Processateci tutti

Ormai siamo al “processateci tutti”. Tutti colpevoli di governare con la politica dei portichiusi.Nessun ministro si è ancora chiamato fuori.
Nè Tria, né Savona, né Centenaro, no lui chiude le stalle, al massimo.
E gli altri? Bongiorno chiude le anagrafi, Grillo gli ospedali, e poi chi manca? Lezzi chiude le autostrade al sud, tanto ormai erano tutte a rischio.
Insomma tutti che vogliono chiudere qualcosa.Conte ha chiuso il conto (in banca).
DiMaio ha chiuso con la fidanzata (ma solo per solidarietà con l’alleato che ha già chiuso da un pezzo con la sua, anzi , veramente è lei che gli ha sbattuto la porta in faccia, pare che ce l’avesse sempre sporca di sugo o di Nutella. E andiamo, a tutto c’è un limite (invalicabile).
Casalino ha chiuso temporaneamente con i giornalisti, appena ne incontra uno gli spara lo spray al peperoncino.
Persino Travaglio, per solidarietà, ha deciso di chiudere, almeno per ora, con le ospitate da Gruber. Gli stanno cedendo i nervi.
Insomma l’Italia chiude per ferie in gennaio, ormai abbiamo ponti chiusi ed insicuri, ponti traballanti o del tutto assenti, terremotati dimenticati e commercianti delle zone intorno al ponte Morandi a Genova che non godranno più delle agevolazioni fiscali: spenti i riflettori su quella zona spenta anche la solidarietà pelosa e parolaia del governo dello sbarramento.

Non fiori né opere (di bene) grandi o piccole, ma solo muri. Ermeticamente chiusi.

Non giudicare!

Avete notato quanti piagnoni girano nell’web?

Massì quelli che hanno sempre qualcuno da criticare? Non parlo delle critiche dirette ai politici, quelli vanno criticati sempre, no parlo del mondo, in generale.

Se la prendono con tutti: medici, infermieri, impiegati della P.A., insegnanti (per carità, non ne parliamo proprio)…e via cosi.

Trovano sempre il modo per dire qualcosa di negativo nei confronti di qualcuno o di qualcosa.

Ci sono, per esempio, quelli che se la prendono con i giorni dedicati. E’ pur vero che, in genere, sono rituali ai quali ci siamo abituati e che con l’abitudine possono aver perso una certa immediatezza di sentimenti e di emozioni, ma da questo ad arrivare a criticare la giornata della Memoria dicendo che è un rito trito e che bisognerebbe fare qualcosa che vada al di là e oltre le parole, come se le parole non fossero pietre in certi casi, lo trovo solo una delle tante testimonianze di come il narcisismo (soprattutto maschile) si estrinsechi in vari modi e, purtroppo, anche coinvolgendo temi “sacri” come le commemorazioni nei riguardi dello sterminio degli ebrei.

Ma poi ci sono quelli che protestano su tutto.

Un altro esempio, uno dei più classici: prendersela col Papa. Non è mai un “buon Papa”, ha sempre quache difetto di “fabbrica” palese o nascosto sul quale, i nostri, trovano da ridire per paginate.

Per non parlare di papi che sono stati consacrati santi dalla chiesa.

Apriti cielo, è il caso di drilo. ma quali santi’ Dicono in tanti. Come si fa a decidere che questi hanno fatto miracoli? E poi che cosa sarebbero questi miracoli?

Notare che poi sono proprio loro quelli che, trovandosi in condizioni critiche, anche per qualche banale incarnimento dell’unghia, si affrettano a chiederne l’assistenza, in privato. Certe novene!

Insomma, si potrebbe farne un bel trattato psicosociologico, la materia non manca.
Gli eterni scontenti, poi, sono tra i più battaglieri e invadenti.

Non gli va mai bene niente. Sono sempre pronti a criticare qualsiasi cosa e dopo che l’hanno criticata sono pronti anche a smentire di averlo mai fatto, soprattutto quando si trovano a dover dare conto di certe affermazioni disfattiste ed offensive nei riguardi di qualcuno o qualcosa su cui si erano pronunciati con parole di fuoco.

Sono fatti cosi: partono lancia in resta come il prode Amselmo ma, se trovano che li confuta apertamente e con ottimi argomenti, sono pronti a ritirarsi nel guscio come le lumache, cambiare discorso, affermare di non essere stati compresi, addirittura arrivano ad accusare chi li accusa di essere loro quelli che avevano parlato male del tale o tal altro,per i primi.

Insomma, i giratori di frittate sono sempre in agguato e trovano pure chi gli da corda.

Eh si. perché fanno comodo. Tornano utili. Sono sempre pronti ad accodarsi a qualsiasi pessima causa purchè si tratti di spettegolare e gettare fanghiglia motosa, sempre con le migliori intenzioni, non sia mai, su tutto.

Facilmente ravvisabili in quelli che iniziano i discorsi: ” Non mi permetto di giudicare ma…” e poi partono con delle filippiche dicendo tutto il male possibile sul malcapitato di turno, non smentendosi e alla fine aggiungendo anche, per soprappiù, che non guasta mai: ” io mi guardo sempre bene però dal criticare perché ho sempre presente la massima aurea: non giudicare se non vuoi essere giudicato”.

E dai…

E dai Salvini e dillo che hai un po’ di fifa. Rischi di andare in galera. E lo sai. Perciò questo Furbman show del tuo alleato è inutile.
Lo vuole far processare, non si metterà contro la sua volontà, dice DiMaio, tanto poi andrà a testimoniare che la colpa non è solo sua ma di tutto il governo. Dall’uno vale uno al tutti per uno.
Lo ha detto da Giletti DiMaio, ha fatto il beau geste. Salvini non commenta, si tiene fuori dalla competizione, e che c’entra lui? Forse gli conviene tacere a questo punto. Almeno cosi si sono accordati: taci tu, ci penso mi.
Lascia fare ai Cinquestelle che sono nella…mota fino e oltre il collo.
Al Senato avranno una bella gatta da pelare.
Come fanno a votare per l’immnunità a Salvini? Sarebbe un suicidio collettivo di quelli spettacolari.
No Tav, Si Tap, no triv, si triv….passi, ma qui…siamo veramente al fondo del barile dell’Onestà, onestà, ma che è ‘sta roba quà?
E il Conte dove sta?
Il premier dove sta, cosa pensa, che fa?
Si slega dai Furbmen shows, oppure sta con un piede in sette scarpe?
Ormai Conte non ha più scarpe, il suo guardaroba è sfornito di stivali dalle sette Leghe per fuggire dal pasticcio dove lo hanno messo i gatti dei vicoli miracoli.
Ma ora che sono al governo anche i gatti a cinquestelle (che non fanno miracoli) si sono ritrovati tutti bigi.
Tengono per l’alleato in tutto e per tutto, gli preme che rimanga al suo posto: il governo non deve cadere.
Giusto, perché se cadessero assieme al governo, i cinquestelle quando si rialzano? Neanche coi paranchi.

Nessuna indifferenza

Leggo spesso di una presunta “indifferenza”, ultimamente non si parla di che di “indifferenza”.
Ma è un tema che ricorre. E’ una fase storica ed esiste in tutte le fasi storiche.
ma è un’allucinazione.
C’è, esiste, in qualcuno forse più di qualcuno, una sorta di apatia verso il mondo.
ma, sono sicura, che la maggior parte della gente non è affatto indifferente.
Sono sicura che ci siano in Italia e nel mondo persone sensibili e intelligenti che vedono e capiscono e che cercano, a modo loro, con i mezzi che hanno a disposizione, di fare qualcosa per denunciare quello che non va nella società in cui vivono.
Non sempre si sa, però, quello che succede.
Non sempre si è in grado di capirlo. Nel qui e ora quotidiano, ognuno ha il proprio orto da coltivare e quello del vicino potrebbe veinire in secondo piano. E’ normale.
Ma io non sono mai stata indifferente alla sofferenza. Mai. e Come me, ne sono certa, tutta la mi faamiglia. E per quanto abbiamo potuto, coi mezzi che avevamo a dispsizione, abbiamo sempre rognato.
Mio nonno ha preso due volte le botte a sangue dai fascisti. Ha avuto la casa sconquassata. Ma non taceva.
Ora ci saranno anche stati quelli che vedevano, che capivano e che non facevano nulla, ma ci sono stati (e ci sono) quelli che si agitano, che denunciano che non stanno zitti, nei regimi come in democrazia.
Basti leggere gli epitaffi delle tante vittime della Resistenza.
Dalle mie parti ce ne sono dovunque ti giri. Ragazzini di 17 o 18 anni che hanno speso i pochi anni che avevano per combattere per la libertà e per quella hanno perso lavita.
La piazza di Mirano è dedicata ai caduti della Resistenza.C’è un monumento con un prigioniero con le mani legate e alzate al cielo.
Simboleggia il “prigioniero” di tutti i tempi, l’uomo la cui libertà viene negata proprio mentre lotta per ottenerla per sé e per la sua famiglia o per un ideale.
Oggi è giusto ricordare le atrocità commesse, fino a che ci saranno giornate come questa che commemorano le vittime della stupidità, arroganza, violenza, subdolo cinismo e arrivismo dell’uomo, fino che ci sarà discussione e libera espressione delle idee , ci sarà democrazia
Non vedo indifferenza oggi in Italia, ma rabbia, importenza, delusione, sentimenti che potrebbero sfociare in fenomeni pericolosi.
Spetta alle Istituzioni democratiche vigilare perché ciò non avvenga, io ci spero.

Intelligente è l’uomo che ha memoria.
Che la coltiva e la cura
Che la semina e innaffia e nutre.

Il mare ha memoria, la terra ha memoria
Il cielo ha memoria.
L’Universo ha memoria.

Se manca la memoria, l’uomo assomiglia
Alla bestia che agisce d’stinto e uccide.
E dimentica.

La memoria siamo noi, il futuro è la nostra
Memoria.

Le tracce lasciate sulla terra dalla Bestia
Senza memoria, non si cancellano.

Restano indelebili a testimonianza della
Bestia senza memoria.

Ricordare è onorare i morti.
Dimenticare è uccidere l’intelligenza.

Riflessioni su un’opera epica

Pubblico volentieri questo componimento di Alessandro Stramondo su un’opera letteraria che non ho letto ma, da quanto filtra dalle citazioni, ha un impatto visivo molto forte,  parole che mi hanno ricordato un’altra grande opera di un grande artista.

Non so perché (forse perché entrambe parlano della sofferenza umana), ma mi ha ricordato  Guernica di Picasso.

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“Per un momento s’era visto l’Jonio, con tutto che era in rema morta, gonfiarsi sulla mezzeria come se di colpo, animandosi si mettesse a respirare là, mentre durava ancora lo sconquasso di mare, ancora invisibile, l’orcaferone aveva scaricato lo sfiatatoio, facendo schizzare in alto in alto il suo doppio zampillo, e da sotto quel grande palmizio d’acqua cangiante di colore, l’animalone spettacoloso era infine apparso: un colosso nero, roccioso, che affiorava tra i suoi vapori come un isolotto oblungo di pietra lavica, il grano dorsale sbavato di schiume.”
Si tratta dell’orcaferone, animale marino sterminatore di pesci, noto col nome di orca, simbolo della morte, motivo centrale di Horcynus Orca ,  romanzo che ho scoperto solo di recente, il cui autore, il siciliano Stefano D’Arrigo, di grande talento, ma noto soltanto alle elites letterarie, impiegò più di vent’anni prima di darlo alla pubblicazione nel 1975.
Un’opera epica di grande respiro, una sorta di odissea tragica, fatta di mille tonalità di caratteri, umori e situazioni, in un linguaggio tutto particolare, frutto di una commistione di lessico italiano e termini dialettali filtrati dalla lingua italiana,  che ha come scenario il mare dello scill’e cariddi, ai tempi della seconda guerra mondiale.
Quel mare che dà vita e insieme morte: e col mare, tutta la vita che  esso contiene – mille specie di pesci, pescispada, squali e soprattutto i delfini che i pellisquadre, ossia i pescatori,  chiamavano “fere”, pesci bestini cha hanno “quell’impressione di riso perenne, di smorfia, di sfottò delle labbra beccute”; e perfino l’orca, chiamata anche ferone o orcaferone,  creduta immortale e dispensatrice di morte;.
Quello stesso  mare intorno al quale si svolge la vita dei “pellisqudre”, privati dalla guerra del loro mestiere,  o dei “riattieri”, genia da essi disprezzata, o delle spose e dei “muccusi” che attendono invano chi partì per la guerra, o dei combattenti, estranei portatori di rovine e di morte.
Fatti, evocazioni, ricordi, fantasie, meditazioni, credenze, favole, tutto si mischia in un’atmosfera onirica, cupa, pregna di sensualità e del sentore di morte, e una sensazione di mondo in disfacimento.
Impossibile in breve  spazio dare un’idea completa di quest’opera, mi limiterò  ad un’esposizione  fatta per sommi capi, citando, fra i mille, alcuni episodi che più mi hanno colpito, corredati da citazioni dello stesso autore.
Il protagonista, ‘Ndria, è un nocchiero semplice, della reggia marina italiana, lasciato in libertà dopo lo sbando seguito all’armistizio, una  sorta di Ulisse che ritorna in patria, percorrendo a piedi, lungo le spiagge, la strada del ritorno al suo paese, Cariddi, nelle sponda siciliana dello stretto.
Nel suo viaggio ha occasione di conoscere le “femminote”, energiche contrabbandiere di sale, di “incarnato tosto, prepotente, scuro, movenza malandrinesca, tutta naturale, d’un corpo statuario, di gran vista, però commisurato a se stesso, alla perfezione: un corpo alto di ponte, coscialunga, e gambe trampoliere, dalle larghe, nere, polverose piante dei piedi di sempre nudi…”Una delle quali lo ferma:
“Un soggetto capotico che a suo tempo doveva aver furoreggiato e ancora se la batteva, col personale grande e giovanile, la faccia tosta e lucida, gli occhi di piratessa, mezzi chiusi e terribili, la rughe che le tagliuzzavano la faccia… Vecchiaia o rasoiate, quelle rughe, o intacche, le stavano sulle guance come un tatuaggio con la data,  di quando doveva essere assai sbardellata e invogliante, una gran campiona di galeota, passionale e tragediatora, e gli uomini che ci incappavano, o finivano in carcere o finivano al cimitero.”
Lo ferma e gli offre la figlia, una muccusella, bellissima, sposa precoce e vedova illibata uscita di senno (il marito,  precettato lo stesso giorno delle nozze, è caduto in guerra) , affinché lui possedendola ne possa rompere l’incantesimo. ‘Ndria diffidente si esime, lei leggendogli la mano, si rabbuia, come avesse visto una profezia di morte.
Nel suo andare incontra  lo spiaggiatore, col suo “mosciame” di fera in spalla con cui sfamarsi, che gli parla del “visto con gli occhi”, di cui fidarsi, e del “sentito dire”, di cui diffidare, e tra il sentito dire, gli indica l’unica possibilità di traghettare,  in mancanza di ferribò, per mezzo delle trafficanti di sale. Tramontato il sole, lo spiaggiatore  si scava il letto in cui passare la notte come una tomba: ancora un sentore di morte.
Il  giovane  deve superare molti ostacoli prima di traversare lo stretto, si troverà tra  i campi dei colerosi e gli invaiolati, perché  “il morbo di faccia più notorio fu sempre quello, il vaiolo… e quelli col ricamo in faccia, essendo i più, apparivano al loro completo naturale, mentre quelli di faccia sana, essendo i meno, apparivano difettosi e  come fuori natura”.
Alle scene di desolazione si alternano ricordi dolorosi di bambino, di estrema pietà, come la vista del muccusello  morto.
“Nella controra… uno sprazzo di quel sole arraggiato  balenò dentro dal vano di porta… gettando l’abbaglio della sua lama, preciso, misurato, lì davanti, sopra un catafalchetto  tutto bianco e parato come una culla di vava addormentato… Era conzato tra le sedie impagliate, con decoro di lenzuola alle spalliere e imbottimento di origlieri dentro: il muccusello di sei anni e mezzo o sette…era bello, pulito, coi capelli come tagliati freschi all’umberta… era vestito in pompa magna… tutto di bianco…posava la mani sopra l’impugnatura di una spadina di latta… se la madre l’armò,  pensavano, segno che può averne bisogno… andava forse fra grandi e ignorati pericoli, dove sarebbe stato solo, senza madre, né padre, né un amico, nessuno, per sentirlo se gridava aiuto…
Ma riguardandolo in viso, il muccusello gli sembrò più grande, assennato e come invecchiato da un secondo prima, come uno che s’andasse a buscare il suo pane di morto in quell’impresa,  in quel lungo, lunghissimo anzi, per non dire infinito rischioso viaggio, e intanto si fosse appoggiato all’origliere per farsi un sonno…”Finalmente trova la femminota che lo traghetta su una barchetta,  una donna rude, energica, materna e sensuale, e un po’ fattucchiera, una  maga Circe, capace di remare da sola e addomesticare le “fere”, ossia i delfini, col suono di una campanella, din-din, e passare indenne lo stretto. Una sorta di viaggio agli inferi, compiuto  il  quale, i due avranno  una rapporto carnale:
Lei “mandò un sospiro lungo, lamentoso, rabbrividito, come esalasse l’anima, prima di calarsene, sprofondare dentro la nicchia di sabbia che s’era scavata sotto le spalle, e lì farsi consumare dal fuoco che lei stessa sbraciò e attizzò più volte, sinché non si ridusse in cenere.”

Il nostro eroe giunge in Sicilia in concomitanza con la scorreria di un’orca gigantesca, con una grande ferita al fianco che ammorba l’aria, metafora della morte,  del cui effetto distruttivo sono vittime due poveri pescatori: “padre e figlio erano tutti rotti dentro, con la ossa fracassate, senza più nodosità di spina dorsale né spigoli di spalla o rotondità di ginocchi e teste; erano ridotti ormai monchi e flosci dentro la loro pelle come dentro un sacco…”

Vaga tra luoghi e persone note, ma profondamente mutate, il padre Caitanello, costretto contro le sua convinzioni a mangiare carne di “fera”, la “zita” Marosa,  ormai donna fatta, che come penelope lo aspetta ricamando pesci, gli stessi pescatori che sentono la carestia di mare:
”il primo e più impressionante segno della carestia di mare è sempre questa moria di parole… il silenzio si sprigiona di là dalle acque incarognite e tocca terra, entra nelle case contagiando tutto e tutti come un vento colloso…”

Evoca l’Acitana moglie di Caitanello, e di essi  ricorda  le parole d’amore che  scambiavano di notte, incomprensibili per lui muccusello.
Passa in dolorosa rassegna le madri sugli usci con le foto dei figli, semmai ne avesse avuto notizie.
Una di esse, una donna gozzuta,
“si fece improvvisamente assorta, sola e derelitta, senza più spirito e senza più forze, lo sguardo lontano sullo scill’e cariddi, il collo stirato dietro lo sguardo, come per allungare la vista, e il gozzo che si spingeva contro la pelle, quasi sul punto di spaccarla, come uno spaventevole groppo di pianto, un grosso nodi di lagrime pietrificate a forma d’uovo di struzzo… e pareva che da un momento all’altro o si frantumava e scioglieva, o la strozzava… Continuò a chiamare Nino, Giacomino, a ciglio asciutto, e a un certo punto, quasi a labbro muto, ripetendo i due nomi tanto in fretta da parere una parola sola… come una parola magica… come s’aspettasse veramente di vederseli comparire là davanti, Nino e Giacomino, approdati per magia sulla marina, a braccetto col loro sorriso risplendente.”

Nel suo girovagare per riprender contatto con quel suo mondo che la guerra aveva  trasformato incontra il Maltese, agente coadiutore degli occupanti inglesi dell’Amgot, omosessuale, un tipo che
“aveva l’aspetto grezzo di un sensale di bestiame o d’un oliaro che con le misure d’olio si fece i piccioli… con un personale bastardo, di femminomo per così dire,… un busto squadrato e lardoso come una soppressata… i tratti dell faccia con boccuccia, nasetto, occhietti e orecchietti…”
Un incontro decisivo per le sorti di ‘Ndria , arruolato dal.Maltese per una regata al prezzo incredibile di 1000 lire, buone per l’acquisto di un palamitara. Ciò innesca nel giovane un lunhissimo processo mentale e un confronto col più autorevole dei pellisquadra, don Luigi Orioles, se è il caso di accettare l’offerta del Maltese, esorbitante e perciò ambigua, buona però per  acquistare una palamitara con cui ritornare sul mare e guadagnarsi la vita come una volta. Ma ‘Ndria capisce che i pellisqudre sono mutati, un altro è il favore che dovrebbe chiedere al Maltese, quello di uccidere l’orca, ormai scodata dalle fere, e  perciò come già privata della vita, e arenarla sulla spiaggia per sfruttarne le carni e la carcassa, un basso lavoro che i pellisqudre di un tempo non avrebbero mai fatto.

‘Ndria prende coscienza che non ci sarà barca su cui tornare a mare, ma barca come bara, come un  presentimento di morte. Lui non è l’eroe omerico che ritorna per ripristinare lo status quo ante, ma l’eroe sconfitto che vede il suo modo dissolversi come l’orcaferone
E la morte la troverà, in un lampo, per via di una pallottola di una sentinelle inglese. sulla barca dove vogava con la ciurma raccogliticcia,  quasi a voler raggiungere/fuggire da qualcosa di dolce/amaro.
“Spuntava la luna da Malta, scoprendo in quel cielo , appena fuori dello scill’e cariddi, banchi di nuvole bianchissime . Erano ormai a proravia della portaerei, quando la luna irraggiò in quelle profondità e sotto la corsa della lancia le acque scintillarono tenebrosamente… si sentì ancora il verso degli albanelli… e col verso degli albanelli, come se mirassero agli uccelli, si sentì da prora delle portaerei, la sparo di una sentinella che risonò come se graffiasse l’aria con uno strappo lamentoso…”
La ciurma continuerà a vogare per riportare ‘Ndria a casa:
“Allo scuro si sentiva lo scivolio rabbioso della barca e il singultare degl i sbarbatelli com l’eco di un rimbombo tenero e profondo, caldo e spezzato , dentro i petti. La lancia saliva verso lo scill’e cariddi, fra i sospiri rotti e il dolidoli degli sbarbatelli, come in un mare di lagrime fatto e disfatto a ogni colpo di remo, dentro, più dentro dove il mare è mare.”
A mio avviso un capolavoro, e a detta di Giuseppe Pontiggia, un epos moderno simile all’Ulisse di Joyce.

Alessandro Stramondo

Banderuole

Voglio proprio vedere che cosa faranno i grillini quando dovranno dare l’autorizzazione a procedere su Salvini.
Ci sarà da ridere. Loro i giustizieri della notte che hanno bloccato la formazione del governo perché non volevano fare patti con Berlusconi, pregiudicato, ora si troveranno a decidere se mandare a processo il loro alleato di governo accusato di sequestro di persona.
Ma Salvini è un eroe, un martire, diranno a gran voce i nostri voltagabbana a seconda di come gira il vento. banderuole come queste se ne sono viste poche nella storia italiana, battono tutti i record.
E, anche questa volta, troveranno il modo per volteggiare, bellamente alla facciaccia di chi ha creduto di mandare a l governo persone coerenti e ricche solo di ottimo buon senso comune.
Perché a rendere Salvini perseguibile ci perderebbero la poltrona, direbbero che un’occasione di governare come questa non si ripresenterà e loro la devono sfruttare fino all’ultimo, pur a malincuore, con qualche remora, ma chi non ne ha?per fare il bene degli italiani. Già, bella scusa!
Fasulli. Si stanno comportando esattamente come il “governo” di Roma: che ha parlato bene ma sta razzolando (fra la spazzatura e le buche, malissimo).
Intanto Conte fa pissi pissi, con la Merkel: le spiega che i Cinquestelle sono in difficoltà nei sondaggi mentre la Lega vola.
E la Merkel accenna ad un “capisco”. ma capisce che?
Secondo me capisce che Conte è uno che fa un po’ il piacione, da bravo italiano e vuole allisciarle il pelo per accreditarsi, fingendo di farle delle rivelazioni intime e personali di cose che sono su tutti i giornali nazionali ed extranazionali. E che lei conosce meglio di lui.

Salvini si atteggia a martire. Non mi stupisce.
Calderoli però è stato condannato dopo anni, per l’offesa alla ex ministra Kyenge (il famoso Orango) a 18 mesi di reclusione.
Notiziola passata quasi sotto silenzio. Anche lui martire?
Ma, insomma, se Salvini è L’Innocente che si proclama, chieda di farsi processare subito.
Se è innocente verrà prosciolto ma la smetta di fare il martire perché sulla Diciotti non c’erano i pirati della Malesia, ma 170 persone bisognose di aiuto su una nave militare italiana che non poteva che attraccare in un porto italiano.

O voleva forse riportarli in alto mare e annegarceli?

Amate sponde

Salvini di nuovo indagato per sequestro di persona nel caso “Diciotti”,dal Tribunale dei Ministri. Lui si atteggia a martire e si attacca alla Costituzione dove recita “Difesa della patria”.
Lui ha solo difeso la Patria impedendo alla nave “Diciotti” di attraccare sulle coste della Sicilia.
L’ha difesa contro 170 bucanieri armati fino ai denti che volevano assalirci e non delle persone : uomini, donne, bambini, stremati dopo aver attraversato l’inferno e che sono stati lasciati in balia delle onde per giorni e giorni da un ordine del ministro dell’Interno che doveva dimostrarsi duro e irremovibile con dei poveracci allo stremo delle forze.

Totalmente incurante delle manifestazioni di solidarietà che si sono protratte per giorni al porto di Catania da parte della popolazione che è sempre stata molto accogliente e che era esterrefatta da tanta crudeltà e cinismo.

Salvini cosi non si difende la Patria. Cosi si fa solo demagogia spicciola e meschina sulla pelle dei disperati.
Eddai che lo sai anche tu.
Ora la pratica passa alla Giunta per le autorizzazioni a procedere.

Salvini si sente già un eroe e si mette a disposizione di chi volesse ritrarlo o scolpirlo su marmo di Carrara, volendo anche su un cavallo bianco…
Sento dire che gli fa solo bene, la Gloria lo attende nei secoli dei secoli.
Il ministro dell’Agricoltura, che sinora non si era mai sentito fiatare, ha preso le sue parti.
Centenaro, occupati dei campi di pomodori dove si pratica la schiavitù. Salvini si salva da solo.
Forse.

Intanto…

oltre centoventi lavoratori italiani saranno messi in mezzo ad una strada a Castel Nuovo di Porto dove si sta sgombrando il centro di accoglienza (C.A.R.A).
Prima gli italiani dunque, fuori anche loro e senza preavviso e pima degli altri. Un bel calcio nel sedere e un bacio del leghista.

Andranno a chiedere il Rdc?

Già, una bella soddisfazione, si metteranno in coda e attenderanno di essere passati ai raggi X per vedere se hanno addosso tracce di divano.

“Bella Italia…amate sponde”.

Lo sguardo altrove

I grillini hanno dichiarato guerre stellari alla Francia.
A bordo dell’Enterprise, DiMaio (Spock) e DiBattista(Kirk) stanno programmando il piano di azione per sconfiggere la potenza nemica.
La superpotenza colonialista che in questo momento è indebolita dalla protesta dei Gilet Jaune si presta ad essere il primo target della nuova Enterprise a Cinquepalle.
Lo stemma è infatti cinque palloni da spiaggia che simboleggiano le altrettante sfide che i nostri eroi intendono lanciare al mondo.
Si inizia con la Francia a poi non si sa chi sarà il prossimo.
Intanto Dibba ha già messo sull’avviso l’intero establishment dei media italiani: occhio che vi curo, ha detto da un Fazio per niente intimidito…eh ma ci sarà tempo, bello ricordati che sei mio dipendente (si fa per dire) sembrava dire il nostro Kirk.
Lo sguardo altrove. Questo è il titolo del suo nuovo romanzo.
Perché lo scrittore Dibba (una delle sue sette vite ) ha sempre uno sguardo allucinato sul presente e anche sul futuro.
Sembra sempre non esserci nel posto in cui sta. E’ sempre nel posto sbagliato al momento giusto, solo che lui guarda sempre oltre. Ora sta in Italia per accompagnare Spock in questa mission possible.
Ormai i Cinquepalle hanno superato il muro del suono e si librano felici di lanciarsi a conquistare l’Universo.
Oggi (tanto per cambiare) festeggiano il RdC.

Ancora nessuno ha visto il becco di un quattrino ma loro festeggiano.
E ne hanno ben donde: sono riusciti a mettere nero su bianco la più grande castroneria che nessun governo al mondo era mai riuscito a imbastire.
Arriveranno questi soldi a chi ne ha bisogno? Loro spergiurano di si: una bella mancia per 18 mesi e poi se non trovano da lavorare sarà solo colpa della loro scarsa voglia di darsi da fare. Divanisti astenersi.
Loro invece di lavorare hanno una voglia matta.
Intanto si comincia con la Francia, poi si vedrà, ne hanno più di uno sullo stomaco.

Intanto Francia e Germania firmano un patto di alleanza. Almeno questo è un buon segnale: il patto di Acquisgrana per dare nuovo impulso all’Europa. L’esercito Europeo non è solo un sogno ma potrebbe diventare realtà.

Ma, attenzione, l’Enterprise di Star Five è una minaccia concreta, fanno sul serio.

C’è da crederci?

 

Facce inscalfibili

Non hanno niente in comune,  ma Theresa May e Virginia Raggi , a mio parere, un po’ si assomigliano: hanno entrambe una bella faccia…tosta, squisitamente politica.

E non c’è verso di scalfirla. Ho guardato i video dove la premier inglese si difende dalle accuse di non essere riuscita a portare in Parlamento un piano di uscita dalla UE che possa essere approvato e infatti è stato bocciato; una sconfitta clamorosa. Ma ha superato il voto di sfiducia ed è apparsa, se non proprio soddisfatta, con la stessa  espressione di sempre: cioè di una che va avanti qualsiasi cosa accada. Niente sbavature, trucco essenziale e pettinatura casual dopo cento colpi di spazzola (qualcuno caduto anche sulla testa del povero marito).

Dopotutto il suo lavoro lo ha fatto fino all’ultimo, se poi l’opposizione ( o la stessa maggioranza) non è d’accordo, ci provino loro a negoziare un’uscita più conveniente e dignitosa.

Pare che ora le daranno un po’ di tregua: il tempo per guardarsi un po’attorno e decidere la più breve via di fuga: la Mayxit. Potrebbe partire per qualche viaggio senza destinazione, oppure potrebbe dimettersi e lasciare che altri sbroglino questa intricata matassa. Lei, di matasse ne ha già una in testa che deve affrontare ad ogni risveglio e la lotta che deve ingaggiare ogni giorno per renderla presentabile si vede tutta.

Ma bisogna darle atto che è una combattiva. Le hanno dato un compito difficilissimo e, se criticare è sempre facile, non lo è altrettanto fare.

Sia lei che Virginia Raggi, non ispirano simpatia, trovo che quando non si è in grado di portare avanti un compito gravoso, come stanno dimostrando, bisognerebbe avere il coraggio di dichiarare fallimento.

Ma abbiamo esempi di donne che hanno saputo portare avanti compiti molto gravosi  senza impantanarsi nelle paludi come queste due signore. Ora May chiede la collaborazione di tutti i membri del Parlamento per  cercare di uscire velocemente da questa impasse.

Coi pescecani che girano dalle parti di Westminster (come quelli che girano attorno al Campidoglio) non sarà facile. La faccia tosta ce l’ha, ora bisogna vedere se sarà una qualità decisiva.

Ma tutta questa faccenda, ormai, rasenta il ridicolo: finirà che gli inglesi usciranno dalla porta per rientrare dalla finestra: un classico, Agatha Christy non avrebbe potuto fare di meglio.

 

Elemosina di stato

Qualcuno ne beneficierà. ma molti, ne rimaranno fuori.
Il governo ha varato le due riforme per eccellenza i due fiori all’occhiello dei due partiti che rappresentano la maggioranza sgangherata, attuale: reddito di cittadinanza e quota cento.
Hanno fatto, messo nero su bianco, firmato, controfirmato, sorriso e riso, gioito e brindato.
Non si era mai visto tanta oscena baldanza nello sfornare leggi o leggine o riforme o qualsivoglia atto governativo come in questo spettacolino continuo messo in scena da questa politica di personaggi ed interpreti, di comparse e scomparse, di figli dei figli dei fiori e pure dei figli dei figli dei carciofi.

Il reddito di cittadinanza dovrebbe partire a breve. Mi ricorda i buoni pasto che rallentano le casse dei supermercati.
E’ una buona cosa pensare a chi non ha i soldi per mangiare o pagare l’affitto ma, in un mondo che non sia per forza la brutta copia di un brutto film di fantascienza, si deve prima di tutto pensare a incentivare il lavoro con tutti i mezzi.

Qui si incentiva la povertà pradossalmente contribuendo a mantenere in povertà dando questa regalia pelosa che serve solo come contrbuto alla campagna elettorale permanente, una “platea” piuttosto ristretta di “sfigati” che col tesserino dei poveri andranno a comprarsi il pane e la verdura.

I paletti sono tanti ma non si sa ancora da chi e come verranno piantati.
Chi dovrebbe (in teoria) fornire il lavoro è ancora avvolto nella nebulosa di un bel sogno.
Come saranno reperiti i famosi tre lavori è ancora un mistero gaudioso.
Intanto parte l’elemosina di stato, poi si vedrà.
L’importante è apparire in quanto ad essere il tempo, sempre galantuomo, dirà se questa sarà una riforma di senso compiuto oppure non sarà altro che un modo per togliere qualcosa ai cittadini per dare qualcosa d’altro ad altri cittadini.
Magari anche a quelli che, più furbi” di altri, si “inventeranno” una povertà che non esiste, mentre la maggor parte, dignitosa, preferirà rimanere povera piuttosto che diventare schiava in uno stato di diritto.