Niente pacchia col pomodoro

Ogni volta che un politico italiano mangia un piatto di spaghetti al pomodoro deve ricordare le promesse che, in questi giorni, sono state fatte ai braccianti foggiani che ieri hanno manifestato in massa per il loro diritto a non essere sfruttati e finire uccisi dentro quei furgoncini della morte come i loro sedici compagni che hanno perso la vita in due incidenti consecutivi di recente.

Ma il tempo passa in fretta, ora è agosto tempo di ferie e di vacanze, se ne ricorderanno Salvini, Di Maio, Conte della lotta allo sfruttamento dei lavoratori nei campi di pomodori e altrove?

O avranno altro da fare affaccendati come sono a pensare a come far quadrare i conti che non quadrano al ritorno dalle ferie quando dovranno rendere conto delle promesse fatte in campagna elettorale?

Aboubakar Soumahoro, il sindacalista italo-ivoriano che ha guidato il corteo dei braccianti a Foggia ha detto che gli è sembrato che Salvini abbia capito che quella loro vita non è pacchia.

Ma siamo sicuri? Non lo sapeva anche prima? Certo, lui non è mai stato 12 ore sotto al sole a raccogliere pomodori per un euro all’ora, ma qualsiasi essere umano in possesso di un minimo di comprendonio, non fatica, non suda, non si deve spremere le meningi per capire che quella vita è uno schifo e che quelle persone hanno diritto ad avere dei diritti e a pretenderli.

Primo fra tutti di avere un alloggio decente e non quei ricoveri indecenti, sporchi, malsani e superaffollati dove sono costretti a vivere dopo aver lavorato duramente tutto il giorno. Un paese civile non può permetterlo e devono essere i loro rappresentanti, come ha affermato il sindacalista, ad occuparsene con l’aiuto delle autorità. Ora la Prefettura ha fatto delle promesse, Michele Emiliano si è detto con loro, vediamo se poi, come al solito, tutto si risolve a tarallucci, anzi a pomodori marci.

Chi lavora ha diritto ad una paga adeguata a degli alloggi decenti dove vivere e dei mezzi di trasporto con norme di sucurezza e l’Italia del 2018 non può tollerare più che i pomodori che arrivano sulle tavole degli italiani siano intrisi del sangue di quei lavoratori.

Spero che non mollino e che vadano fino in fondo, la loro battaglia è la battaglia di tutti quanti chiedono solo il giusto, la legalità e niente di più. E la loro vittoria finale (che io spero ottengano quanto prima) sarà una vittoria di tutti i lavoratori sfruttati in tutto il paese.

Una battaglia di civiltà in un paese che si definisce civile ma che molto spesso dimentica il significato  di questa parola.

4 commenti su “Niente pacchia col pomodoro”

  1. “Non c’è nel programma”
    Solo questo potrà dire il PdC
    Da Conte non ci dò può aspettare nessuna iniziativa, perché vi ha rinunciato sin da quando ha accettato di essere nominato dai suoi vice. Sembra uno scherzo, ma è una cosa seria

    Combattere il caporalato, la Sacra Corona Unita, la Camorra, la ‘Ndrangheta, Cosa Nostra, insomma tutte le mafie d’Italia, non è a programma.

    La nostra Costituzione sancisce che l’azione di governo spetta al Consiglio dei Ministri presieduto dal Presidente del Consiglio.
    Sulla carta, in realtà manca la guida per un’azione corale.
    Ci sono due ministri che si contendono il primato, impegnati a perseguire ciò che interessa al proprio dicastero, l’uno impegnato a cacciare via i migranti, l’altro a calcolare costi e ricavi deile grandi opere e a leggere faldoni migiaia e migliaia di pagine, entrambi impegnati a trovare il denaro per finanziare la flat tax e il reddito di cittadinanza.
    Il miglioramento delle condizioni degli sfruttati di colore può attendere.

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