La città che respira

Quella città di me bambina

Non ha più gli occhi che

la scoprivano muti.

Non ha più voce che la

Notte serrava la gola ed

Il respiro fra le pareti

Di quelle vie strette

Quasi unite come

Amanti  timorosi

Di perdersi.

Ed il campo con la statua

e la fontana e

e i giochi e le corse e le risa

e la mia mano piccina dentro

quella mano che stringevo

per non perdermi mentre

accecata guardavo lassù

le guglie e i colombi che

mi sfioravano appena

e me ridente su quella

seggiola nera alta

sulla riva che quasi mi

lambiva i piedi e gli

uomini  a poppa delle

gondole e il fumo bianco

che saliva dall’acqua

di sera nella calura d’agosto.

E mia madre che sorride

Dall’alto del ponte e mi chiama

E arranco sospinta dalla gioia

E da quel cielo azzurro sopra

Di lei su quei gradini enormi

Fino alla cima, fino

Alla mela rossa a premio

Dello sforzo.

Venezia e mamma.  Due

Anime distinte e unite

Dal tepore di uno sguardo

E il calore di una mano.

Lascia un commento