La scuola in ginocchio

Velletri, Modena, Lucca. Gli episodi di bullismo in classe nei confronti degli insegnanti, sono intollerabili. E questi sono solo alcuni dei tanti di cui non si è conoscenza perché non hanno avuto altrettanta risonanza mediatica. Si vedono nei video episodi di violenza verbale e fisica sconcertanti. Ragazzi che lanciano cestini della carta contro la professoressa immobile sulla cattedra, terrorizzata davanti all’attacco di ragazzotti che si credono superuomini e sparano raffiche di insulti e frasi offensive e minacciano, come è successo a Velletri di sciogliere la professoressa nell’acido, o a Lucca dove un ragazzo intima al professore di mettersi in ginocchio e di non “farlo incazzare” e di mettergli 6. Il tutto condito dalle dementi risatine dei compagni che filmano la scena per poi postarla sui social. Siamo alla follia, al delirio. Questa è la vera emergenza italiana. I docenti sono presi di mira dalla furia di piccoli individui già sulla buona strada per diventare dei delinquenti in piena regola. La scuola italiana, soprattutto gli istituti tecnici, è una raccolta indifferenziata di deprivazione culturale e il risultato di politiche scellerate che hanno ridotto la scuola a centri di raccolta di frustrazioni cresciute all’ombra di famiglie disgregate e disperate, segnate dalla crisi e dalla mancanza di lavoro che ha partorito piccoli mostri. Questi episodi sono il sintomo di una società in rapida dissoluzione e sulle sue ceneri ne sta nascendo una violenta ed incurante delle regole, questi episodi sono intollerabili perché segnano una linea di non ritorno, un confine largamente superato, di disprezzo verso lo Stato e chiunque lo rappresenti. Segnano la miseria intellettuale nella quale questi ragazzi sono cresciuti abbandonati a se stessi davanti ad uno schermo che riproduce realtà violente e prive di valori essenziali per una crescita armoniosa, sana e rispettosa degli altri. Servono provvedimenti urgenti e un governo che li attui.

 

Pubblicato su “Italians” del Corriere della sera oggi.

15 commenti su “La scuola in ginocchio”

  1. Sig.ra Maria Grazia,

    Ha ragione però anche i docenti mi sembra che non siano particolarmente responsabili. Uscire dalla classe e chiamare la polizia non mi sembra una cosa insensata.

    A parte questo forse il servizio di leva, tanto criticato da certi ambienti, non era poi una cosa sbagliata. Almeno tanti ragazzi passavano un anno a imparare a rispettare l’autorità, le regole e la disciplina. Non si tratta tanto degli aspetti militari ma di sopperire proprio ad alcuni dei problemi che lei correttamente elencava, tipo l’assenza delle famiglie.

    Daniele Vecchi

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    • L’insegnante ha, tra i suoi compiti, quello di mantenere l’ordine in classe, infatti quanti sono stati vittime in questi giorni dei fatti che abbiamo letto nelle cronache, verranno sottoposti al giudizio del Consiglio d’Istituto.
      Ma, se lei osserva bene quei video, postati dai ragazzi, vedrà, senza ombra di dubbio che l’insegnante ha paura. Teme per la propria incolumità fisica anche per la impossibilità di chiedere che qualcuno gli venga in aiuto visto che è lui, in prima persona a rappresentare l’autorità in classe. Questo i ragazzi dovrebbero saperlo ma gli si dovrebbe ricordare più spesso che l’insegnante ha questa prerogativa.
      Non solo, qualunque incidente possa eventualemnte capitare ai ragazzi in classe durante la lezione ricade sotto la responsabilità dell’insegnante che ne deve rispondere penalmente.
      Capisce bene quindi che, il suo suggerimento di semplicemente uscire e chiamare la Polizia, non è praticamente attuabile.
      In quanto al servizio militare: si, può darsi che a qualcosa sarebbe servito, se non altro ad abituare ad una certa disciplina e rispetto delle regole, ma questo avveniva dopo il corso di studi, non prima, quindi, fosse ancora in vigore, la scuola non ne trarrebbe conseguenze positive.

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  2. Cara MariaGrazia
    lettera di grande intensità ed estremamente realistica
    nell’analisi. E’ un peccato (tragico) che i politici che la leggeranno
    si limiteranno (forse) ad organizzare qualche inconcludente
    convegno autoreferenziale dove verranno esposte idee contradditorie e
    confuse, senza alcuna proposta realisticamente operativa.
    E intanto, troppi genitori (quando ci sono) penseranno
    ad altro (o forse a minimizzare, o parzialmente giustificare
    il comportamento dei propri figli).
    Da anni trovo pericolosissima la messa in onda sulle TV,
    a tutte le ore, di film intrisi solo di violenza cieca (mitragliate, sbudellamenti,
    bombe devastanti, effetti speciali mirati a produrre solo orridi
    annientamenti di persone) poi replicati nelle play station
    per il sollazzo a tempo pieno delle giovani menti.
    E’ vero che questi bulli scolastici sono una minoranza, ma l’aspetto piu’
    serio (come fa notare lei) e’ la partecipazione divertita dei compagni,
    che proprio trascurabile minoranza non sono.
    Forse sono troppo pessimista, ma questi giovani sono il prodotto “educativo”
    di un popolo svaccato che assegna una audience di tutto rispetto anche al
    “grande fratello” o a “l’isola dei famosi”.
    Con molta stima
    Lorenzo Basano

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    • Sono assolutamente d’accordo con lei sul fatto che girano troppi “spettacoli” veramente indecenti ai quali i giovani o addirittura i bambini assistono subendo passivamente tutta una serie di orrori che, senza il minimo dubbio, hanno nefaste conseguenze sulla loro psiche.
      Bisogna anche aggiugere però che il fenomeno del bullismo è molto più diffuso di quanto sembri perché molti anzi moltissimi episodi non vengono raccontati per non suscitare “allarme sociale” o perché si tende, a mio parere colpevolmente, a classificarli come le classiche “ragazzate”.
      Sono comportamenti che andrebbero stigmatizzati ufficialmente e non lasciati proliferare nella quasi totale indifferenza.
      La colpa della politica è naturalmente rilevante. Tutte le politiche sulla scuola hanno tendenzialmente peggiorato il sistema che si è notevolmente complicato e il lassismo generalizzato su tutto quello che comporta rispetto delle regole (la politica su questo ha dato e da un pessimo esempio)la fa da padrone.
      Credo che si debbano prendere provvedimenti urgenti per frenare un fenomeno in crescita che ha molti risvolti inquietanti e ripercussioni sulla società ancora tutte da valutare.

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  3. Non c’è dubbio che il rapporto tra docente e allievo dovrebbe essere improntato al massimo rispetto reciproco: da un lato il docente che, oltre a rappresentare l’autorità, è colui che insegna ed educa, tre funzioni che, in maniera progressiva, richiedono rispetto e perfino riconoscenza; dall’altro lato, l’alunno, ossia il giovane il cui carattere è ancora in via di formazione e la cui mente è disposta ad apprendere, giovane che ha bisogno di essere istruito nella varie materie d’insegnamento ed educato ai valori fondanti della vita.
    È fuori di dubbio che questo rapporto cosi importante e delicato richiede, da un lato, preparazione scientifica e capacita didattica, oltre che una buona dose di amore e dedizione per la professione, e dall’altro il massimo supporto di coloro che, al di fuori della scuola, educano ed influenzano il giovane, ossia le famiglie e l’ambiente che i giovani frequentano.
    Poi c’è la politica che deve provvedere al resto, i programmi, la selezione del personale, la logistica, ma anche il giusto e dignitoso riconoscimento del valore della categoria degli insegnanti, ed infine provvedere alle risorse necessarie per garantire il mantenimento e il progressivo aggiornamento in termini di tecniche d’insegnamento, materiale didattico di supporto, etc.
    Da tutto ciò si può capire come sia importante e difficile l’arte dell’insegnamento e, di contro, quanta poca importanza viene data ad essa da parte di chi dovrebbe averla più a cuore, ossia, le famiglie e la politica.

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    • La scuola forma i cittadini ed ha un’enorme responsabilità che non può essere lasciata completamente agli insegnanti ma deve essere equamente ripartita con le famiglie e con la politica che, sinora, ha solo svilito la scuola pubblica italiana e maltrattato chi la manda avanti tra mille difficoltà. E la mancanza totale di rispetto degli studenti verso i professori deriva proprio dal comportamento negativo della politica nei loro riguardi e dai comportamenti delle famiglie che molto spesso insegnano ai figli a disprezzarli. Questo andazzo è molto negativo e deve presto trovare risposte adeguate.

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  4. Insegnare è il mestiere più difficile del mondo, ma anche quello che richiede più rispetto e riconoscenza. Bisognerebbe farlo capire ai giovani.

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  5. Cara Mariagrazia,

    leggo su Italians il suo intervento sul bullismo nelle scuole e, detto che condivido sostanzialmente la sua posizione, mi spiace rilevare che, in sintonia con i media, lei ponga l’accento sulla presenza del bullismo prevalentemente negli Istituti Tecnici.

    Data la la provenienza da un ITIS (il “Lorenzo Cobianchi” di Verbania-Intra) sono particolarmente sensibile al problema..
    Ho la sensazione che, da parte dei vari opinion leader, influencer, tavole rotonde, inchieste, si tenti di far filtrare il concetto che gli studenti provenienti dalle classi colte e più abbienti siano più “immuni” dalla contaminazione da bullismo.
    Può darsi: non ho dati statistici credibili ma riconosco, nel modo di trattare il problema da parte della comunicazione, quella sensazione di presa di distanza da chi accede ad una formazione più “colta”.

    Nella storia del mio nel percorso di studi e professionale, ho subito a mia volta una sorta di bullismo, più sottile, non violento, ma per questo non meno spiacevole, proprio da chi non proveniva dalla massa degli ITIS.
    Mi permetto di allegarle la lettera che avevo inviato a Italians più di una anno fa, che aveva riscosso un buon interesse e mi aveva regalato il conforto di molti messaggi di condivisione….stavo per scrivere di solidarietà ma, sinceramente, mi sembra troppo.

    Assicurandole che non nutro assolutamente alcun rancore, o desiderio di rivincita, spero trovi il tempo di leggerla senza prevenzioni. Spero, addirittura, trovi il tempo di rispondermi: terrei molto al suo parere.

    Con i migliori saluti.

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    • Renato,
      ho letto la sua lettera (inviata ad Italians) e le faccio i miei complimenti per la sua carriera, sia scolastica che lavorativa, che, presumo, sia di successo date le premesse.
      Sul “bullismo” subito dai colleghi fossi in lei non ci penserei più di tanto. Tutti subiamo, prima o poi da parte di persone poco intelligenti, osservazioni e/ o critiche che possono anche arrivare a bullismo, mobbing o stalking, cioè tutte quelle manifestazioni che hanno il fine di umiliare la persona con la quale si ha a che fare, vuoi, per semplice cattiveria, vuoi per motivi precisi, quali: l’invidia, la gelosia, la volontà di scalzarci per mettersi al nostro posto, etc.etc. gli esempi sono molteplici e rientrano nella fenomenologia dei variegati e spesso disdicevoli comportamenti umani.
      Ma veniamo alla mia lettera.
      Io non ho scritto che” tutti” i fenomeni di bullismo avvengono negli Istituti tecnici (e qui bisognerebbe specificare perché ci sono differenze significative ) e nemmeno sono andata a traino dei media, influencer, opinion leaders, etc. Non ho alcun interesse a fare ciò. Quanto scrivo è sempre e solo frutto delle mie personali osservazioni, giuste o sbagliate e non ho mai secondi fini se non quello di esternarle ed eventualmente stimolare una discussione che serva a capire. Ho scritto che avvengono principalmente in quei luoghi e la cronaca degli ultimi giorni (ma anche del recente passato) conferma questa tesi.
      Non ho alcuna intenzione di andare a traino di nessuno ma è una semplice constatazione basata sui fatti.
      Ma ci sarebbe molto altro da dire, per esempio che in quel tipo di scuole il fenomeno è più evidente perché il livello di concentrazione di ragazzi provenienti da famiglie che hanno, per molti motivi, sviluppato una “rabbia sociale” che hanno poi convogliato nei figli è superiore che in altre. L’esempio conta molto.Ma non è certamente solo questo il motivo, la situazione è molto complessa per trattarla in poche righe. Per il momento mi fermo qui.
      Se vorrà intervenire nella discussione sarà il benvenuto.

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  6. Buongiorno Mariagrazia

    grazie per la sua risposta, rapida, chiara, esauriente e garbata.

    Vado con ordine, sperando di raggiungere lo stesso standard, con qualche concessione sulla rapidità.

    Si, la mia carriera scolastica e lavorativa sono state molto soddisfacenti.
    Ho creduto senza cedimenti in quello che ho intrapreso, mi ci sono dedicato con passione e tenacia, trovando sempre interesse e stimolo in ciò che facevo.
    I verbi sono al passato perché, da qualche anno, sono “dipendente INPS” a pieno tempo.
    Devo riconoscere che il mio percorso ha beneficiato di alcune circostanze e situazioni fortuite e fortunate:
    – l’apertura ai diplomati (timida e sperimentale, proprio nell’anno del diploma) di poche facoltà tecniche, tra cui il Politecnico di Milano. Dopo indecisioni e vari consigli di famiglia, più che altro per motivi economici, mi ero iscritto al’esame di selezione all’ultimo giorno valido, a segreteria già chiusa, supplicando un bidello di trasmettere comunque la mia documentazione. Non ho mai potuto ringraziarlo, perché non l’ho più incontrato, ma mi ricordo sempre di lui, con grande riconoscenza, come uno dei personaggi più importanti nella ma vita.
    – un corpo insegnate eccellente, tanto all’ITIS quanto al Poli. Persone rette, competenti, dedicate, severe ed esigenti il giusto. Qualche eccezione, ma davvero pochissime
    – un mondo del lavoro con possibilità (detesto il termine opportunità per questo concetto) oggi impensabili. ( A fine studi, di diploma prima e di laurea poi, ho ricevuto decine di inviti a colloqui di possibile assunzione da parte di Aziende di ogni livello, incluse le grandi del settore elettrotecnico, allora fiorenti In Italia.
    Ho optato, in partenza per la ricerca, in un Istituto e in una città bellissimi: l’ISMES a Bergamo.
    Dopo poco più di anno, con grosse nubi all’orizzonte della ricerca, ho deciso per l’Industra, rimanendo nel settore tecnico.
    Progettazione, sperimentazione, responsabile della Direzione Tecnica, collaborazioni internazionali su grandi programmi industriali.
    E, a fine percorso, un ritorno alla ricerca, sempre in forza alla stessa azienda, partecipando a programmi lanciati e gestiti dalla Commissione Europea.
    Quest’ultima, un’esperienza molto illuminante su che sia “la Macchina di Bruxelles”.

    Le sono grato per le sue parole in tema di bullismo e devo dire che, tutto sommato, me ne sono fatto una ragione, senza astio per nessuno.
    Quanto alla cultura non mi sento affatto umiliato da chi condivide una celebre affermazione, attribuita a Benedetto Croce, che avrebbe sentenziato: la scienza non è cultura. Peccato, piuttosto, che una persona della sua levatura sia incappato in una simile sciocchezza.
    Tutte le culture dovrebbero avere diritto di cittadinanza e pari dignità. Non riesco a credere che un pensiero di Kant o la conoscenza minuziosa del greco abbiano più valore per l’umanità’ della legge di Ohm o del secondo principio della termodinamica.

    E veniamo alla sua lettera.
    Ha solo ragione a puntualizzare la sua posizione e spero mi assolva per la poco felice esposizione del mio pensiero. Non intendevo (e non è una ritrattazione alla Berlusconi…) accusarla di essersi fatta contagiare dal pensiero corrente dell’informazione.
    Piuttosto, avevo rilevato una coincidenza con, ma non una dipendenza da.
    Concordo senza esitazioni con la sua replica e le sono grato per aver scritto la sua “difesa” così come lo ha fatto: chiara, esauriente, garbata.

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    • Senz’altro assolto. Grazie a Lei per questa chiara e serena esposizione del suo “cammino” sia studentesco che lavorativo.
      Sono d’accordo con lei che non esista una cultura di serie B e che chi lo afferma dica una schiocchezza (chiunque esso sia).

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  7. Signor Renato,
    non è importante l’iter accademico che ognuno di noi segue, quanto in che modo riusciamo a renderlo utile a noi e agli altri nella vita. Lei sembra non debba assolutamente dolersene.
    In quanto alla pretesa di qulcuno che la scienza non è cultura, credo sia solo una sciocca presunzione.
    A parte gli esempi del passato di matematici filosofi quali Cartesio, Liebniz, o più recentemente scienziati quali Einstein o Bertrand Russell, oggi
    la scienza ha soppiantato la filosofia e sempre più è imdispensabile per capire il mondo e l’universo.
    Cordialità

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  8. Grazie Alessandro,
    mi permetto di “saltare” il signor e, naturalmente, accetterò con piacere lo stesso approccio.
    Concordo pienamente su quello che mi dice e sono veramente contento di aggiungerla al nutrito gruppo che mi ha confortato con i suoi commenti alla mia “storica” lettera a Severgnini.
    A quelli che sottovalutano o sviliscono scienza e tecnologia, e magari fanno mostra di disprezzare, pur godendone i benefici, i progressi raggiunti grazie a queste discipline, vorrei ricordare un commento, che considero azzeccatissimo, rilasciato da una ricercatrice (non ricordo chi fosse…peccato) al giornalista che la intervistava:
    ” I bei tempi passati non sono mai esistiti”.
    Buona giornata e buona settimana.

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  9. Renato, grazie per avermi dato riscontro, certo il signor può essere omesso.
    Scienza e tecnologia credo che possano caratterizzare tutto il secolo scorso, soprattutto la seconda metà di esso.
    Basti pensare allo sviluppo dei mezzi di trasporto e allo sviluppo delle telecomunicazioni che hanno reso più “piccolo” il mondo; dell’informatica che ha reso possibile l’elaborazione di quantità enormi di dati scientifici; oppure i passi da gigante della medicina e della chirurgia, che hanno debellato malattie e allungato la vita umana, nonché la conquista degli spazi che ha proiettato l’uomo al di là del proprio habitat naturale, o la conoscenza intima della materia che gli ha aperto nuovi orizzonti circa l’essenza dell’universo.
    Insomma io credo che la scienza sia l’espressione più vera dell’uomo di oggi.
    Cordialità

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