Buttarla in caciara

Semplicemente ridicolo definire “uominicidio” l’omicidio compiuto da una donna nei riguardi di un uomo (evento raro). Ridicolo perché già omicidio definisce l’uccisione di un uomo (l’umanità è composta da uomini e donne). Voler ridicolizzare un fenomeno cosi complesso e che comporta un mondo di dolore per chi ne subisce le conseguenze (i familiari delle donne uccise e i loro figli) è solo voler ridurre e sminuire il femminicidio e riportarlo su un piano di “parità”. Che non esiste tra maschi e femmine nella vita di tutti i giorni, ancora, nel terzo millennio nonostante tutte le lotte femministe, ma che deve esistere, per qualcuno, sul piano della violenza. Cioè, in soldoni, le donne uccidono quanto gli uomini, perché definire l’uccisone di una donna diversamente da omicidio? Perché il termine definisce la brutalità con la quale i familiari stretti o i compagni, uccidono le figlie/compagne perché si “ribellano” a situazioni che ritengono invivibili o per mancanza di autonomia. E che le donne possano decidere per sé, ancora, nel terzo millennio, viene visto da alcuni o molti, una cosa insopportabile. Io trovo insopportabile invece il tentativo di omologazione di fenomeni ben diversi e distinti al solo scopo di polemizzare con le campagne di sensibilizzazione contro le violenze sulla donna e buttarla in caciara.

Pubblicato oggi su Italians del Corriere della sera

21 commenti su “Buttarla in caciara”

  1. E chi l’ha autorizzata a postare sul suo blog il mio intervento pubblicato su Italians?
    Se avessi voluto condividerlo l’avrei fatto io. Invece da tempo (forse non se n’è accorta?) sto alla larga da questo blog per non inzaccherarmi coi suoi inutili diktat a cui sottopone i suoi fedelissimi adepti! Quindi la invito cortesemente a cancellare il link del post con il mio intervento. Grazie.
    R

    Nel momento che viene pubblicato è già condiviso. Ma visto che mi invita “cortesemente” lo cancello volentieri. Lo avevo fatto per chiarezza e per permetterle di replicare. Stia pure alla larga. Chi vuole sa come trovarlo visto che è “pubblicato”.
    Ma non si permetta mai più insinuazioni del tipo di quelle che fa su chi commenta questo blog. Qui non ci sono ” fedelissimi adepti”. Se lei non scrive più qui lo sa lei il perché ma il motivo lo si evince benissimo anche da come si esprime.

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  2. @Mariagrazia: avevo notato anche io quell’intervento e mi era sembrato parecchio superficiale (un caso non fa né fenomeno né statistica). Poi ho notato che proveniva da un utente che ama andare controcorrente (credo per impostazione personale, per riflesso, non saprei) e questo me lo ha fatto ridimensionare.
    Vero è che noi uomini ci sentiamo in una qualche misura accerchiati. Questo è quanto percepisco tra colleghi sul lavoro per esempio. Siamo cresciuti con un modello (uomo=capofamiglia) ci ritroviamo in un’altra realtà (per fortuna!): Anche se tuttora avvantaggiati in diversi contesti, non siamo più i capetti, né in casa né, sul lavoro, né in società. Chi non ha le spalle abbastanza larghe per reggere questo fatto, crolla. La violenza sulle donne (nei confronti della propria compagna credo sia il reato più odioso che si possa consumare tra le mura di casa) tradisce tutta la debolezza ed insicurezza che vive il mio genere di appartenenza. Per questa sua specificità concordo nel ritenerla diversa da altre categorie di violenza. Cordiali saluti.
    R
    non si senta accerchiato Francesco, sapesse quante volte le donne hanno questa spiacevole sensazione…
    Grazie comunque e cordiali saluti anche a lei.

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  3. Lei è la prima che oggi su Italians l’ha palesemente buttata in caciara su una materia sulla quale dimostra la sua totale incompetenza. Lei stessa infatti afferma che omicidio si riferisce all’umanita. Ivi comprese le donne. Chi è la la butta in caciara?

    R
    lei! Che non capisce manco quello che legge a quanto pare. Sono questi i suoi argomenti? Ancora contro di me e la mia da lei presunta “totale incompetenza”? Anche questo adesso? Non crede di essere un tantino supponente? Eppure da donna potrebbe commentare nel merito della questione e spendersi per migliore causa che criticare me. L’evidente sua antipatia nei miei confronti (incomprensibile visto che non ci conosciamo e non mi risulta di averle mai pestato i piedi, ma forse un’idea ce l’ho) non è materia di discussione se non vuole vedere le mie lettere pubblicate qui o altrove semplicemente non le legga, mi ignori. Lei non ha titoli per criticarmi o “psicoanalizzarmi”, ma lo ha già fatto pubblicamente cosa cerca di più? Pretende di farlo anche sul mio blog? Non crede di volere un po’ troppo? La smetta! qui si discute dei temi che interessano tutti non di me e del mio carattere e non si chiede conto alle persone che scrivono sul perché scrivono e se pubblicano e perché pubblicano e non si fanno polemiche pretestuose. Lei questo fa: polemica pretestuosa, qui non le è concesso. Ma se insiste con questo atteggiamento sappia che finisce anche lei “cortesemente” nel cestino, donna avvisata…e non mi intasi il blog con le sue inutili e pretestuose repliche.

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  4. Francesco, la passo io perché ho notato che nonostante il suo commento appaia sulla lista, non si apre e perciò lo copio incollo qui. (Ogni tanto il blog, col nuovo sistema, da un po’ i numeri)…

    @Mariagrazia: avevo notato anche io quell’intervento e mi era sembrato parecchio superficiale (un caso non fa né fenomeno né statistica). Poi ho notato che proveniva da un utente che ama andare controcorrente (credo per impostazione personale, per riflesso, non saprei) e questo me lo ha fatto ridimensionare.
    Vero è che noi uomini ci sentiamo in una qualche misura accerchiati. Questo è quanto percepisco tra colleghi sul lavoro per esempio. Siamo cresciuti con un modello (uomo=capofamiglia) ci ritroviamo in un’altra realtà (per fortuna!): Anche se tuttora avvantaggiati in diversi contesti, non siamo più i capetti, né in casa né, sul lavoro, né in società. Chi non ha le spalle abbastanza larghe per reggere questo fatto, crolla. La violenza sulle donne (nei confronti della propria compagna credo sia il reato più odioso che si possa consumare tra le mura di casa) tradisce tutta la debolezza ed insicurezza che vive il mio genere di appartenenza. Per questa sua specificità concordo nel ritenerla diversa da altre categorie di violenza. Cordiali saluti.
    R
    non si senta accerchiato Francesco, sapesse quante volte le donne hanno questa spiacevole sensazione…
    Grazie comunque e cordiali saluti anche a lei.

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  5. Signora Gazzato, sono d’accordo con lei che l’omicidio di un uomo non è necessariamente un maschicidio, come quello di una donna non è necessariamente un femminicidio.
    Per esempio, le uccisioni per rapina, per incidente stradale e così via.
    Si può parlare di femminicidio quando una donna viene ammazzata per una motivazione collegata in qualche modo al suo essere donna.
    Per esempio, dal marito o dal compagno geloso, o violento, o dopo uno stupro ecc…
    Analogamente i maschicidi, che effettivamente sono pochi, dovrebbero seguire la stessa regola.
    Una donna che accoltella il compagno, come accaduto di recente, per me è un maschicidio, perché è un episodio determinato da un rapporto di coppia malato.
    Quando ero giovane e non c’era ancora il divorzio, non erano poche le donne che ammazzavano o facevano ammazzare il marito facoltoso per godersi i suoi soldi con l’amante.
    Forse anche quelli si potevano considerare maschicidi.
    R
    facciamo un po’ di chiarezza: il senso della mia lettera è che non si può mettere sullo stesso piano l’omicidio e il femminicidio, questi sono compiuti in maniera efferata e premeditata dai compagni o familiari delle vittime e sono molto frequenti purtroppo, viceversa l’omicidio di un uomo compiuto da una donna è piuttosto raro e spesso si tratta di autodifesa.
    Come, forse, nel caso di Bergamo non ancora del tutto chiarito.

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  6. Cito testualmente: “che le donne possano decidere per sé, ancora, nel terzo millennio, viene visto da alcuni o molti, una cosa insopportabile”. Si riferisce a uccidere il compagno come è accaduto nella bergamasca? Quindi per lei una donna per essere libera “nel III millennio deve poter decidere” di uccidere il compagno con un solo fendente?
    Vogliamo anche parlare del fatto che in questo caso la donna 51enne ha ucciso il suo “toyboy” 31enne con il quale conviveva da 10 anni quando quindi era un aitante ventenne? Devo aggiungere altro?
    R
    Ha capito benissimo a cosa mi riferisco ma le va di insinuare cose che non esistono.
    Intanto però la donna che ha ucciso il compagno, lo ha fatto durante una lite senza premeditazione e non è chiaro se si si stesse difendendo da lui, ha cercato di rianimarlo e poi ha chiamato il 118, invece questo…
    https://www.fanpage.it/milano/lho-uccisa-a-martellate-perche-mi-stressava-ezio-galesi-confessa-lomicidio-della-compagna-elena-casanova/
    ha ucciso in maniera premeditata e brutale come quasi tutti i femminicidi calcolati e spietati e non in un momento d’ira e non si conosce ancora bene la dinamica, ripeto, dell’omicidio di Bergamo.
    E comunque questi casi sono molti meno rispetto ai femminicidi.
    La sua si chiama arrampicata sugli specchi.

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  7. “non si può mettere sullo stesso piano l’omicidio e il femminicidio”
    Bah, da un punto di vista filologico e un po’ pignoletto e pedante forse no, ma è un’ affermazione pericolosissima e scivolosissima. Stabilire una graduatoria tra due orrori aggrava l’uno ma alleggerisce contemporaneamente l’altro: dire che il femminicidio è PIU’ grave è lo stesso che dire che un omicidio “semplice” è MENO grave, e non credo sia quello lo scopo finale. Succede quando cerchiamo di definire la guerra PIU’ terribile, e accettiamo automaticamente che esista quella MENO terribile (perchè?) dove la gente muore ugualmente ma con la bandiera sbagliata e quindi cavoli loro.
    Alcune graduatorie sono semplicemente inaccettabili: qui scendiamo in piazza invocando rappresaglie planetarie se muore un prigioiero in Egitto, ma saremmo disposti ad accettare inchieste e sanzioni internazionali per tutti le morti in carcere che abbiamo noi? (e ne abbiamo tante, e in crescita). Proteste diplomatiche per le condanne a morte cinesi e lingua in bocca per le condanne in USA?
    Un morto è un morto, punto.
    O ci fermiamo davanti alla vita interrotta prima del tempo per mano di un consimile, e ne proviamo un orrore totale e senza aggettivi, oppure Nessuno Tocchi Caino diventa un circolo delle bocce.
    R
    allora vediamo, si è la stessa cosa, statistiche alla mano tanti uomini uccisi da donne e viceversa, parità assoluta eh che scherziamo?. Ma in che film?
    Poi se volete capire quello che vi fa più comodo accomodatevi, estrapolare qualche frase per fare i furbi e dire quello che io non dico affatto, prego… vi passo senza commentare ma cerchiamo di non inventarci cose che non esistono per fissare punti nell’universo e dire che il dito guarda la luna.
    Certo che un morto è un morto ma questo non è il punto, Nencioni, e lo sai benissimo anche tu! E comunque allargare troppo il discorso serve solo a fare ulteriore confusione. A mio avviso. E anche questo è buttarla in caciara!

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  8. La questione è solo lessicale. Esiste infatti un termine in uso per definire il fenomeno dell’assassinio della compagna/moglie/partner/ fidanzata: “uxoricidio”. Ecco perché femminicidio è fuorviante. E in caso di una coppia tra due donne? Come lo chiamereste?
    Ecco perché il termine va ABOLITO!!
    R
    Non vedo proprio perché dovrebbe essere abolito. E non è affatto una questione lessicale ma c’è un mondo dietro.
    “Il termine femminicidio (più raramente chiamato anche femmicidio o femicidio[1]) è un neologismo che identifica i casi di omicidio doloso o preterintenzionale in cui una donna viene uccisa da un individuo di sesso maschile per motivi basati sul genere[2]. Esso costituisce dunque un sottoinsieme della totalità dei casi di omicidio aventi un individuo di sesso femminile come vittima. Il significato di tale neologismo è per estensione definito come «qualsiasi forma di violenza esercitata in maniera sistematica sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuare la subordinazione di genere e di annientare l’identità attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico della donna in quanto tale, fino alla schiavitù o alla morte»[3][4], in linea quindi con la definizione di violenza di genere[5]. In questi termini è oggetto dell’attenzione mediatica[6] e di interventi istituzionali[7][8]:

    Il termine uxoricidio è troppo generico e significa anche per estensione : uccisione del coniuge e veniva usato quando era ancora in vigore il famigerato “delitto d’onore”
    E’ strano che provenga proprio da una donna la richiesta di abolire un termine ormai entrato nell’uso comune e riconosciuto universalmente. Che lo faccia un uomo non mi stupisce: è l’uomo che uccide la compagna con feroce brutalità magari dopo anni di una relazione improntata sulla violenza domestica, e sullo stalking, sulle minacce e ogni altro genere di vessazione che le donne spesso subiscono in silenzio per paura e non denunciano. E spesso se denunciano non vengono prese sul serio.
    Non si tratta di omicidio o uxoricidio ma proprio l’uccisione della femminilità della donna intesa come una sua prerogativa che spicca e ha una sua collocazione paritaria nella donna.
    Molti uomini pensano ancora che la donna debba sottostare alla loro volontà, non le consentono di avere idee proprie e di essere libera di decidere anche di chiudere una relazione se questa porta solo infelicità. No, la donna non se lo può permettere perché significherebbe umiliare il maschio della coppia che è ancora convinto della propria supremazia. Intimamente convinto anche se la legge parla chiaro e la Costituzione pure. Ma siamo ancora molto lontani dalla vera parità, troppi condizionamenti che derivano dal passato che vedevano le donne sottomesse al volere del marito o padre.
    Per fortuna molte cose negli anni sono cambiate ma non del tutto però e rimane nel DNA maschile (in generale) l’idea distorta di avere ancora sulla moglie, sulla compagna o sulla figlia, un diritto di vita o di morte.
    Ecco perché il maschilismo è ancora duro a morire, soprattutto se è radicato anche nelle donne che non capiscono che essere complici (lo sono molte madri e sorelle che non denunciano le violenze di cui sono consapevoli nei confronti delle nuore o cognate e ci metterei anche le vicine che sentono e non fanno nulla, anche solo una telefonata potrebbe salvare una vita) degli uomini che hanno questa visione distorta delle donne, le porta ad essere vittime senza esserne consapevoli e non aiutano il processo di emancipazione della donna ma, per un malinteso senso di rivalsa nei confronti delle altre donne e ancora più malinteso sentimento di “vicinanza” agli uomini , lo ostacolano.
    E in qualsiasi modo lo si chiami, si tratta di un crimine orrendo e senza alcuna giustificazione e, nello stesso tempo di un fatto culturale che implica valori come la parità e la libertà e la possibilità che esista davvero una “pari opportunità” in tutti gli aspetti della vita. Vita che viene soppressa dal compagno o dal marito o dal padre proprio per negare queste sacrosante libertà alla donna a cui viene negato il diritto stesso all’esistenza.

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  9. Non è a me che devi fare domande, è a te stessa.
    Tutte le società accettano, per motivi pratici, una certa quantità di orrore, e sempre per motivi pratici trovano ottime scusanti che consentono di gestirlo senza troppi intoppi.
    Ma l’ essere umano dovrebbe essere in grado, e speso se ne vanta, di assumersi queste responsabilità: non per assolversi ma per capire e utilizzare il male di oggi per il bene di domani. Compito terribile, faticoso, doloroso: ma ci sarà pure un motivo per cui abbiamo il cervello più complesso del mondo.
    Nella nostra società “avanzata”, soprattutto occidentale, si è invece affermata la tendenza a risolvere i problemi alterando il glossario che li descriveva fino al giorno prima. Per cui le invasioni diventano esportazioni di valori, le guerre non si devono chiamare così ma “operazioni speciali” o “peacekeeping” o “polizia internazionale”, l’omicidio viene spezzettato in sotto-categorie più gestibili dai media, e tutto ciò che una volta veniva considerato come disordinato, egoistico, velleitario, prepotente, persino perverso, viene scaraventato nel calderone dei “diritti” così non se ne discute più.
    Un morto è un morto ed E’ il punto. Proprio quello, e principalmente quello. Puoi acccettare il morto ammazzato da Tizio e condannare la vittima di Caio, ma non puoi annullare la fine di una persona, della sua storia, dei suoi legami col mondo, con gli affetti, con l’universo intero, trovandogli una definizione fighetta.
    Non è un allargamento del discorso, al contrario: si lasciano perdere i massimi sistemi e i dibbbbattiti e si torna a quell’ unica regola che i credenti ritengono dettata da Dio. Non uccidere.
    Il resto è umano, ma è chiacchiera.

    R
    e infatti oggi a mente fresca mi sono posta la domanda… ma che ‘sta a dì? Alberto, non ho capito quasi nulla a parte quell'”un morto è un morto”. Sicuro, giusto, perfetto. Ma la donna uccisa a coltellata o strangolata e fatta a pezzi e sepolta (magari ancora viva) sotto cumuli di spazzatura è due o anche tre morti e “non uccidere” vale sempre, ovvio, palese, lapalissiano, ma quando si tratta della moglie compagna figlia che non obbediscono ai diktat del marito compagno padre allora quel “non uccidere” va oltre. Significa anche non uccidere una donna ancora viva con anni e anni di violenze e di inaudite cattiverie che alla fine la morte in qualche modo assurdo e paradossale arriva persino ad alleggerire. Non uccidere…la moglie compagna figlia…bravo!

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    • Non devi convincere me – di cosa, poi?- devi modificare il Quinto Comandamento
      Che dice semplicemente: Non uccidere.
      Non “non uccidere i neri, le donne, i bambini”, non “non uccidere i democratici, i repubblicani, gli anarchici”, non “uccidere un russo bianco è meno grave di uccidere un’ukraina femmina” o “uccidere una moglie sottomessa è più grave di uccidere un tronista maschilista”
      Non uccidere, e BASTA.
      La società civile si fonda su questo dogma, che non si deve uccidere, mai. Ogni deviazione, ogni eccezione è pericolosa: ci sarà sempre qualcuno che trova ottime ragioni per escludere dal divieto gli ebrei, le adultere, gli omosessuali, i neri o quelle vestite in un certo modo. Dio disse “Nessuno tocchi CAINO”, perchè il suo crimine era così grande da non poterne lasciare la punizione agli uomini.
      Lo so che non è facile da accettare, i like si guadagnano celebrando Abele e le armi si vendono insieme ai santi motivi per usarle.

      Vorrei ricordare, per tornare ai delitti contro le donne, che (pochi) anni fa una legge di rara civiltà pose fine alla definizione di stupro come delitto contro la morale, quindi “speciale” e legato a un’ideologia (peraltro meritoria) e lo riportò nella categoria meno “sociale” ma estremamente più salda e rispettosa dei delitti contro la PERSONA. Insistere per scorporare una parte del delitto di omicidio come una sottocategoria speciale legata al SESSO mi sembra un passo indietro di notevole lunghezza.
      R
      Alberto, ti passo ma non dico nulla, sembri fare di tutto per non capire. Mi fermo qui.

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  10. La sintesi è proprio la sua cifra.
    Mai visto in un blog un commento spropositatamente più lungo rispetto al post stesso.
    R
    Beh, si forse ha ragione, avrei potuto essere meno sintetica, ma sa come si dice negli ambienti? s’era fatta una certa e poi non volevo che si pensasse che strabrodavo…ma alla prima occasione ci torno, tranquilla, ne ho di cose ancora da dire.

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  11. Signora Gazzato, condivido l’opportunità di non abolire il termine femminicidio, che rappresenta una specificità dell’omicidio e dell’uxoricidio.
    Tuttavia credo che questa definizione sia uno dei tanti fattori che approfondiscono il fossato che divide gli uomini dalle donne invece di tendere a colmarlo.
    Lei cita giustamente il DNA, ed è lì buona parte del problema. E combattere contro le indicazioni del proprio DNA si può e si deve fare, ma non è facile.
    Noi non siamo venuti dal cielo: siamo mammiferi e siamo scimmie, e nel nostro DNA ci sono ancora gli istinti e le pulsioni dei nostri cugini scimpanzé.
    Indignarsi perché gli uomini sono tendenzialmente più violenti delle donne, o perché hanno grosse difficoltà ad accettare di essere abbandonati sarebbe come indignarsi perché la cacca puzza.
    Per un uomo, istintivamente, essere abbandonato equivale ad essere bocciato, rifiutato, considerato uno che non vale niente, scartato a favore di un altro.
    La realtà è diversa e più complessa, ma per un uomo è difficile da capire a causa del suo DNA.
    Che si tratti di un conflitto drammatici e per alcuni insanabile tra istinto e razionalità lo dimostra il fatto che molti uomini, dopo aver ammazzato la compagna, si suicidano.
    Sarebbe sbagliato banalizzare una questione così difficile.
    R
    questo suo post è una provocazione andrebbe cestinato, ma mi trova in giornata si, non se ne approfitti però.
    Intanto non banalizzi lei e non usi termini sconci come quelli che usa che davvero banalizzano una tragedia. Se c’è uno che banalizza quindi è lei, non banalizzi e non la butti in caciara.
    Ho detto molte volte che a me di come si chiama la cosa importa poco nulla, quello che importa è, secondo me che non si voglia far passare per data la questione che le donne uccidano i compagni QUANTO gli uomini le compagne perché non è cosi. In quanto alle scimmie le faccio presente che sarebbe ora che scendessero dagli alberi oppure se ci vogliono rimanere e però pretendono di uccidere la compagna con la scusa che non si adegua ai loro desiderata, devono fare i conti con una società che da tempo ha smesso la clava come strumento dirimente dei contrasti. Che poi anche le donne agiscano con superficialità non significa che meritino una condanna a morte e se i rapporti vengono inaspriti da un termine allora siamo messi davvero molto male. Ma non risponda banalizzando ancora perché finisce nel cestino…banalmente!
    E non mi si dica che emano diktat perché qui qualcuno vuole solo ciurlare nel manico lanciando provocazioni su cambiare i termini come femminicidio come se fosse la questione dirimente. Non lo è e per me non lo è mai stata.

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  12. X Sra Gazzato : Non sono un sociologo né un avvocato Sono solo un povero Cristo che si affanna per tirare avanti e dico la mia in maniera semplice semplice:
    1. Se un uomo uccide la moglie o la fidanzata o la compagna o una che rifiuta la sua corte o una sorella od una donna di famiglia, anche per questioni, appunto, di famiglia, commette un femminicidio.
    2. Identificandolo come femminicidio, intendo marcare la differenza con altri tipi di omicidio. Lascio ad altri, più istruiti di me, dibattere sul tema e sulla definizione dei differenti delitti. Ma io personalmente li chiamo femminicidi perché li trovo più odiosi degli altri
    3. La prima differenza é che, in moltissimi casi, il femminicidio viene pianificato e questo già di per sé costituisce un’aggravante. In secondo luogo, l’uccisione della donna é l’epilogo di una storia fatta di angherie, umiliazioni, violenze quasi che l’uccisione viene vista come un atto pietoso per porre fine ad una vita tribolata. In molti casi questo percorso viene accettato dalla donna per salvaguardare i figli o non staccarsi da loro ed anche nella maggior parte dei casi perché la donna é in trappola. Molti , soprattutto le femministe più assatanate, dicono; ” Ve ne dovete andare al primo segnale di violenza”. Frase da imbecilli. Andare dove? Per molte donne é impossibile trovare su due piedi una via di fuga :dipendono in tutto e per tutto dal furfante.Non può essere così.
    4. La tesi di Luigi é sensata e sono certo che sia plausibile. Il progressivo processo di indipendenza della donna e la sua possibilità di sganciamento dall’uomo, ha reso gli uomini , quelli stupidi, vivaddio, insofferenti, rabbiosi, umiliati ed impotenti. Ed uccidono. Sono una minoranza, ma ce ne sono ancora tanti. E francamente, scusate la trivialità, di riconoscerne attenuanti o giustificazioni genetiche, me ne sbatto le balle. Sei un orco e devi morire.
    Qualcheduno ( di sciocchi é pieno il mondo) potrebbe interpretare le mie povere considerazioni come un manifesto del femminismo. Non é così.So che esistono anche donne crudeli, donne che ne hanno combinate e ne combinano di tutti i colori. Basta leggere un po’ di storie di # metoo per rendersene conto. Ma io parlo per la dignità degli uomini veri. Se accoltelli una donna, hai chiuso. Esci dal club.Punto.

    R
    Ok. ricordo solo che non esiste la pena di morte in Italia. per cui quel “devi morire” va interpretato, secondo me come “morte civile”.

    Rispondi
  13. Allora, non resuscitiamo il#metoo che si è sepolto da solo, come peraltro prevedibilissimo data la partenza, risolvendosi in una manciata di processi per reati che tali erano anche prima dei #social, bastava denunciarli (e portare le prove.)
    Sorvoliamo sul fatto che grazie al cielo i femminicidi, intesi come omicidi di donne, siano in calo costante nonostante la “percezione” mediatica dica il contrario del Ministero degli Interni.
    Diamo anche per buono che un uomo che ammazza la compagna sia più cattivo dell’ uomo che ammazza il compagno, o i figlio, o il capufficio, o uno che aveva la faccia nera – ci sarebbe da obiettare, ma poi dicono che sei patriarcale.
    La domanda è: E ALLORA?
    Cosa cambia dal punto di vista pratico?
    Istituisci tribunali speciali? Moduli l’ergastolo in base ai cromosomi? Qualcuno ha in mente una strategia FATTIBILE, e non il solito libro dei sogni?
    Perchè poi il dibbattito finisce, i fini sociologi e i bravi giornalisti vanno a casa, e c’è una volante davanti al portone con le luci blu che girano e i vicini che guardano dal balcone.
    R
    lei hai tu le soluzioni? Se gira la luce della volante è perché qualcuno è stato ucciso e guarda caso sempre (o quasi) è la donna non il compagno. Che si fa? Si tace? Magari hai ragione tu, a che serve parlarne? Soprattutto disquisire sui termini (abbastanza inutile). Tacciamo allora e parliamo di calcio, oppure diventiamo muti davanti ai più orribili misfatti. E complici! Io non ci sto.

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  14. Denunciare, ficcanasare, ascoltare, segnalare, insomma essere DAVVERO “sociali” (e non “social”). Nella stragrande maggioranza dei casi non sono violenze che saltano fuori dal blu, ci sono prima litigi, sfuriate, urli, occhi neri. Poi quando arriva il cadavere c’è sempre la vicina con l’occhio tondo e stupefatto che bela nella telecamera “Usignùr, sembrava tanto una brava persona…”
    Non risolve, lo so. Ma può aiutare. Come aiuterebbe finanziare le case di accoglienza, ma PERSONALMENTE, senza sempre protestare sui social perchè lo Stato non dà “o’ contributo”. E chiamare il 112 quando serve, che tutti si tirano indietro e stavano guardando la televisione (parola di poliziotto chiamato da me medesimo per un caso simile). E VIETARE sui giornali i termini “fidanzatino”,”perso la testa”, “accecato dalla gelosia (o dalla passione)”: sono melensaggini che annacquano la percezione del reato.
    E aggiungerei anche: incontri educativi OBBLIGATORI per genitori, organizzati nelle scuole e legati al voto del pupo in pagella (o ai punti sulla patente, qualunque cosa perchè i genitori ci vadano). Non è sano, non è possibile che l’educazioni sia divisa tra “tutto va bene madama la marchesa, tu puccettone di mamma sfondati di porno e tu puccettona di papà dalla via a tredici anni che così siete ‘ggggiovani ed avete tanti like” “e “figlia mia la donna è quella che deve tenere insieme la baracca ad ogni costo” e in ambedue i casi diamo al ragazzino un bel telefonino figo così non ci scassa più i maròni. Ci deve essere una via di mezzo fatta di libertà senza licenza e di disponibilità senza zerbinarsi. La “limonata” estorta dal “fidanzatino” non è una “roba tra ragazzi, è il “prossimamente” di una coltellata.
    Certo, è noioso star dietro ai figli. Faticoso e noiosissimo.

    R
    beh, mi sa che a modo tuo ci hai preso abbastanza.

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  15. Come in tutti i casi in cui si vuole risolvere un problema serio, ci vuole anche la prevenzione.
    Dire ad una donna “lascialo al primo schiaffo!” e come dire “abbattete le case abusive!”
    Molto meglio pensarci prima.
    Bisogna insegnare ai figli che la scelta del coniuge o del compagno o la compagna è una delle scelte più importanti della vita. E come per tutte le scelte importanti va ragionata pensando anche al lungo termine. Bisogna immaginarsi ad allevare figli insieme, ad invecchiare insieme. Bisogna verificare le compatibilità caratteriali, le aspirazioni lavorative ed economiche, l’intelligenza del partner, le sue abitudini ecc.
    Sposarsi per amore è molto pericoloso, e il fatto che ci sia il divorzio non azzera i danni, così come non li azzera abbattere una casa abusiva.
    R
    dunque: pianificare tutto e sposarsi per “interesse”, ho capito bene? Andare in analisi di coppia preventiva? Mi pare un po’ macchinoso. Insegnare il rispetto dell’altro nelle scuole forse sarebbe più produttivo.
    E “lasciarlo al primo schiaffo” forse anche di più.

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    • I matrimoni combinati, purtroppo per i romantici inguaribili tra cui mi ci metto serenamente, riuscivano ugualmente bene, e spesso MEGLIO, delle unioni partitite sullo slancio dell’ ammmmore.
      Se si intende il matrimonio come una convivenza di decenni, oggi ancor più vero con l’aumento delle aspettative di vita, un’ attenta pianificazione è altrettanto necessaria come il piano cinquantennale di una centrale nucleare.
      Se invece è sufficiente una diecina d’anni e poi amici come prima si può andare sul due cuori e una capanna – ma a questo punto perchè sforzarsi di ufficializzare e non accontentarsi di un (pericoloso) vivere alla giornata?
      R
      già, giusto. Il matrimonio è una cosa troppo seria per essere presa come una deresponsabilizzante “convivenza”.

      Rispondi
  16. Non “per interesse”. Intendevo “con intelligenza”.
    R
    certo, capisco ma non basta l’intelligenza ci vogliono molti altri fattori, altrimenti diventa un freddo contratto che può anche finire in tragedia.

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  17. Il problema della violenza sulle donne è uno di quei problemi che non si risolvono perché, in realtà, molti hanno interesse a non risolverli, e per questo lo attribuiscono a cause che non sono quelle vere. E se la diagnosi è sbagliata, anche le medicine sono inefficaci.
    Non hanno interesse a risolverlo perché vogliono continuare ad usarlo come arma politica, come argomento di eterna contrapposizione su cui speculare e costruire il proprio potere.
    Analogamente per gli incidenti sul lavoro. I sindacati strumentalizzano il fenomeno da decenni per mettere in difficoltà i datori di lavoro e alimentare il malcontento dei lavoratori, a tutto vantaggio del proprio potere.
    Affermare che gli incidenti sul lavoro sono tutta colpa di datori di lavoro che sfruttano i dipendenti e non li dotano dei dispositivi di sicurezza significa ignorare un buon 80% degli incidenti, che avvengono invece per errori del lavoratore.
    Dire che i femminicidi avvengono per malvagità e mancanza di rispetto da parte degli uomini significa non tener conto delle dinamiche delle tantissime coppie sbagliate, assurde, impossibili da far funzionare, mentre è lì che il più delle volte matura la violenza.
    E formare una coppia sbagliata dipende al 50% dall’uomo e al 50% dalla donna. Anzi, in genere la decisione è presa prevalentemente dalla donna. Sono più le donne che lasciano gli uomini che gli uomini che lasciano le donne. Le donne sono meno disposte ad accettare compromessi, ed è giusto che sia così, perché sono loro che si sentono più responsabili e consapevoli riguardo al buon funzionamento della famiglia.
    Il problema dei femminicidi, che comunque sono in leggero calo, si risolverà solo se le donne smetteranno commettere errori nella scelta del compagno.
    E’ un’evoluzione culturale che va fatta da entrambe le parti.

    R
    ma mi faccia il piacere…questa volta non ci casco, Lenzini lei è una lenza…

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  18. Luigi, il problema della violenza delle donne non si può liquidare con l’invito a scegliere meglio. E’ un retaggio di un passato che viene da molto lontano e che richiederà ancora un paio di generazioni per essere risolto. Nell’attesa si sta lavorando per andare in quella direzione e qualche risultato lo si vede: “sarò la tua birra” non lo si può più sentire, ad esempio. Quello che manca è la protezione per le eventuali vittime. Come avevo detto altre volte, la tecnologia può aiutare di fronte ad una denuncia a tenere d’occhio situazioni a rischio ed eventualmente neutralizzare il bruto.
    Il discorso per cui tutti gli omicidi sono tutti parimenti gravi è giusto, ma è una tematica prettamente giuridica che riguarda il numero di anni comminati ai/alle colpevoli. Qui si parla di una questione più ampia, radicata nel modo di pensare di molte persone. Una legge si cambia più velocemente di una cultura.

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  19. Mauro, io non sto liquidando niente.
    Sono il primo ad affermare che è un problema complesso e multifattoriale.
    Le mie affermazioni intendevano solo mettere l’accento sull’approccio della prevenzione, che è fatta di crescita culturale sia degli uomini che delle donne.
    Una crescita culturale che porti ad inquadrare il rapporto tra un uomo e una donna nella luce giusta, improntato a consapevolezza e responsabilità, evitando sia retaggi del passato, sia fughe in avanti, sia demonizzazioni e vittimizzazioni semplicistiche.
    Non mi stancherò mai di citare l’aforisma di Bernard Shaw che mi piace tanto: “Per ogni problema complesso c’è sempre una soluzione semplice, chiara … e sbagliata.”
    E quando, nonostante sia all’attenzione di tutti, un probleme non si risolve, è ragionevola pensare che abbiamo scelto l’approccio sbagliato, o quanto meno, incompleto.

    R
    già, già Lenzini lei è “l’incompreso” sempre e comunque, lei non “liquida” lei “è il primo ad affermare…” e via cosi…ma qui ci sono le sue parole:
    “Il problema dei femminicidi, che comunque sono in leggero calo, si risolverà solo se le donne smetteranno commettere errori nella scelta del compagno.” parole sue.
    Che ora lei, naturalmente rigira argomentando con supponenza irritante.

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