E’ fuori ma resta

Un’idea che Trump mi ha dato fin dall’inizio del suo travagliato mandato è che il presidente Usa fosse pazzo.
Non l’ho cambiata anzi, si è rafforzata.
In questo momento Trump è ancora presidente Usa in pieni poteri, ma ha poco tempo davanti a sé per esercitarlo visto che perso in larga misura le ultime elezioni e se ne deve andare.
E nonostante tutte le sue accuse di frodi e di brogli che si sono rivelate del tutto prive di fondamento, lui continua ad affermare di avere vinto ” a valanga”.
Ecco, direi che una valanga di risate dovrebbe sommergere la Casa Bianca dopo queste affermazioni e invece c’è chi gli crede, chi lo sostiene e parla confusamente di “deep state”, cioè un complotto occulto, organizzato per rovesciare i legittimi governi.
Nel caso di Trump non solo è ridicolo evocare una simile eventualità, ma lo stesso è stato messo sotto impeachment con l’accusa di aver fatto entrare una potenza straniera nelle elezioni che lo hanno proclamato presidente, per aiutarlo a tale scopo.
Ora, alla luce di questi fatti e della sua scellerata ostinazione a non voler fare le valige e addirittura di minacciare cose non meglio precisate ma inquietanti per l’America e per il mondo, viene da pensare che sia davvero matto e che ai matti non bisognerebbe dare in mano il potere. Mai.
Lo potrebbero usare molto ma molto male . Ed è questo il caso. Un presidente uscente che non ne vuole sapere di uscire non può che essere un pazzo che ha in mano il cerino che potrebbe far esplodere una polveriera di proporzioni incalcolabili.
Che cos’altro ha in serbo per noi questo maledetto 2020?

 

Ripropongo un mio articolo sul “tema” pubblicato nel 2017:

Alcune firme del giornalismo internazionale scrivono che Donald Trump somiglia ad un bambino, che sembra non avere freni inibitori, che si comporta come uno che vede per la prima volta un vaso di Nutella e non lo molla fino a che non è arrivato a vederne il fondo. E ancora, che in America tutti possono essere nominati presidente, ma non tutti possono esserlo. E cose di questo tipo.

E non è passato neppure un semestre dal giorno dell’insediamento. Ricordo di aver pensato, quel giorno, che non gli avrei dato sei mesi di vita (in quella carica, naturalmente) e forse non ero molto lontana dalla verità. Forse.

Ma ora sembra più facile criticare, le ultime azioni del presidente sembrano più le gesta di un apprendista stregone precario, che di un uomo che ha in mano le sorti della paese più potente del pianeta. Qualche mese fa, tanti commentatori si lanciavano nel rassicurare il mondo dicendo che, si, The Donald pare matto, ma è solo apparenza, in realtà è uomo accorto e saggio.

Già, cosi accorto e saggio e competente, aggiungerei, che è a tempo di record, ad un passo dall’impeachment. Che, a quanto sembra, non è cosa facile, ma dato che se ne parla sempre più spesso, non cosi impossibile come sembrava esserlo quando le donne in marcia contro Trump lo evocavano fin da subito.

Si è sfogato, Trump, davanti ai cadetti della guardia costiera, ha tenuto un discorso accorato, ha detto che nessun uomo politico è stato tanto bistrattato come lui nella storia e che mai e poi mai bisogna cedere: never give up. Ha detto: mai cedere. E quasi piangeva, almeno cosi mi è sembrato dalla smorfia della bocca, stava per fare quella che mia nonna chiamava “la scafa”, cioè, tradotto dal veneto antico: la bocca a forma di lavandino. La forma giusta per raccogliere le lacrime.

Cosa avrà fatto mai? Tra qualche altra “bazzecola”, ha licenziato in tronco il direttore dell’FBI che stava indagando sul Russiagate, gli aveva anche detto, in precedenza, di lasciar perdere l’inchiesta sull’ex consigliere alla sicurezza Flynn il quale, pare aver intrallazzato coi russi per fargli vincere le elezioni. Una cosetta da nulla.

Ma quel tignoso di Comey se l’era appuntato; è uno cui non sfugge nulla e potrebbe portare le prove: altro che 30mila per T (si riferisce all’inchiesta Consip NdR), quello ha scritto nomi e cognomi, data e ora e adesso può, volendo, vendicarsi di brutto di quel calcio nel sedere. E poi, ha “solo” rivelato un segreto di Stato di quelli col codice rosso ai russi ( rosso/russi, forse gli sembrava che l’accostamento di colori fosse una garanzia). E poi il rosso gli piace, gli ricorda il suo amato ciuffo ribelle.

Sulla scrivania del suo ufficio ha un bel bottone rosso molto inquietante in evidenza, ma non serve per sganciare l’atomica, no, ma per chiamare il maggiordomo che arriva con un vassoio colmo di chips and Coke. Ma, a quanto pare, per lui non fa una grande differenza.
Trump rischia l’impeachment, il mondo rischia molto di più: lui.

 

 

1 commento su “E’ fuori ma resta”

  1. Veramente inquietante per una grande Potenza come gli Usa, avere scelto quattro anni fa un Presidente come Trump.

    https://www.ilsole24ore.com/art/cnn-trump-tentato-rifiuto-lasciare-casa-bianca-ADo8pi9

    risposta
    forse, allora, sarebbe da rivedere il lavoro del procuratore speciale Muller circa il Russiagate, forse gli americani non hanno proprio tutta la colpa se sono rimasti affascinati da un tipo simile. A questo punto dovrebbero intervenire le forze speciali con qualche supporto psicologico.

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