Va senza dire

Gentile (si fa per dire) ministro dell’Interno.

Lei ha affermato che non le interessano i “derby fascisti –comunisti” , per cui non andrà a sfilare il 25 aprile, festa della Liberazione, ma sarà in Sicilia a combattere la mafia.

In molti le hanno già fatto osservare (compresi i suoi alleati di governo) che la cosa tanfa. SI, diciamo puzzicchia di opportunismo fascio-leghista.

Lei, come leader della Lega, non partecipa mai alle celebrazioni del 25 Aprile e questo lo poteva fare, al tempo,  libero di infischiarsene dei partigiani e del loro sacrificio; sono morti anche perché lei potesse farlo.  Ma ora no. Eh no.

Lei ora ha una grossa responsabilità: rappresenta la Repubblica Italiana e ha giurato sulla Costituzione. E quella Costituzione, le ricordo, è nata proprio dalla lotta al nazi-fascismo.

A lei non interessa? Bene, si spreti, cioè si sministri…insomma si tolga l’abito (si fa sempre per dire) di ministro dell’Interno.

Altrimenti, scusi, ma cosa pretende? Di ministrare ancora dopo aver schifato la sfilata in onore dei  morti che ci hanno liberato dalla dittatura?

Lei preferiva la dittatura? La Democrazia la disturba? SI? Sente una leggera puzzettina sotto le narici pelosette, ogni volta che ode pronunciare questa parola?
Ebbene, se ne deve fare una ragione.  Indossare l’abito blu, la cravatta reggimenta e andare a fare il suo dovere: onorare i martiri della Libertà che consentono, oggi, anche a lei, ebbene si, di dire tutte le …parole di “buon senso” che ogni giorno riversa in rete.

E, infine, le consiglierei di ringraziare sempre il suo santo protettore ( se ne ha uno), per essere nato in questa epoca qui, perché se nasceva in “quella li”, non sono proprio  sicura che avrebbe avuto tutti i likes di cui oggi va fiero. (Perché ne va fiero, eddai…).

Oggi, qui e ora, le sue esternazioni fanno sensazione e piacicchiano ai nostalgici.  Allora come allora avrebbero fatto ridere i polli.  Polli nostrani e ruspanti,  di casa Italia, va senza dire.

Col massimo del dispetto, oops…rispetto.

Verde come un ranocchio

Da quando si è seduto al Viminale, Matteo Salvini, si crede l’incredibile Hulk.
Dirama direttive che fanno infuriare i vertici dello stato maggiore dell’esercito che, dicono che non spetta al ministro dare ordini a uomini dello stato, ma, eventualmente, le direttive vanno concordate col ministero della Difesa. Altrimenti la Trenta che cosa la paghiamo a fare?
Anche lei sembra piuttosto infuriata. E al Quirinale cosa pensano? Il presidente della Repubblica che fa? Assiste a questo scontro tra Istituzioni o pensa di dire una parolina per rimettere un po’ di ordine?
Mi sono immaginata una mattina tipo di Salvini.
In ufficio, con i piedi sulla scrivania, chiama la segretaria (sette lauree e altrettanti masters) e le detta la direttiva: “Signorina scriva”. Etc.Etc.ETc.
E lei: “ ma ministro, non si può, prima deve concordare con gli altri ministeri competenti…”
E lui: “ma fatti qualche etto di fatti tuoi e vai a quel paese, si fa come dico io, chiaro”?
Tono dittatoriale che non ammette repliche.
Il ministero della Propaganda Leghista è il più attivo, tutti gli altri “dipendono” dall’incredibile strafottenza di Hulk, il ministro Verde.
Non pare, ma Salvini ha la pelle verde come quella di un ranocchio. Ogni sera beve una pozione magica preparata dall’ex ministro, il leghista Calderoli che serve a fargli diventare la pelle di un colore più simile a quella degli altri umani.
Gli è venuta durante gli anni di militanza nella Lega (ha iniziato che era ancora lupacchiotto) e le capriole che ha fatto sul pratone di Pontida che gli hanno donato quel colorito verdastro che non riesce più a togliersi.
Insomma: lui e soltanto lui: il Ministrone Salvinone è capo di tutto e tutti gli altri possono mettersela via (compreso il povero nobilomo Conte che lo teme più di tutti): i porti vanno chiusi, ci sono 800mila profughi in arrivo dalla Libia e vanno bloccati! Ecco, potrebbero anche esserci terroristi in mezzo a loro, dice il minestrone.
Non si ricorda più quando diceva che i profughi che scappano dalla guerra sono suoi fratelli? No, la parentela ora non gli interessa , ha scoperto che suo fratello è figlio unico.

Qualcuno lo fermi prima che si faccia incoronare a Notre Dame!

Risultati immagini per una foto di un ranocchio

 

Smartphonemania

Una dodicenne francese, in gita a Venezia con la scuola, si è gettata dalla finestra del bagno della sua stanza  d’albergo, dopo che l’insegnante le aveva sequestrato il telefonino.

Sembra che la ragazzina si sia chiusa in bagno subito dopo  aver consegnato il cellulare alla professoressa e che questa sia la causa di quel volo dalla finestra del primo piano dell’hotel dove la classe alloggiava.

Ora gli inquirenti dovranno indagare se ci siano altri motivi che hanno spinto la ragazza a compiere quel gesto insensato, ma tutto fa pensare che sia stato proprio l’averla privata dello smartphone la causa scatenante.

Ora si trova all’ospedale in condizioni non gravi, per fortuna il salto non è stato tale da causare ferite mortali, ma,  se non si fosse trattato di un primo piano , le cose si sarebbero messe molto male per lei.

Il Papa, in questi giorni, ha  parlato, durante  un incontro con dei giovani, di schiavitù da telefonino. Ha detto che è un mezzo eccezionale per comunicare ma che deve essere usato con intelligenza perché altrimenti se ne può diventare schiavi.

Mi sembrano parole di buon senso. E non valgono solo per i giovani, ma per tutti.

Vedo tutti i giorni, ovunque, come il telefonino sia  ormai diventato un’ appendice dalla quale non  sembra sia più possibile staccarsi. Vedo gente camminare con lo smartphone incollato davanti agli occhi , scontrarsi con altri e caracollare sui marciapiedi  come ubriachi, intenti a consultare quello schermo magico e totalmente assorbiti dal suo chiarore lunare. Per non parlare di quelli che lo usano, senza criterio, mentre guidano.

Figuriamoci cosa può succedere nella testa di una bambina alla quale viene tolto il ”giocattolo” all’improvviso e senza una preventiva lunga seduta terapeutica per insegnarle a reggersi sulle gambe senza quell’irrinunciabile supporto col quale, magari, convive da anni: non può che andare nel panico.

E per dimostrarlo scegliere di gettarsi dalla finestra.

Se è andata veramente cosi, c’è molto da riflettere sull’uso sconsiderato di un aggeggio che, da strumento, si sta trasformando, per troppi, soprattutto i più giovani,  in  padrone assoluto delle nostre vite.

 

 

Siamo vulnerabili

Come sempre, grande onore va tributato ai vigili del fuoco che hanno lavorato per ore per spegnere l’incendio, spaventoso, di Notre Dame de Paris. Uno di loro ci ha quasi lasciato la vita.

Non hanno paura di ciò che fa più paura da sempre e lo affrontano con immenso coraggio: bravi e grazie a tutti loro.

Su” Il Gazzettino” di oggi ho letto la testimonianza di un capo dei vigili, oggi in pensione, che racconta la sua esprienza con il teatro  La Fenice, dice che, allora, lui prese immediatamente l’elicottero, senza aspettare gli ordini e subito sorvolò il teatro gettando fiumi di acqua per spegnere l’incendio.

Dice anche, che secondo lui, se è stato fatto a Venezia, città peculiare per le sue caratteristiche, avrebbe potuto essere fatto anche a Parigi.
Ma, il comandante dei vigili parigino ha dichiarato che l’acqua gettata da quell’altezza sulla cattedrale, per la sua specificità, avrebbe creato ancora più danni.

Ognuno fa le sue ipotesi.

Una cosa è certa: negli anni di massima sicurezza dovuti alle scoperte tecnologiche, basta un niente per mandare a fuoco un monumento patrimonio dell’umanità, sembra inconcepibile ma è successo nel terzo millennio.
Segno che siamo tutto meno che invulnerabili.

Ma quello che mi ha colpito, a parte la guglia crollata che mi ha lasciato senza fiato, è stata la lunga fila di francesi che si è recata sul luogo del disastro per testimoniare la loro vicinanza a quel simbolo a loro cosi vicino e caro (non solo ai francesi).

Mi hanno commosso le preghiere e i canti e la compostezza e l’atmosfera di pacato dolore e immensa tristezza

Ora, per fortuna, la cattedrale è ancora in piedi nella sua maestosa bellezza e spero venga riportata al suo antico splendore quanto prima.

Dica Duca

Salvini ancora indagato per sequestro di persona nella vicenda Sea Watch di gennaio 2019, dalla procura di Siracusa, ma lui tira diritto e afferma che non si lascia intimorire e i porti restano chiusi.
DiMiao, al contrario, gli manda a dire che chiudere i porti può essere una misura sporadica, ma, che ora, con i profughi della guerra in Libia ormai alle porte, non si può fare, sono tutti rifugiati di guerra e vanno accolti.
La ministra della Difesa è sulla stessa linea e manda a dire a Salvini di fare un salto al ministero dove può dargli qualche lezione di diritto internazionale.
Ma Salvini se ne fa un baffo.
Lui dichiara davanti alle telecamere in manica di maglietta mostramuscoli, che non demorde, anzi, raddoppia e i porti li va a chiudere di persona personalmente. Anzi si fa preparare dal fabbro di fiducia dei lucchetti da mettere nei cancelli dei porti italiani in modo da passarli in rassegna uno per uno e chiuderli a chiave.
E le chiavi ha deciso di appendersele alla cintura come lo sheriffo di Nottingham.
E’ un duro perbacco! Sfodera anche un certo sex appeal che non guasta, il ministro. Sfodera gli attributi da macho, il ministro.
Sfodera e sguaina tutte le sue armi. A lui le armi piacciono, adesso vuole fornire alle Forze dell’Ordine le pistole elettriche.
Non ho ben capito come funzionano ma deve essere una cosa che preferisco non indagare, a me le armi fanno orrore.
E se ne infischia dell’alleato di governo che al suo confronto sembra un novello Ghandi in versione partenopea.
Insomma, tutto fa brodo anche questa nuova tegola giudiziaria per il ministro, sembra cascargli come il cacio sui maccheroni ( e lui ce ne mette tanto di cacio sui maccheroni e anche sugli spaghettoni, come pure sui tortelloni).
Ha un’alleata dalla sua parte: la Meloni (il cacio sui meloni non ci va ma Salvini ce lo mette lo stesso e, a dire il vero, una volta ho provato anch’io e non è niente male).

Lei che ora ha Caio Giulio Cesare come candidato alle europee si sente nella classica botte di ferro: con uno con quel nome (e quel cognome – Mussolini-, non proprio irrilevante), ha il vento in poppe (va beh passatemela).
Ma che coppia sovranista: Meloni-Salvini, altro che Le Pen, Meloni è la bionda che fa per lui.
Infatti, lei, gli fa l’occhiolino da triglia lessa e gli manda a dire via FB: chiamami Meloni, sarò la tua birra.
E a Salvini la birra piace, ohh si. Se ne fa due o tre prima di ogni consiglio dei ministri.
E infatti arriva sempre in ritardo e Conte lo aspetta sempre sorseggiando the alla menta e guardando impaziente il Rolex, mentre DiMiao gioca a freccette con l’immagine di Napolitano.
Che bella gente che abbiamo al governo!
E l’opposizione? E il PD?
E’ alle prese col Duca. (ma non ci saranno troppi nobili che girano?) Povero Zinga! Non ci voleva questa batosta in vista delle europee. Una vera mazzata. Non gli resta che piangere.
Oppure prendere il toro per le corna e cantargliene quattro magari iniziando cosi:
“dica Duca”….

 

 

Un lavoro prezioso

Il maresciallo dei Carabinieri Vincenzo di Gennaro, ucciso a colpi di pistola da un pregiudicato in centro a Cagnano Varano in provincia di Foggia, è purtroppo la conferma di quanto sia rischioso il “mestiere” che si era scelto.
A diferenza dei colleghi che si sono macchiati di reati odiosi come quelli contro il povero Stefano Cucchi, la figura di questo militare dell’Arma, morto durante il servizio per mano di uno spacciatore che lo aveva minacciato di morte dopo una perquisizione, è un esempio lampante di cosa comporti portare quella divisa.
Comporta anche questo: morire freddato da un colpo di pistola a tradimento mentre sei in macchina con i colleghi e non ti aspetti certo di morire ma di proseguire nella tua vita che a 47 anni poteva essere ancora lunga.
Progettava di sposarsi a breve, era una persona amata e rispettata da tutti in paese ed aveva anche ricevuto parecchi encomi.
Ecco, anche questo sono i carabinieri, quelli che speriamo sempre di incrociare quando ci succede, per esempio, di essere scippati o che chiamiamo quando subiamo un furto in casa e che speriamo prendano i ladri e ci riportino quello che ci hanno rubato.
A me è successo ben due volte di avere avuto la soddisfazione di ricevere, dalle mani di un maresciallo dei carabinieri, i gioielli che mi erano stati appena rubati in casa.
Ricordo la faccia soddisfatta del maresciallo, comandante della stazione di una città vicina alla mia e le sue parole: “Lei è fortunata signora, una su un milione”, mentre mi mostrava la refurtiva che avrei avuto restituita il giorno dopo alla stazione dei Carabinieri.
Lo avrei abbracciato, anzi credo proprio di averlo fatto.
E un’altra volta quando mi hanno chiamato per andare a recuperare documenti e altri oggetti che erano stati recapitati in busta chiusa alla stazione dei carabineri della mia città, dopo che avevo subito uno scippo con destrezza.
Ricordo la faccia del comandante della caserma, il quale, anche in quel caso, mi disse che ero stata fortunata. Si, ma avevo anche denunciato subito in entrambi i casi e non fosse stato per loro che hanno fermato i ladri per un controllo, in un caso e che hanno ricevuto i miei documenti e me li hanno riconsegnati, nell’altro, non avrei visto nulla.

Per questo e anche per altri casi nei quali ho dovuto ricorrere al loro aiuto o consiglio, mi sento di ringraziarli e voglio anche dire che il vicebrigadiere Tedesco, il quale ha affrontato le proprie responsabilità nel dire la verità nel caso del povero Sefano Cucchi, alla fine ha dimostrato quel coraggio che non aveva avuto all’inizio nel difendere Stefano e nel dire tutta la verità subito e denunciare i colleghi.

Segno che in tutti questi anni, lui, si è fatta strada la coscienza del “bene” che è insita in tutti noi e che qualche volta non trova la strada per uscire. Lui stesso ha detto di essersi tolto un enorme peso. Anche questo dovrebbe deporre a suo favore quando verrà giudicato, ma, naturalmente, saranno i giudici a decidere il suo destino.

Termino con con maresciallo che mi è molto caro, sin da bambina e che è di una simpatia impareggiabile, con un augurio di buon lavoro a tutte le Forze dell’Ordine per il lavoro prezioso che svolgono tutti i giorni.

No applausi, please.

Ha ragione Formigli: “Non si può applaudire qualcuno che dice che due esseri umani non sono uguali”.
Anche l’applauso! Avrebbero dovuto opporre un silenzio mortale a quella frase, forse sfuggita o forse sentita fortemente da parte del ragazzo ospitato alla trasmissione Piazza Pulita. Uno di quelli che si sono opposti ai Rom nel suo quartiere e che era andato a spiegare le ragioni di questa opposizione.
Le “ragioni” sono tutte in quella frase che ha pronunciata dovanti a quella platea che ha applaudito e cioè che i rom, anche se italiani, non sono uguali agli altri italiani.
Formigli si è dissociato sia dalla frase che dall’applauso e lo ha detto chiaro che a lui frasi del genere fanno paura.Ecco, fanno paura anche a me.
Non si possono dire, ma neppure pensare.
Che poi la rabbia sociale esplosa per i trasferimenti coatti avvenuti nei giorni precedenti a questa esternazione, sia comprensibile per la situazione di disagio in cui versano molte famiglie delle periferie romane per mancanza di alloggi o per altri problematiche sociali, non toglie nulla al fatto che questa è una frase profondamente razzista e profondamente e crudamente spaventosa.
E non si tratta di “buonismo”, si tratta di considerare un altro essere umano “diverso” e questa diversità non esprime certo un concetto positivo ma una sorta di presunta “inferiorità”.
Questo non è ammissibile. Non è ammissibile perché significa che la storia, terribile, spaventosa delle persecuzioni razziali che hanno avuto il culmine nell’Olocausto (che alcuni hanno la sfrontatezza di negare) non ha insegnato nulla.
E il pericolo che certi fatti orribili possano ripetersi, non è poi cosi inverosimile.
Salvini si è alleato coi sovranisti europei di estrema destra. alcuni sono negazionisti. Salvini, da ministro dell’Interno ha ordinato lo sgombero dei campi Rom e dei Cara, Salvini ha fermato le navi di migranti in porto (mentre ne arrivano comunque tutti i giorni)…e quindi è anche la politica della Lega che sta esacerbando gli animi e conducendo il paese su una china spaventosa.
Bene ha fatto Formigli a contestare gli applausi e la stessa frase-

Lo ha fatto con compostezza e dal suo viso traspariva lo sconcerto.
Secondo me avrebbe fatto bene a invitare quel ragazzo ad uscire dalla sua trasmissione dicendogli di andare a prendere lezioni di umanità e di democrazia e di tornare dopo che aveva imparato a memoria la storia degli ultimi settanta anni per capire se c’era o ci faceva.
La televisione non può e non deve mai essere veicolo di ignoranza della storia e di concetti di questa gravità. E il pubblico prima di applaudire dovrebbe pensarci bene a che cosa applaude.
Sembrano scimmie ammaestrate, a volte, che sbattono le mani a comando.
Finiamola, per favore, con questi stupidi applausi alle più emerite corbellerie.
Ne guadagnerà la qualità dei programmi e non dovremo sentirci a disagio di avere qualche cosa in comune con della gente che applaude a certe mostruosità.

Il coraggio di Ilaria

Quella foto, terribile, del volto tumefatto e martoriato di Stefano Cucchi, ha gridato la verità per quasi dieci anni.

Finalmente, grazie alla tenacia della sua famiglia, ma soprattutto di Ilaria Cucchi, la sorella, quella terribile verità è uscita dalle labbra del testimone diretto delle sevizie subite dal povero Stefano mentre era detenuto  e avrebbe dovuto essere “custodito”.

Quella verità Ilaria l’ha urlata al mondo intero per quasi dieci anni senza cedere mai davanti alle tante offese reiterate, persino da parte dell’attuale ministro degli Interni Matteo Salvini che aveva detto di lei che “faceva schifo e si doveva vergognare”.

Ora, davanti ai fatti  che sono emersi chiaramente  durante la deposizione del carabiniere che si era tenuto dentro questo enorme peso per tutto questo tempo, senza trovare il coraggio di parlare, di esporsi e di esporre i colleghi davanti all’ignominia del loro comportamento e alle loro responsabilità, dovrebbe trovare il coraggio di chiederle ufficialmente scusa.

Scusa Ilaria,dovrebbe dirle, da parte mia e da parte di quei rappresentanti delle Forze dell’ordine  che hanno commesso un reato cosi odioso, per aver massacrato  di botte tuo fratello  in quel modo cosi brutale e incomprensibile, proprio loro che avrebbero dovuto  trattarlo con il rispetto dovuto a chi viene accusato di un reato e  detenuto in attesa di essere giudicato e per aver negato per anni e anni di averlo fatto e per averti accusato di essere quasi una sovversiva che attentava alla onorabilità dello stato che loro rappresentavano.

E dovrebbe anche appuntarle una medaglia per la sua tenacia nel sostenere  la sua fede nella Giustizia che ha fatto si che i colpevoli siano stati, finalmente individuati e  non possano più nuocere ad altri che potrebbero ritrovarsi nelle stesse condizioni  nelle quali si è trovato il povero Stefano Cucchi che non si è potuto difendere in nessun modo.

Lo dobbiamo tutti un ringraziamento  ad Ilaria ed alla sua famiglia per non aver mai ceduto davanti a niente, nonostante le mille difficoltà e il dolore ed aver creduto nelle Istituzioni di uno stato che si dice democratico ma ha, tra i suoi rappresentanti, chi si comporta in modo indegno.

La speranza che è sempre l’ultima a morire, lo ha dimostrato Ilaria, la forza, la tenacia, la consapevolezza di avere un compito importante da assolvere ad ogni costo e l’esito della sua battaglia, positivo, nonostante non serva a riportare in vita il fratello, non  possono che costituire un grande esempio di civiltà dal quale tutti  dobbiamo trarre insegnamento.

Destino piatto

La tassa piatta, sembra non sarà mai piatta.

La traduzione dall’inglese di “flat tax ” in italiano suona un po’ ridicola.

Salvini che è il ministro dell’Interno, si improvvisa economista quando dice di voler assolutamente la flat tax al 15%

per tutti. Ma se deve essere piatta ‘sta tassa  può diventare progressiva, come chiede DiMaio? E come vuole la Costituzione?

Allora tassa piatta progressiva nel senso che si appiattisce sulla piattezza delle idee dei nostri governanti appiattiti sul loro contratto di governo che li Lega anche se sono slegati su tutto. Ma i soldi non ci sono per questo appiattimento di tasse, diciamo che abbassare le tasse è opera meritoria, in tanti ci hanno provato ma sono solo riusciti ad aumentarle. E’ un piatto destino.

Lo avevano messo sul piatto delle loro succulente portate, concordato e sottoscritto nel Contratto, ma ora che c’è? C’è che non ce n’è. Soldi intendo, perché siamo a crescita sottozero e come si fa ad abbassare le tasse se il paese è in recessione tecnica?

Ma Salvini lo vuole. Loro (i grillini) lo hanno avuto il reddito? Ebbene lui (il leghista) vuole la flat tax. Sta nel Contratto, dura legge.

Ma a fare i conti non sono loro due; i due bulli (con le pupe) ma è il povero,dimesso, sempre priù depresso ministro del Tesoro.

Ma quale tesoro? Abbiamo le tasche bucate, se n’è andato tutto il tesoro e ci sono rimasti solo i buchi. ma questi insistono, ora hanno in vista le elezioni di maggio e allora dai, allora dai, la cosa giusta tu la sai, dimmi perché tu non la fai?

Ma perché non si sono soldi. E allora si prendano dove ci sono, Se dobbiamo diminuire le tasse deve essere per tutti, dice Salvini. Per i ricchi no, dice DiMiao.

Ma che bravi che sono! pensano i loro elettori/amanti, lottano per noi, pensano.

Poveracci, dico io. Non hanno capito che questi sono due commedianti, dilettanti del teatro dell’assurdo.

E che dietro l’angolo c’è una bella stangata piatta sui soliti piatti noti.

Passatemi il menù, prego, vorrei ordinare un piatto di tasse condito con qualche patrimoniale e qualche una pocum.

Il conto, prego, portatelo al governo. Tanto, paga sempre e comunque( Piattolone) Pantalone.

 

La vedo così, voi, non so

Piove. Da due giorni. E non mi viene voglia di uscire. E allora scrivo su questo spazio che mi sono dedicata. Si, dedicata. Una sorta di gratificazione. In fondo si tratta di desiderio di comunicare.

Siamo la società più interconnessa di sempre, abbiamo molteplici possibilità di comunicare col mondo e non ci siamo mai sentiti cosi soli.

Perchè viviamo tutti come dentro una conchiglia e facciamo entrare solo qualche spruzzo, di tanto in tanto.

Non frequento i social, mi fanno paura. Hanno, di sicuro del positivo. Molti sono diventati famosi e guadagnano anche delle belle cifre sui social, oppure sono (troppo) frequentati dai politici di ultima generazione che li sfruttano per propagandarsi. In questi tempi in cui manca il lavoro con la L maiuscola, bisogna inventarsi di tutto per sopravvivere. Ma, molti, mirano a fare i “soldi”, come se fare i soldi fosse l’obiettivo principe di ciascuno.

Se non fai i soldi non esisti.  E poi la fama. Ha, ecco, si, la fama, la celebrità, che si parli anche male di te,ma che se ne parli. In tutti i campi, c’è chi cerca di diventare famoso. Come se la celebrità, automaticamente rendesse felici.

Perché, poi, a voler ben guardare, quello che cerchiamo tutti è la felicità.E che cosa sarebbe la felicità?

Ognuno la vede a modo suo, i grandi filosofi ci hanno lasciato tomi che ci spiegano che cosa sia la felicità.

“E dunque,in conclusione, la felicità consiste in una sorta di contemplazione”, Aristotele – Etica Nicomachea.

Blaise Pascal, nei Pensieri, dice: “Non consiste, dunque, la felicità nel divertimento, sarebbe davvero assurdo che il fine fosse il divertimento e ci desse d’attorno e ci si affannasse tutta la vita con lo scopo di divertirsi”

E, ancora. Aristotele: ” La felicità consiste nelle attività conformi a virtù”.

 

Allora, ne deduco che qualsiasi attività umana, per arrivare alla felicità, dovrebbe evitare di cercare il divertimento a tutti i costi ma puntare ad azioni che siano contemplative e servano all’anima.

Lo studio, per esempio, la scrittura, la poesia, la filosofia e tutto ciè che comporta un’attività cerebrale che però implichi anche una sorta di spiritualità.

Niente è regalato, tutto si deve conquistare e mantenere e vale anche per la felicità. Che può essere anche una spasmodica ricerca senza fine e senza esito.

Perché scrivo queste cose? Potrei anche farne a meno, in fondo a chi possono interessare? Lo faccio per me, diciamo che mi serve a vedere le cose da una diversa prospettiva o sotto una luce che le illumini diversamente e mi aiuti a ragionare sulle tante, piccole o grandi problematiche quotidiane.

Che mi aiuti ad essere più comprensiva di certi comportamenti umani che mi sono francamente incomprensibili e che ho imparato semplicemente ad accettare come inevitabili ma che, anche se non lo vorrei ammettere, mi causano sempre un po’ di sofferenza.

Non esiste l’ideale nelle relazioni umane ma dovrebbe esistere un principio di civiltà che impone sempre di cercare di vedere oltre le proprie convinzioni per comprendere certi fenomeni della società.

Ognuno di noi crescendo e maturando si forma la propria visione delle cose e ognuno di noi la difende e spesso la vorrebbe imporre agli altri. Da questo nascono prevaricazioni, imposizioni, incomprensioni che si potrebbero evitare semplicemente cercando di comprendere e anche di modificare certi atteggiamenti in funzione di una migliore relazione col prossimo.

Ma è molto, molto difficile. E’ difficile perché ognuno resta a coltivare il proprio giardinetto privato e cerca di tenerci fuori quanti più possible non la pensino allo stesso modo. E diventiamo sempre più incapaci di includere e sempre più propensi a escludere. Pensare che sia giusto omologarsi, restare dentro il più possibile al pensiero corrente, per paura di essere messi al bando è la cosa peggiore che si possa fare.

Non importa cosa gli altri pensano di noi, quello che importa è che noi riusciamo a mantenerci nella nostra identità anche quando tutti vorrebbero che fossimo diversi.

Ecco, forse sono arrivata ora a capire perché sto scrivendo questa cosa: forse perché mi ostino, in certe occasioni a sentirmi inadeguata o “diversa” mentre la cosa più giusta da fare è quella di considerare che la diversità è una grande occasione per migliorare e per progredire nel nostro cammino. Senza lasciarci influenzare da chi ci vorrebbe diversi.

Perché chi ci vuole diversi lo fa perché non accetta e non comprende se stesso e pensa che cambiando noi potrebbe ottenere quella comprensione di sé che gli manca.

Perché in fondo, la gente invidia chi non si adatta ad essere come vorrebbero gli altri. E l’invidia, come la gelosia è un sentimento meschino che non aiuta a vedere le potenzialità che ognuno di noi ha in sé.

E conoscere e conoscersi è lo scopo della nostra vita.

Almeno, io la vedo cosi, voi, non so.