denunciarlo per paura di perdere il lavoro e che, al contrario, formalmente , gli avrebbero dovuto persino dimostrare riconoscenza. In pubblico avrebbero dovuto persino dimostrare devozione , quasi una sorta di affezione. E per molte di loro è stato così.Nonostante la rabbia e i sentimenti di colpa, di disistima verso se stesse e di impotenza.

Una perversione morale abietta che non può non avere motivazioni psicologiche profonde. Ma questo non significa dare giustificazioni ad un simile comportamento, al contrario. Il fatto che non sia corso ai ripari subito, al primo manifestarsi della “malattia” significa che la sua abiezione era tale da soffocare qualsiasi pur recondito, anche infimo senso di colpa. Colpa che ora è giusto che paghi.Non c’è dubbio. E non vale dire che come lui ce ne sono tanti, anzi, tantissimi. Al contrario, il fatto dovrebbe preoccupare e mettere in guardia su come la società cosiddetta”civile”, nel mondo occidentale, abbia permesso che crescessero e si propagassero di queste perversioni.

La riprovazione, in molti casi finta, della società, che compare solo a cose fatte è una conferma che l’ipocrisia è una “qualità” che contraddistingue molti comportamenti umani.

In tanti sapevano ma tutti tacevano. Frase che si sente dire spesso e in molte circostanze. Perché denunciare costa. Costa molto, in certi casi. E non parlo solo delle donne coinvolte, ma di tutto quel mondo “dorato” che gira intorno alle case di produzione, a certi ambienti che coltivano quasi amorosamente i più squallidi riti, quasi fossero prassi consolidata.

Ma che si estende a moltissimi campi dove la sottomissione della donna, usata come trastullo sessuale, è quasi la regola. Certo, molto dipende anche dalle donne che si lasciano usare. Non c’è alcun dubbio. Nei casi in cui non siano costrette con la forza ( e capita fin troppo spesso),nei casi in cui non ci sia un’imposizione violenta,allora la donna avrebbe il diritto/dovere di mandare al diavolo chi le fa certe proposte oscene e di denunciarlo.

Ma sappiamo bene che non è cosi semplice. E sappiamo bene che, spesso, è la società stessa, quella che dovrebbe chiudersi intorno alla vittima per proteggerla e consolarla, a comportarsi come il più spietato dei giudici. Senza pietà. E che il carnefice, troppe volte, diventa vittima e viceversa.

Oliviero contro i veneti

Non mi permetterei mai di dire dei toscani, quello che Oliviero Toscani dice dei veneti. Ma non mi permetterei di dirlo di nessuno. Ma il vizietto di questo signore, di questo artista un po’ bislacco, sembra essere quello di sparare a zero contro i veneti. Non resiste. Ora dice che tutti i veneti che hanno votato al referendum sono “mone” e contadini analfabeti, mentre i pochi che non lo hanno fatto sono l’elite di intellettuali.

Bene e allora? Sono veneta ma non mi sento offesa da queste parole, lo ritengo un personaggio che ha qualche problema di identità, uno che vuole stare sempre sulla scena, apparire sempre e dire quello che gli passa per la testa.  Per quello lo compatisco ma non mi sta certo simpatico.

Già, qualche tempo fa ci aveva dato degli ubriaconi, a tutti, nessuno escluso, compresi i  poppanti. Io sono astemia da una vita, ma faccio testo perché mi ha compresa tra questa categoria visto che non mi ha chiamato fuori per nome e cognome.

E’ stato denunciato e assolto e ci ha pure preso in giro. Ubriaconi non è un’offesa ma solo una categoria dello “spirito”, evidentemente.

Non dico che ai veneti (in generale) non piaccia il vino, no,… ma ai toscani? Forse a loro non piace? E a Toscani, piace? Mi sa di si e mi sa che ne fa grandi libagioni, più di quanto non voglia far credere. Ma io non mi sognerei mai di andare a dirlo in giro, mi prenderebbero per matta.

Invece lui, per che cosa viene preso? Per uno che parla a vanvera, nel migliore dei casi, almeno dai veneti.

Non si merita tutta questa pubblicità gratuita uno che ha di queste opinioni e ci tiene tanto a farle sapere. Oltre che un esibizionista mi sembra uno che non riesce a stare senza ricavarsi un posticino nei giornali dove si parli delle sue “sparate”.

Mi piacerebbe che me lo dicesse in faccia che sono “mona” e contadina ignorante, gli risponderei per i versi e gli spiegherei che quando si parla in pubblico se proprio non si può farne a meno, sarebbe bene darsi prima una controllatina ai freni inibitori ed una regolata alle valvole della buona creanza e se proprio vuole farsi pubblcità insultando un popolo intero, poi, a cose fatte, si metta davanti allo specchio e si dia del mona da solo. Perché solo un mona può dire certe cose e continuare a credersi un anticonformista. Cosa che Toscani non è mai stato, nonostante tutte le sue trovate per ritagliarsi uno spazio nel mondo e far credere di esserlo.

La sua faccia, a guardarla bene mi ricorda molto una pubblicità, una delle prime, sulla quale aveva messo la sua firma e che all’epoca scandalizzò molto ma fu molto utile per fare pubblicità a se stesso più che all’oggetto che pubblicizzava: un paio di hot pants con tanto di “contenuto” più fuori che dentro e con una scritta di grande richiamo mutuata da un’esortazione evangelica.

Totò, guardandola avrebbe esclamato: “quella faccia non mi è nuova”.

Neppure per Toscani lo è visto che la vede ogni mattina guardandosi allo specchio.