Faccia di bronzo

Che l’opposizione salga sulle barricate contro la legge finanziaria non è una novità: fa solo il suo mestiere. Ma questa volta è diverso. Che il Pd scenda in piazza per difendere la democrazia è anche questo il mestiere dell’opposizione ed è una cosa sana. Tutti i governi ne hanno fatte di tutti i colori sulla legge di bilancio infilando prebende ed elargendo mance a destra e a mancina, e tutti i governi o buona parte di essi, hanno posto la questione di fiducia quando temevano che non venisse approvata dal Parlamento.

Ma qui siamo davanti ad un fatto del tutto nuovo: qui il governo ha riscritto innumerevoli volte la legge e non ne ha mai discusso in parlamento ma è arrivato all’ultimo secondo, di notte fornendo dei fogli scarabocchiati ai Parlamentari che dovrebbero approvarli senza muovere ciglio. Disfano di giorno quello che tessono la notte (anche per restare dentro le direttive di Bruxelles tanto bistrattate all’inizio), quindi è possibile che quello che presentano di giorno si riveli sbagliato e da rifare il giorno successivo. Un pasticcio continuo del quale, nemmeno più i relatori sanno dove sia il capo o la coda, si sono persi anche loro con tutto questo cuci e scuci e ricuci.

Ma una cosa sembra essere certa: la manovra non ha nulla di espansivo e di migliorativo per il paese ma, al contrario, impone nuove gabelle a tutti, perdona e condona chi ha evaso il fisco (compresi i signori DiMaio e Di Battista, naturalmente padri, taglia le pensioni minime (alla faccia della lotta alle diseguaglianze) e in generale fruga ben bene nelle tasche degli italiani, comprese quelle dei capi di vestiario messi in naftalina. Insomma, questa è  la manovra della faccia di bronzo (ma si potrebbe anche usare un altro termine che finisce sempre in “‘nzo”).

In archivio, troverete ampia conferma di come avessi visto nel premier l’avvocato del governo, cosa che viene, ora, denunciata da molti organi di informazione.

Eh, si. Ce l’ha la faccia. Non avrà fatto tre anni di militare a Cuneo,ma Giuseppe Conte, la faccia di …uomo di mondo, ce l’ha, eccome. Alla conferenza stampa di fine anno ha “recitato” bene la sua parte. Da raffinato azzeccagarbugli ha aggirato le domande dei giornalisti rispondendo con grazia ma guardandosi bene dal compromettersi e soprattuto dal compromettere i suoi due mandanti, “titolari” soli ed unici (“Piconi”) del governo e sottoscrittori del tanto pronunciato e nominato  fantasmatico “Contratto”. Che si potrebbe pure cancellare con un tratto di penna, per quello che vale. Nulla: ognuno recita a soggetto una parte non scritta, teleguidato solo dall’arrivismo, dall’opportunismo, dalla tracotanza e soprattutto dalla smania di rimanere il più a lungo possibile al potere.

Un “già visto” più e più volte con la differenza che questa volta ad interpretarlo sono due forze politiche che hanno dietro le spalle, soprattutto i Cinquestelle, una storia di indignazione urlata e propagandata fino allo sfinimento di cose che ora, visto che sono loro al governo, trovano buone e giuste.

Il potere che perpetua la sua stessa arroganza.  Alla faccia dell’onestà, della trasparenza e di tutte le belle parole dette per ingannare i poveri “polli” che si sono lasciati spennare spogliandosi persino del”piumaggio” per rendergli la “missione” più facile.

Mia nonna avrebbe definito questa cosa con : “Bechi e bastonati”.

Forse è (anche) questo il caso.

 

Manovre meschine

Raddoppia l’Ires per le aziende del terzo settore (associazioni di volontariato) dal 12 al 24%, ecco perché la manovra ha fatto le ore piccole
Per venire incontro ai diktat di Bruxelles se la prendono con gli ultimi, con la sofferenza: molte associazioni di volontariato saranno costrette a chiudere.
Si penalizzano gli enti no profit. Davvero un bel cambiamento!
Con la situazione nel catanese a seguito delle forti scosse di terremoto conseguenti ai fenomeni eruttivi straordinari dell’Etna, ma come per altre mille situazioni di questa nostra Italia ballerina e fragile, chi avrà bisogno di soccorso comincerà già da subito ad “apprezzare” questa “misura”.
Ecco, già si cominciano ad intravvedere le prime “palle”  del” governo con le palle”, come lo ha definito Salvini.

Si colpisce chi ha bisogno di essere aiutato in situazioni di emergenza e lo Stato non arriva coi propri mezzi.

Enti ed associazioni che in questi anni hanno beneficiato di sgravi fiscali ora dovranno sborsare una cifra raddoppiata rispetto al passato e in molte non ce la faranno.

Sono decenni che si parla di prevenzione, che si parla di cura del territorio, che si parla di interventi massicci, di investimenti in questo senso ed invece si va in senso contrario aumentando le tasse a chi si prodiga per portare aiuto alle popolazioni colpite da disastri naturali agravati dall’incuria.

E sono decenni che si predica bene e si razzola malissimo quando si parla di bloccare il consumo di suolo. Ma quando mai? Oramai il suolo lo si misura a centimetri perché con le leggi che permettono di usufruire della massima cubatura, in molti, per affrontare i problemi economici, vendono le case agli speculatori che le pagano bene per poter costruire e speculare, abbattendo villette monofamiliari anche di pregio e costruirci sopra palazzi.

Avviene nella mia citta come ovunque in Italia, nonostante tutte le (mancate) promesse di non costruire ma di riparare l’esistente. Palle (eccole)!

Si demoliscono non solo le ville ma anche i relativi giardini con la conseguenza devastante sul paesaggio che viene privato oltre che di terreno calpestabile anche di alberi e vegetazione varia.

E non c’è partito politico che sia riuscito mai a mettere mano ad una legge che metta un freno a questa catastrofe: tutti, Cinquestelle compresi (grandi ambientalisti solo a parole), troppi gli interessi dietro a questa massiccia speculazione che sta distruggendo, da decenni il nostro paese.

Invece che investire sulla cura del paesaggio, sul ripristino di un minimo di sicurezza nella zone a rischio (e sono tantissime), si pensa a togliere fondi preziosi ad attività che contribuiscono a salvare vite umane messe in pericolo dal dissesto del territorio.

Questa manovra del popolo mi sembra sempre di più una manovra di speculazione politica. Chi continua a nutrire speranze sul governo in carica, dovrebbe rendersi conto di quale cul de sac stiamo, ancora una volta imboccando a fari spenti e di notte.

Un mistero

Rifugiarsi nel cibo o nella lettura di un buon libro è sempre un buon motodo per sfuggire dalla malinconia del Natale.

Sento i miei vicini che sbraitano, cantano a squarciagola, di sicuro hanno bevuto e sono già ubriachi. Tra loro ci sono dei bambini e non danno certo un buon esempio.  Questo Natale mi sembra ancor più consumistico del solito. Una corsa sfrenata a comprare: cibo, vestiti, carabattole di tutti i tipi. Non che sia sbagliato: regalare o regalarsi qualcosa a Natale è giusto. Ma non può essere che la festa della luce, la nascita del “Bambino” che porta la pace in questa terra martoriata, sia visto, dai più, come un rito ormai del tutto pagano buono solo per rimpinzarsi e per schignazzare e ubriacarsi in compagnia.

Credo che sia un brutto segno dei tempi che viviamo, privi di cultura, di valori veri, dove si cercano sempre di più riempitivi ad una spiritualità del tutto assente.

Si sta perdendo del tutto il significato di questo giorno.E mi chiedo se la gente sa più che cosa significhi Natale.

Significa sempre di più un carico supplementare di stress.

Da tempo mi sono liberata dalle consuetudini, dagli obblighi imposti dalla società, vivo le Feste a modo mio, con interiorità, quello che conta veramente è invisibile all’occhio.

Quello che conta veramente sono i sentimenti. E’ la capacità di esprimerli, di poter essere guida e esempio, di estrinsecare la propria interiorità, di essere d’aiuto anche solo con una parola, con uno sguardo, a chi ha bisogno di quella parola e di quello sguardo.

Ci si imbatte sempre di più in gente distratta, c’è un divario sempre più marcato tra generazioni, come se non fossimo tutti contemporaneamente su questo pianeta che l’uomo ha messo in pericolo,ma vivessimo in compartimenti stagni dove ognuno ha il suo ruolo preciso e non deve sconfinare da quello.  Non ci si guarda più in faccia, sembra che ogni uomo sia diventato davvero un’isola circondata da squali.

Lo so, sembra un’immagine pessimista e forse lo è, ma è quello che provo, spesso, girando per le strade.L’indifferenza sembra essere il sentimento prevalente. E il fastidio per il prossimo,  che sembra sempre più distante. Ed è un po’ alienante.

Essere ottimisti sul futuro dell’umanità riesce sempre più difficile, ma bisogna provarci. Questa notte non è una notte come le altre anche se lo sembra ma è una notte dal sapore magico. La nascita di un bimbo è sempre una magia, un mistero che rimarrà irrisolto.

E allora facciamo che la nascita di questo Bambino cosi speciale rappresenti qualcosa di speciale che non si identifichi solo nei regali, nel cibo, nei festeggiamenti chiassosi, ma che sia un motivo di riflessione e di rinascita interiore per tutti. E di serenità conquistata per chi sta vivendo momenti di inquietudine.

Tanti auguri a tutti. A chi partecipa e a chi semplicemente mi legge: grazie, di cuore.

Buon Natale!

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Palle di governo

Il ministro Salvini aveva già avuto occasione a Novembre di dire di non “rompere le palle ” al governo.

Ora dice che abbiamo finalmente un “governo con le palle”.

Insomma, da buon leghista, Salvini ha sdoganato le palle come linguaggio della politica.

Dunque il Sabotini Calletti alla voce” palle” dovrà introdurre ora anche questa definizione: attibuti politici di alta qualità.

La manovra è passata tra i fischi dell’opposizione che ha ricevuto un brogliaccio scarabocchiato quando ormai non le restava neppure più il tempo, non solo di leggerlo ed eventualmente discuterlo (questo vorrebbe la Costituzione), ma neppure mettere in ordine i fogli che sono stati febbrilmente affastellati l’uno sull’altro in ordine sparso e anche sperso.

Insomma il “governo con le palle” non ha voluto far sapere niente di cosa bolle nella pentola della legge di bilancio ai parlamentari che avrebbero potuto “rompere le palle” e perciò, hanno votato una manovra al lume di candela, a tarda notte e a fari spenti.

La manovra del popolo non è neppure passata sotto al naso dei rappresentanti del popolo che non sono neppure riusciti ad annusarla. D’altronde che cosa serviva perdere altro tempo? L’aveva già girata e rigirata il governo a sufficienza ci aveva messo e soprattutto levato sin troppo. Cosa altro c’era da fare se non votarla alla chetichella?

E se per putacaso una qualche manina, all’ultimo momento avesse inserito una normicina per aiutare il povero imprenditore edile Antonio di Maio che ha un debito col fisco, che male ci sarebbe?Infine tutti hanno sempre fatto cosi, e dai su e non rompete le palle!

Abbiamo un governo macho, con gli attributi di perfetta forma sferica, altro che palle.

A proposito di palle, visto che ci troviamo in argomento, Luigi DiMaio, ha preso un gusto matto a facebookare tutti i suoi scarabocchi: “fatto, vero, falso…”tutti giochini per passare il tempo durante le lunghe ore di non dibattito in parlamento, mentre la senatrice Malpezzi litiga con la questorina Bottici,si prendono quasi per i capelli…che scene pietose.  Davvero insopportabili, meglio starsene a casa a scrivere sul bloc notes le palle stratosferiche che l’immaginazione gli suggerisce ogni volta che sente l’attenzione della sua “audience” calare a favore del leghista “palloso”.

E’ tutta una continua gara a chi le spara più grosse…da cannone proprio.

Ma siamo a Natale, appendiamole all’albero con l’accortezza di sceglierle decorate e colorate.

E intanto ascoltiamo chi di palle se ne intende:

Che squallor!

La carriola

La carriola è un attrezzo che viene usato dai muratori che mi ha sempre molto divertito. Ricordo che da bambina se ne trovava sempre qualcuna vicino a case in costruzione o in ristrutturazione e io mi ci sedevo sopra e mi facevo scarrozzare da chi mi capitava a tiro. E mi facevano molto ridere le famose frasi: ” se mia nonna avesse le ruote sarebbe una carriola ” e “tua nonna in carriola”. E mi sporcavo i vestiti perché c’erano sempre residui di malta o di cemento e poi mia madre si arrabbiava, ma io mi divertivo troppo.

Ora il povero papà di Di Maio, Antonio, come avrebbe potuto immaginare che lasciare una innocente carriola, qualche pezzo di sanitario, qualche ferro vecchio e qualche mattone, abbandonati nei pressi di un fabbricato abusivo di sua proprietà, in un terreno di sua proprietà, avrebbe potuto essere un reato? E che lui sarebbe finito indagato per abbandono incontrollato di rifiuti?

E fa un po’ ridere che  DiMaio figlio, il quale è arrivato a diventare ministro predicando onestà, trasparenza, rispetto delle regole, si ritrovi con un  padre, rispettabile traffichino, indagato per aver abbandonato dei pezzi di ferro e quattro utensili in un terreno di sua proprietà.

E  avere dipendenti in nero che se si infortunano devono raccontare che si sono fatti male cadendo dalle scale di casa propria,sono cose di anomala amministrazione opaca di chiunque si trovi a portare avanti un lavoro difficile col quale sporcarsi le mani. E che ora, papà DiMaio, solo perchè padre di ministro immacolato, si ritrova di colpo da brava persona specchiata e gran faticatore a finire sotto i riflettori per abbandono di carriola in luogo privato.

E non c’è da meravigliarsi se l’azienda di famiglia è stata messa frettolosamente in liquidazione, la famiglia DiMaio non vede l’ora di sbarazzarsene, chissà cos’altro potrebbe uscire da quella piccola azienda di costruzioni edili sulla quale il papà del ministro ha sudato sangue ed ora deve rendere conto a reti unificate, di quante carriole abusive e di quanti lavoratori fuori regola ha usufruito, di quanti abusi edilizi… e di quanti accidenti che lo porti …a quello che ha messo in testa al figliolo di fare il paladino del rispetto delle regole…

E su, ma andiamo, ma siamo seri, una carriola è pur sempre una carriola, non è un carro armato.

 

“Chi vive, quando vive, non si vede: vive… Se uno può vedere la propria vita, è segno che non la vive più: la subisce, la trascina. Come una cosa morta, la trascina. Perché ogni forma è una morte. […] E grido, l’anima mia grida dentro questa forma morta che mai non è stata mia: «Ma come? Io, questo? Io, così? Ma quando mai?”

Luigi Pirandello

da “La carriola”

Dubbi

Arriva? Ma quando arriva? E viene anche per me? Passa dal camino? O dal portone? A tutte queste domande mia madre rispondeva che sì, arrivava e veniva anche per me e passava dal portone, quello grande che lei avrebbe lasciato aperto,… poco, giusto uno spiraglio per non far entrare il freddo.

E poi avrebbe lasciato il latte coi biscotti sul tavolo in cucina per Babbo Natale che veniva da lontano con la slitta e doveva mangiare qualcosa e scaldarsi perché il giro era lungo.

Me lo figuravo mentre faceva capolino attraverso il pertugio, col sacco in spalla, il berretto e il mantello, bordato di ermellino. Bello, alto, un bel viso sorridente , coi capelli folti e brizzolati come quelli del nonno.

A otto anni ci credevo, eccome, a Babbo Natale, però…qualche dubbio cominciava ad insinuarsi nella mia testa…

E se non fosse così? E se, invece, i regali li comprava la mamma al negozio e poi faceva finta che li avesse portati lui? Lo dicevo pure ai miei due fratellini più piccoli.  Ma loro se ne infischiavano sia di Babbo Natale che delle mie congetture.

E quando provavo a parlarne alla mamma non trovavo la minima soddisfazione ma solo quel: buona e vai a giocare che ho tanto da fare, che mi indisponeva al massimo.

E non riuscivo a capire come potesse non considerare importanti quelle mie insinuazioni.

Forse non voleva rispondere? Probabile. Ero gelosa dei fratelli che si prendevano tutte le sue attenzioni solo perché erano più piccoli di me ed io invece piccola non sono mai stata. A causa di questo carattere che mi porto ancora appresso come un bagaglio del quale non ci si può disfare.

Un carattere puntuto, ecco si, puntuto ed esigente. Mia madre diceva così e aggiungeva: anche un tantino troppo ribelle, per i suoi gusti.

Invece per il nonno ero tutt’altro. Ero una bambina come non ne esistevano al mondo, in tutto il mondo. Per lui, s’intende. Quello dei miei otto dubbiosi anni, fu anche il suo ultimo Natale in questo mondo.

Arrivò presto, la mattina della vigilia, in sella alla sua bicicletta nuova fiammante. Facemmo colazione assieme, tutti riuniti: mamma, fratelli, nonno e io. Papà rientrava in serata e non c’era, come spesso succedeva.

Il nonno non mi considerava la “grande” ma la sua piccola. E con lui non dovevo competere coi fratelli per ottenere attenzione. Al contrario, loro venivano dopo. Giustamente pensavo io, ero arrivata prima, come mi si poteva mettere in coda?

Siamo andati in piazza del paese a comprare l’albero. Abbiamo girato per i negozi fino a che non abbiamo trovato quello giusto. Perché il nonno era pignolo.

Era bello, il nonno. Non aveva ancora compiuto sessant’anni e aveva tutti i sui bei capelli scuri appena brizzolati sulle tempie. Alto e slanciato e con quell’aria fine, quasi timida ma al tempo stesso sicura di sé.

E gli occhi! Erano stati gli occhi a fare innamorare la nonna. Me lo aveva raccontato lei. Gli occhi e il sorriso…quei denti… così tanti e tutti raggruppati in bell’ordine dentro quella bocca così poco incline al sorriso, se non appena accennato, ma che rifulgeva di luce candida come la neve che aveva cominciato a scendere e che si stava appoggiando silenziosa sulle cime degli alberi, lenta ma sempre più fitta.

E cominciava a posarsi anche sull’albero che il nonno aveva appoggiato sulla canna della bicicletta.

Abbiamo camminato fino a casa, il nonno controllava che l’albero non si spostasse ed io con la mano nella sua, libera e il naso all’aria ad annusare il profumo della neve che cominciava a posarsi anche sulle nostre teste.

A casa, lo abbiamo messo nell’angolo predisposto già prima dalla mamma con un tavolino basso su cui appoggiarlo e una cassetta vicino, con dentro tutte le cose che  ci andavano appese.

Avevamo comprato anche le lucette elettriche. Un filo verde lungo e arrotolato in una matassa da cui, qua e la, sporgevano dei lumetti vetrosi.

Abbiamo pranzato con riso in bianco e uova al tegamino. Il suo pranzo preferito, Era di gusti semplici e soffriva di stomaco. Per me era il cibo più buono al mondo.

Dopo pranzo ci siamo subito messi a preparare l’albero. Coi fratellini che correvano intorno al tavolo e facevano un gran chiasso. La piccola caracollando e lanciando stridule grida e il piccolo che faceva il verso agli indiani pellerossa che aveva visto in televisione e i due gatti di casa che li rincorrevano.

La mamma faceva un pisolino e non era della compagnia.

All fine dell’opera, al momento di attaccare la spina avevo le guance rosse per l’eccitazione e la gioia di quella giornata così magica. Quando l’albero si illuminò, i fratellini si fermarono ed emisero un ohhh stupefatto. Io no, ero parte in causa e avevo contribuito all’allestimento e non potevo mostrarmi troppo soddisfatta perché il nonno mi aveva insegnato che dobbiamo sempre lasciare che siano gli altri a dirci se abbiamo fatto bene. Non ce lo dobbiamo dire da soli. Sarebbe presunzione. Che non capivo bene cosa volesse dire. Ma obbedivo e tacevo anche se il mio ohhh era  soffocato e interiore ed era più sonoro di quanto non avrebbe potuto se si fosse anche sentito.

Poi il nonno tornò a casa sua perché si era fatto pomeriggio tardi, era buio e la neve continuava a scendere e aveva qualche chilometro di strada da fare.

E me lo figuravo, seduto in sella alla sua bella bicicletta nera, dritto, impettito col bel fanale acceso che illuminava la strada e lo sguardo felice e il cuore allegro, pieno di quella bella vigilia passata con me e il resto della compagnia che era altrettanto importante anche se io non lo avrei mai ammesso.

E immaginavo il segno delle ruote sulla neve che piano, piano scompariva al suo passaggio ricoperto da altra neve che continuava  a scendere lentamente. E l’ho lasciato lì, in quel pomeriggio della vigilia di un Natale di tanti anni fa, con l’albero illuminato e la sua bella faccia sorridente solo a metà.

Puntuto ed esigente, pure lui.

Babbo Natale arrivò e trovai i regali sul tavolo in cucina e la scodella del latte vuota e neppure un biscotto.

Ha bevuto e mangiato, pensai, forse aveva ragione la mamma.

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Solo Mara

Non so se ci avete fatto caso, ma alle case dei supermercati succedono sempre più  spesso delle piccole risse o semplici battibecchi. Mi capita di incontrare persone maleducate che pretendono di passarti davanti o che si spazientiscono se non vai veloce come loro vorrebbero quando è arrivato il tuo turno di pagare dopo aver lungamente atteso.

A me è succeso diverse volte ultimamente. Persone arroganti che spingono ed arrivano persino ad offendere o a prendermi a maleparole se oso difendermi da accuse risibili. L’ultima, solo in ordine di tempo, qualche giorno fa.

Dopo aver atteso lungamente il mio turno  e sistemato gli articoli sul nastro, la cassiera si accorge che mi mancano alcuni prodotti per completare una promozione e mi invita a prenderli velocemente per arrivare all’importo stabilito. Ci metto solo qualche secondo e ritorno alla cassa. Nel frattempo una signora aveva messo il carrello in mezzo occludendomi il passaggio. Avendo le mani occupate l’ho spostato coi piedi. Apriti cielo, vengo accusata di aver scalciato in malomodo il suo  carrello (sic). Ho risposto che avrebbe potuto toglierlo vedendo che dovevo passare invece che metterlo di traverso.

Ma ne ne succedono tutti i giorni di questi piccoli incidenti.

Ma la deputata dei Cinquestelle Mara Lapia, non sembra raccontarla giusta. Ha detto di essere stata malmenata da un uomo dopo un diverbio alla cassa di un supermercato a Nuoro e di essere finita all’ospedale dopo che questo l’avrebbe aggredita.

Ma da alcune testimonianza risultrebbe che la signora, ha fatto tutto da sola e avrebbe inscenato un sceneggiata.

Pare che sia stata vista mentre ha finto di cadere svenuta.

Le testimonianze sono tutte attendibili e c’è da chiedersi come sia potuto succedere che una parlamentare abbia potuto scendere cosi in basso pur di dimostrare di essere stata aggredita e far punire un uomo che si era “permesso” di dirle che si sbrigasse visto che con le sue lamentele ostruiva la coda (aveva protestato con la cassiera per una lattina caduta che le aveva macchiato il vestito).

Lei stessa avrebbe dato versioni contraddittorie della vicenda.

Io un’idea me la sono fatta: qui la dico ma declino.

La Lapia si è leggermente montata la testa. Quando alla cassa si è sporcata a causa della lattina caduta, ha esagerato nel lamentarsi.  L’uomo che le ha detto che bloccava la coda, l’ha fatta ulteriormente infuriare. E cosi il diverbio è degenerato e lei ha pensato di approfittare della sua posizione di deputato della Repubblica per ottenere soddisfazione ed incriminare l’uomo di aggressione.

Se, veramente, le cose fossero andate cosi, non si merita alcuna solidarietà. Piuttosto dovrebbe darsi un bella calmata la signora. Sarà anche deputata pentastellata e, come lei dice, una persona educata e per niente altezzosa visto che vuole essere chiamata solo Mara. Ma se, invece, è un’arrogante delle tante che alle casse trovano sempre il pretesto per litigare, allora, cara “solo Mara”, lei non è “la pia” che vuole far credere  proprio per niente.

Ma se sarà confermato che lei ha ragione sono pronta a riconoscerlo e farle le mie scuse.

 

Una bella testa

Il ministro Toninelli sembra sempre avere un diavolo per cavillo. Il suo non è un lavoro facile. E’ comprensibile, dunque quell’aria corrucciata sotto quel testone di capelli inanellati.

La protesta a Roma degli Ncc gli complica la già difficile vita. Chissà quante volte al giorno si chiede chi glielo ha fatto fare. Ma non è il solo, vorremmo saperlo in tanti. I noleggiatori si sono riuniti sotto al Senato per protestare contro la norma in Manovra che gli impone di ritornare sempre alla rimessa dopo ogni servizio. E, insomma, tutto un avanti e indrè. Sembra abbiano fatto un bel pò di chiasso, bruciata una bandiera a cinquestelle e intonato cori contro il ministro, non proprio lusinghieri contro la sua incolpevole mamma.

Non ci stanno. Ma, detto fatto, pare, qualcuno in Parlamento, la solita manina, ha introdotto una modifica che dovrebbe calmarli. Ma, messi tranquilli qualche centinaio di noleggiatori , potrebbe essere la volta dei tassisti e se protestano quelli, si fermano tutte le città. E non sono da meno dei noleggiatori in quanto ad arrabbiature, anche quelli menano di brutto.

Come non vorrei essere negli abiti del ministro. Quando ha alzato il pugno recentemente in Parlamento, soddifatto e felice, forse non aveva ancora bene messo a fuoco il cimento in cui si è messo.

Ora  l’opposizione si è messa anche a contestare la famosa commissione costi-benefici sulle grandi opere. Anche questa opera del ministro che sembra avere la vocazione al martirio: chi ti va a scegliere? Un professore dichiarato anti Tav. E bravo! E questo che cosa fa? Sceglie, a sua volta, altri 4 membri della commissione (consulenti della sua impresa privata) dichiaratamente anti Tav, dunque 4 più lui che fanno cinque, su sei, anti Tav.

Ma tu pensa! Toninelli è furbissimo, ha trovato il modo per mettere a tacere i pro Tav: signori, non è cosa, la commissione ha detto No, troppi costi per cosi pochi benefici. Et voilà, il gioco è fatto.Semplice no?

I si Tav se la prendano con la commissione se la Tav non si farà.

Il Pd ha chiesto l’intervento della Corte dei Conti.

Ma come si fa a dare in mano un simile studio ad una commissione che ha già deciso a priori che la Tav non si deve fare? Ma che razza di testa ha Toninelli per fare di queste pensate?

Una bella testa, pesante… cioè pensante non c’è che dire. Testa di ministro, vale tanto oro quanto pesa. Ma quanto pesa?

Samarcanda

Un pensiero affettuoso a tutte le vittime di questa guerra assurda che spinge uomini ad uccidere altri uomini a tradimento, senza preavviso alcuno, senza che abbiano neppure il tempo per una preghiera o per rendersi conto che una bella serata tra amici, una passeggiata in centro o una visita ad un centro commerciale, o qualsiasi altra attività umana, possa d’improvviso trasformarsi in occasione di morte.

E’ successo a Strasburgo qualche giorno fa che un uomo, pluripregiudicato ma che girava armato, abbia ucciso quattro persone, a freddo, nelle vie della città dove erano in corso i caratteristici mercatini di Natale.

E’ successo nel cuore dell’Europa, quell’Europa che fatica a sentirsi un unione tra popoli diversi ma che condividono valori di solidarietà, di libertà, di scambi culturali reciproci e dove le diverse culture divengano un’opportunità di ampliare la conoscenza e allargare le prospettive.

Questa Europa era il sogno di Antonio Megalizzi, un giornalista italiano che si trovava proprio in quel luogo che è diventata la sua Samarcanda. E’ successo a lui come a Valeria Solesin qualche anno fa, ma è successo a uomini e donne di altre nazionalità, tutti accomunati dallo stesso atroce destino.

Antonio Megalizzi e Valeria Solesin, forse, hanno solo avuto il tempo di percepire una sensazione di qualche cosa che non andava per il verso giusto, ma deve essere stato come un lampo accecante che li ha trasportati altrove.

Ed ora spero che siano in una dimensione piena di colore e di luce e di gioia e che il loro ricordo non si affievolisca mai e serva a dare forza a chi deve combattere ogni giorno contro una vile minaccia che incombe su tutti noi.

Gli dedico idealmente una canzone:

Non siamo francesi

Questa storia che i cinquestelle avrebbero incamerato la “rivolta” è una panzana. Siamo, e non da oggi “sfiniti”, non ne possiamo proprio più, ma noi italiani non siamo francesi. Siamo italiani, abbiamo combattuto le vite (per l’eternità) contro tutto e tutti ed ora che siamo in Democrazia, pur con tutti i problemi, cerchiamo di utilizzare i sistemi democratici, quelli che la democrazia consente e teniamo le “discese in piazza” per dei momenti, soprattutto, di protesta civile dove si possa manifestare anche dissenso,  ma senza trascendere.
Bello scassare tutto…certo, facciamo la rivoluzione da popolo affamato, viva la pappa col pomodoro..anche no, grazie, di “rivoluzioni” in Italia ne abbiamo viste di continuo.
La vera rivoluzione sarebbe quella che finalmente smettessimo di essere “rivoluzionari” e che cominciassimo a fare le persone serie.
I Cinquestelle sono “casta”come tutti gli altri e si stanno persino rivelando peggiori, il chè è tutto dire.
Ma siamo in Democrazia, lo ricordo ancora e in democrazia un governo che non fa il proprio dovere si può e si deve cambiare.
Se non va bene si cambia. Come si cambia qualsiasi lavoratore che non fa il proprio dovere.
Cosi funziona.
Questo governo è forse il peggiore che l’Italia per come è messa oggi, avrebbe potuto anche solo sospettare di avere e potrebbe persino peggiorare. Che gli elettori ci siano “cascati” non meraglia dati i continui lavaggi di cervello che hanno fatto per anni i “rivoluzionari” a cinque stelle che volevano entrare in Parlamento a tutti i costi e ci sono riusciti. Ma per fare che cosa? oramai è chiaro: quello che hanno sempre fatto tutti: vivacchiare il meglio possibile sulle nostre spalle. Eh, no, grazie, io di gente sulle mie spalle ne ho tenuta anche troppa, scendere please.
Un prossimo governo qualunque esso sia( ma il più probabile è quello formato da Lega e Forza Italia e altre piccole forze di destra più qualcuno a fare da centrino), non potrebbe mai fare più danni di questo, ma potrebbe sempre fare anche peggio. E’ nell’ordine delle cose. Ma questo non significa che dobbiamo per forza tenerci questo per paura del peggio. Abbiamo sempre lo strumento delle elezioni e altri consentiti dalla democrazia e cioè: mandarli a casa il più presto possibile.
Ma dobbiamo tenere sempre la democrazia come faro, altrimenti siamo fregati.