Meno peggio

Sono stanca di sentire parlare i politici a vanvera. Hanno superato tutti i limiti della sopportazione. Mi prendono in giro con una facilità sorprendente.

Ammiccano dalla tv, dai giornali, si definiscono “meno peggio” di altri o salvatori della patria.

Ma cosa sarebbe questo meno peggio? Sarebbe come dire di scegliere un vestito con le toppe cosi nel caso si rompa non serve rammendarlo?

Io non voglio scegliere il meno peggio. Vorrei scegliere quello che mi sembra il meglio. Ma dove sta?

E’ una specie di caccia al tesoro. Ho solo qualche indizio ma trovare il nascondiglio è quasi impossibile.

E non è divertente.

Meno peggio è un modo per prenderci ancora in giro. Forse lo sanno che possono esprimere solo il peggio ed allora ecco il senso: una gara a capire chi esprime meno peggio di altri.

E allora perché non dirlo chiaramente?

Per esempio, se un partito mi dicesse: guarda elettrice, noi facciamo abbastanza schifo, siamo degli incompetenti un tantino paralatobì, tra noi c’è qualche cambia casacca, appendicappello, opportunista, non interventista e forse persino qualche seminarista…ma perbacco siamo Menopeggio di altri. Possiamo fregiarci di menopeggismo, votaci e vai sull’insicuro che è sempre meglio che cadere dalla padella nel pentolone.

Perbacco, con un discorso cosi mi commuoverei, anzi, sento già una lacrimuccia cadermi dall’occhio sinistro.

Se lo trovassi un partito cosi lo voterei subito, non ci penserei un attimo.

Almeno potrei contare sulla coerenza dell’incoerenza. E invece no, tutti a dirmi che sono menopeggio ma poi non mi dicono perché, non si spiegano e non si spezzano. Ma si spezzettano.

E poi, sono tutti inca…volati gli uni con gli altri, sembra uno di quei social dove tutti si azzuffano sempre senza ricordarsi neppure perché. Dove se uno dice nero l’altro dice arancione e poi l’uno dice arancione e l’altro dice bianco e a seguire altri dicono che l’uno aveva detto arancione prima che l’altro avesse detto bianco e che avevano torto l’altro e ragione l’uno e l’altro contemporaneamente ma anche no, dipende…ma da che dipende?

Ma da che parte guardi il mondo, naturalmente. Ma se lo vedi rotondo, naturalmente c’è chi ti dice che sei in malafede perché e leggermente allungato ai poli.

Ma che sono questi poli? Ti chiedono. Ignoranti, non sanno cosa sono i poli.

Ma sono quelle cose che stanno di fronte, contrapposti, che si menano tutto il dì e vanno d’accordo solo se stanno  da parti diverse delle barricate, bene equipaggiati di “bombe” ad alto tasso di promesse elettorali.

Insomma è chiaro. Il significato di meno peggio ora l’ho capito, mi sono illuminata da sola.

Eccolo: un pugile romano a chi gli chiede come mai sia andato al tappeto, risponde: “Meno peggio de lui”…

 

Bobo

“Il centrodestra patisce l’effetto Maroni”. L’ho letta su di un quotidiano.
Io conoscevo l’effetto serra, l’effetto Maroni ancora non mi era noto.
Noto però che la battaglia per la leadership si fa infuocata. Lo “stalinista” Salvini (cosi lo ha definito il “compagno” leghista) non piace al moderato occhialuto avvocato.
Ma Salvini non ci sta a farsi offendere e replica piccato.
Ma in fondo si amano. Sono ragazzi, stanno celiando. Direbbe i redidivo.
Lui ha una ricetta per tutti: pace e bene figlioli, ci pensa papà Silvio a mettervi d’accordo.
Perché papà Silvio conosce i suoi galletti Valbrembana, sa come prenderli (per i fondelli).
Maroni ha Bossi dalla sua. Gli deve aver detto di non lasciare la leadership a quell’ingrato, che lo ha rinnegato. Bobo, no. Anzi. Si vedono in gran segreto e studiano strategie che farebbero invidia a Napoleone.
Hanno studiato un piano: Bobo conquista Arcore con la blandizie e con il look da bravo, competente ex ragazzotto rivoluzionario pentito. Arriva a Chigi, prende il comando e poi si libera, seduta istante di quel manipolo di fascinorosi dei post leghisti lepenisti.
E poi, con calma, mettono apposto anche quella sgallettata della sorellina d’Italia, troppo nazionalista per i suoi gusti, troppo romano centrica, troppo romapadrona e sempre col tricolore in testa.
Lui, Bossi, il tricolore lo aveva in ben altri posti e detesta i fanatici dell’Inno di Mameli.
Una donna che comanda? Troppo flosci ‘sti leghisti moderni per i gusti del senatur. Troppo democratici. Bobo sarà il cavallo di Troia del leghismo duro e puro, quello della prima ora, quello che non si spezza e non si spiegazza. E rimane sulle proprie posizioni a tenere alto il sacro orgoglio padano. Altro che levare il nord dal simbolo.
Un piano diabolico. Che Berlusconi comunque conosce a menadito. ma ha promesso di non rivelarlo nemmeno a Vespa.
I ragazzi si scorneranno tra loro, un po’ di palestra di vita gli farà bene e il migliore vincerà.
Tanto tra un anno Strasburgo gli ridà l’abitabilità del palazzo e Berlusconi rientrerà trionfante a Chigi e regnerà nei secoli dei secoli. Amen.

 

P.S.; scrivo questa nota avendo letto che Maroni ha dichiarato di volersi ritirare dalla politica: bella notizia, quindi?
Manda uno stai sereno a Salvini? Abbiamo dei precedenti ma mai mettere limiti alla provvidenza.(14.1.2018)

Opportunismo made in Italy

“opportunismo s. m. – Comportamento per cui, nella vita privata o pubblica, o nell’azione politica, si ritiene conveniente rinunciare a principî o ideali, e si scende spregiudicatamente a compromessi per tornaconto o comunque per trarre il massimo vantaggio dalle condizioni e dalle opportunità del momento”.

Questa è la definizione che il dizionario da di un termine molto usato quando si voglia definire il comportamento suddetto. Lo troviamo in politica al massimo della sua potenzialità. Lo vediamo messo in opera da tutti i politici di qualsiasi formazione e ideologia: chi più, chi meno, tutti, prima o poi ci cascano. Magari esistono delle buone eccezioni, ma la normalità mi dice che l’opportunismo è sempre all’opera quando si tratta di politici.

Messo in atto sia per ottenere favori per se stessi, familiari, amici, o la propria parte politica, sia per favorire potentati, lobbies comunque personaggi che hanno un peso sulla scena pubblica e possono interferire con gli interessi di questo o quel partito. Ne abbiamo avuto e ne abbiamo prova tutti giorni, facciamo fatica a stargli dietro.

Non si salva nessuno. Ma, quasi sempre, si salvano tutti: conflitti d’interesse, insider trading, voto di scambio, abuso d’ufficio…che più ne ha…e ne abbiamo, volendo, ne abbiamo fin troppo. Ci siamo abituati, commentiamo distratti: ah si? Ma davvero? Lo dicono i giornali? La tv? Vespa? Floris? Le opposizioni? I marziani?

E va bene, ma che sarà mai? E’ normale, c’è chi ha la bocca larga, chi la manica, chi non sa tenersi il cecio in bocca e chi è chiaramente un gran para…spifferi.

Siamo indulgenti, increduli e tutto sommato anche un tantino creduloni. Ci crediamo nell’innocenza di questo o quel politico perchè tanto, via lui, ne arriva subito un altro a prenderci per i fondelli e allora? Facciamo due fatiche, la prima nell’indignarci, la seconda nello scegliere chi altro potrebbe rappresentarci, impresa sempre più ardua. E poi, magari, magari, vuoi vedere che se dovesse capitarci di trovarci in qualche situazione, diciamo disagevole e per uscirne dovessimo usare un po’ di savoir vivre  e diventare tanto opportunisti tanto quelli dei quali dovremmmo indignarci…allora è meglio trovare mille giustificazioni e motivi extra validi per assolverli in toto, o in parte.

Il vizietto vale anche per la cosiddetta “società civile”. Che tanto civile, poi a voler guardare non è, almeno non sempre. Di opportunisti ce ne sono a bizzeffe dovunque e in qualsiasi situazione. Trovano di che vantarsi o di che fregiarsi o di che  guadagnare o di che saltare le regole, o non rispondere delle proprie responsabilità o delle loro stesse affermazioni,( magari indignate)… sempre per il proprio tornaconto o quello degli amici o parenti stretti o larghi che siano.

Siamo un popolo di opportunisti? Mah, veramente qualcuno lo toglierei da questa lista lunga, ma poi non proprio tantissimi.  Un opportunista potrebbe essere, per fare un esempio, qualcuno che, magari alla guida di una nave, dice …ma si, vai pure a dritta, quando sa che a dritta potrebbe finire contro gli scogli, perché in quel momento non è troppo lucido o perché ritiene che andare a dritta gli convenga per qualche recondito motivo, anche se cosi facendo potrebbe mettere in pericolo molte vite.

Quando poi finsice sugli scogli, che fa? Opportunista com’è, si toglie dai problemi e scende a terra prima che la nave sia stata evacuata. E quando qualcuno, dalla capitaneria di porto gli dice: “torni a bordo, ca…”, lui si stupisce di questo ordine cosi sgraziato e protesta pure. L’opportunista non ha il senso delle proporzioni. Chi più, chi meno.

In genere fa tela con gli amici. Gli servono , li usa per i propri scopi senza alcuna remora, Si circonda da relazioni familiari strette, se ne fa scudo e le usa, allo stesso modo. Tale quale come in politica.

Quindi, siamo bene rappresentanti. Naturalmente a seconda dei punti di vista, o di svista. Anche in questo caso vale l’opportunità momentanea e del tutto made in Italy.

Uomini vittime

Riporto qui una mia lettera comparsa oggi su “Italians” del Corriere della Sera, al fine di ampliare quanto più possibile la discussione su un tema molto difficile e delicato:

Per “studi riportati”mi riferisco ad alcune ricerche citate nella lettera di un lettore che, nei giorni scorsi ne aveva riportato in sintesi i contenuti.
Gli studi citati sono:
Archer et al, 2000 e 2004
Macri et al. 2012

Quattro marzo

Da Fazio, Gentiloni ha detto che il Pd ha una buona squadra ed è l’unico in grado di governare il paese. Il paese che non deve rischiare tutto votando dei partiti non in grado di governare. Così, parlò.

Lo confesso, Fazio mi sta antipatico, non lo guardo. Ma neppure Gentiloni mi ispira grande simpatia. Ma ho dato un’occhiata al video e mi ha fatto una gran pena. Non è convinto neppure lui di quello che dice. Ma la forma viene prima della sostanza quando si occupa un posto come il suo.

Ambizioso non sembra e sa che Renzi scalpita. Il candidato premier del centronistra dovrebbe essere lui.

Lui che appena poco tempo fa disse, spergiurò, che se non avesse vinto al referendum avrebbe lasciato per sempre la politica. Gentiloni è il frutto di quella mancata promessa. Quale credibilità può avere uno che è subentrato per fare quelle ” quattro cose”, per tenere in piedi un governo che traballava dopo la clamorosa sconfitta al referendum del 4 dicembre 2016?

Si è dimostrato capace, ha portato avanti il lavoro, ma niente di più. Non è credibile. Ed è proprio il primo lui a non crederci.

Il Pd a guida renziana si è dimostrato incapace di governare, non solo, ha prodotto ancora più disuguaglianza ed ingiustizia. Ed ora siamo ancora in mezzo alla palude, la stessa che Renzi aveva detto che avrebbe bonificato.

Anzi, lo siamo più che mai dopo cinque anni persi che avrebbero potuto essere usati per dare davvero slancio ad un paese sempre più stanco ed incarognito.

Abbiamo ancora un quattro che incombe. Il 4 dicembre, il 4 marzo, la quarta gamba del centrodestra…

Il quattro è il numero degli elementi: terra, aria, fuoco e acqua, in numerologia rappresenta la terra, quindi la stabilità, il contatto con il suolo, la solidità. Ma il quattro è anche un brutto voto a scuola. Quarantaquattro sono i gatti, in fila per sei col resto di due e quattro sono sempre le “cose” da fare nei governi che non riescono mai a farle. E quattro gatti sono i partecipanti alle feste poco gettonate.

Insomma, si è capito, non mi suona bene il quattro, meno che mai in questo caso. Meglio sarebbe stato un bel 10 o 13 marzo, come data per il voto. Perché, se la sua positività consiste nell’essere il numero della solidità, potrebbe anche significare, in forma negativa, l’impossibilità di uscire da una “quadratura” che ci impedisce di progredire.

Ad Arcore, ieri, pare che i centrodestri abbiano trovato la “quadra”. Con Berlusconi le quadre si trovano sempre, lui dice sempre di si a chi vuole che lo accontenti e che faccia quello che vuole lui, Ha sempre l’aria di essere condiscendente, ma poi fa sempre quello che vuole. Ci cascano sempre tutti. Ci sono cascati anche gli scafatissimi Salvini e Meloni. Tanto, hanno pensato, poi ti freghiamo noi, quando sarò quel dì.

Cosi siamo messi e noi dovremmo votare questa gente? Vogliono tutti togliere e mettere. Ma non si smentiranno: toglierano a noi e metteranno, sempre a noi, qualcosa, che non si può dire.

Ho l’impressione che ci ritroveremo al governo un tavolino per sedute spiritiche le cui quattro gambe: Berlusconi, Salvini, Meloni, Renzi, saranno traballanti ma si reggeranno le une con le altre. Premier potrebbe essere Maroni.

E’ vero, c’è qualche nuova formazione che promette di mettere e togliere, come si usa, ma dovranno, forse , farsi quattro ossi all’opposizione.

E qui però, mi sento un senso di vertigine e devo prendere una pausa.

Ci risentiamo quando avrò riacquistato un minimo di equilibrio,vado a mettermi una zeppa sotto ai piedi. Quadrata non sono mai stata.

N.B. Vorrei assicurare i miei quattro lettori che non sto dando i numeri, almeno non più del solito.

I belli della politica

Mi dispiace dirlo, ma Virginia Raggi, non è un mostro di simpatia. D’accordo, non è richiesta la simpatia per governare una città ma ben altri requisiti. Ma qui, mi sembra che già i ben altri siano scarsi, la simpatia, invece, almeno per quanto mi riguarda, è nulla.

Però,  dopo averla vista in alcune foto recenti, infagottata in un cappotto nero una taglia più larga, con la fascia tricolore ed una faccia che dire da funerale è usare un eufemismo, un po’ di simpatia me la fa.

Pensare che prima della sua nomina avevo un po’ tifato per lei, ma solo in quanto donna, coi cinquestelle non vado troppo d’accordo. Beninteso con “l’ideologia”, dei cinquestelle. Singolarmente, a parte Lombardo e Crimi che mi stanno sull’anima dai tempi del famoso screaming con Bersani e Grillo, il quale non mi era granché simpatico nemmeno quando pretendeva di farmi ridere (anche se qualche volta c’è riuscito), non mi dicono niente.

Anzi, direi che Di Maio e Di Battista mi sono quasi simpatici, almeno sono due bei ragazzi e di “bellezza” in politica, a parte le eccezioni, se ne vede ben poca. Ma non vorrei che Di Maio puntasse troppo sul suo fascino, non vorrei che mi diventasse il “commissario Manara ” della situazione. Diciamo che con l’attore della famosa serie tv (finita troppo presto, mannaggia, con tutti i Lini Banfi e Don Mattei che ci dobbiamo sorbire, potevano anche prolungarla un po’) non ha molte analogie, ma forse quell’atteggiamento da “guardate donne come sono bello e caracollo gol gilet fantasia”, si. E sull’elettorato femminile i cinquestelle contano molto. Pensano (loro), forse, che l’elettorato femminile sia un tantino più,… diciamo, distratto dalle tematiche politiche in quanto tali e che sia attirato di più dall’involucro, dal “contenitore” del politico più che dal suo “contenuto”. Mah, questa del fascino latino deve essere un’ideona dello stratega Casalino che sinora non ha sbagliato un colpo  e infatti, Di Maio non va neppure a prendere un caffè senza che Rocco lo abbia prima notiziato circa il miglior modo di tenere la tazzina in mano.

Ma in fondo tutti i torti non li ha: parlo in generale, le donne a dire il vero la politica spesso, non dico per tutte eh, badate bene, ma spesso, la confinano ai titoli di coda, al massimo dello sbadiglio, quando manca proprio poco per prendere sonno e allora, per fare bei sogni, un Di Maio o Di Battista, sono consigliati tanto quanto una bella tisana di tiglio.

Ma torniamo alla Raggi. Dicevo, l’ho vista in una foto recente: fronte aggrottata, occhio sperduto, forse in crisi ipoglicemica (mangia poco la sindaca, le mancano i panini sul tetto del Campidoglio con Romeo) somiglia, (con tutto il rispetto) un pochino a Spelacchio, l’ormai famoso albero di Natale, il secondo dell’era Raggi, morto ben prima che nascesse il Bambino. E’ una tradizione ormai che gli alberi natalizi dei cinquestelle facciano ridere il mondo per quanto sono brutti, eppure sono costosi, ma niente da fare, l’aria di Roma non gli giova. A dir la verità non giova neppure ai romani con l’olezzo di pattume stabile col quale devono convivere. A questo proposito hanno chiesto collaborazione al Pd (ma nessuna larga intesa) e Bonaccini, governatore dell’Emilia gli ha aperto la porta (dell’inceneritore), ma il cinquestelle Dell’Orco (chi sarà con questo nome evocativo?) gli ha mandato a dire che i rifiuti glieli mandano solo per fargli un favore, ma non c’è bisogno di farsi belli coi rifiuti altrui, bastano i propri (ed ha postato su FB un cassonetto ridondante dalle sue parti).

Insomma, povera Raggi, non le fa proprio un ottimo pro questa sindacatura, credeva meglio. E’ un lavoraccio.

E ora che avrebbe dovuto comparire il 9 gennaio prossimo all’udienza preliminare davanti ai giudici per difendersi dall’accusa di falso ideologico, ha dovuto dire un’altra bugia. Ma la perdoniamo,  poca cosa, ogni tanto una piccola bugia si può dire quando dire la verità sarebbe troppo imbarazzante per gli “amici”. Ha chiesto il rito abbreviato  e ha ottenuto di spostare al 21 di giugno l’udienza. Cioè a giochi fatti, Cioè, secondo i cinquestelle, quando si saranno presi tutto il cucuzzaro e mangiato il tonno senza lasciare neppure la lisca ammesso che i tonni ce l’abbiano).

E questa piccola bugia che ha dovuto spargere ai quatto social in un tweet, la disturba.  Ma si, si vede, che la disturba. E cosi sicura della propria innocenza che può aspettare qualche mese per mandare avanti l’asportazione di questo piccolo ma fastidioso neo sulla sua strada lastricata di  (in)successi. Ma le secca, prima se lo toglie  e meglio è (se se lo toglie).

Non gliene va bene una, persino gli alberi di Natale si rifiutano di collaborare. Le avevano detto che governare Roma era un impresa titanica ma lei si era prestata con uno slancio generoso e disinteressato, ma questo è troppo.
Una bugia oggi, una falsità domani, non sono certo gradite ai romani. Ma, per ora, fanno con ciò che hanno.

Accontentarsi è una virtù.

 

 

Pochi spiccioli

Non ci faccio caso, imbusto la frutta e la verdura nei nuovi sacchetti biodegradabili e noto che, però, sono leggermente meno fastidiosi di quelli di prima. Questi sono più facili da aprire.  Io ne compro tanta frutta e verdura e quei sacchettini sempre appiccicati l’uno all’altro, mi davano fastidio. Questi mi piacciono di più. Li pago da 1 a 5 centesimi e mi vengono addebitati alla cassa sul conto finale.

Capirai, tutta ‘sta cagnara per qualche centesimo. Ma li pago volentieri se servono per diminuire l’impatto ambientale della plastica. Che questi siano biodegradabili lo si capisce al tatto e si sciolgono a guardarli.

Fino a casa arrivano ma poi, solo per aprire i nodi, bisogna fare attenzione che non ti si sciolgano tra le mani.

Ma se è vero che c’è un conflitto d’interessi con un’azienda produttrice che Renzi avrebbe privilegiato, si scopra e si sanzioni, lei e il segretario del Pd, il quale, se è vero,  non perde occasione per mettersi nei pasticci. Ha proprio una vocazione. O forse troppi amici? Mah, ci vogliono le prove, però. Troviamole e ripariamo.

Ma non rendiamoci ridicoli, per favore. Ho sentito Trefiletti dire che si possono, in alternativa, usare altre buste o addirittura la famosa retina della nonna.
Ma ci va a fare la spesa, qualche volta? Sa cosa significa comprare tanti prodotti diversi e doverli poi distinguere alla cassa per differenziare i vari prezzi? Vogliamo fare aumentare le code alle casse che già sono abbastanza lunghe? Pomodori… prego, vedere prezzo, ecco segnato…melanzane…non lo trovo, chiedo al boureau attenda prego…e via cosi.Ci sarebbe davvero da ridere per non piangere.

La normativa europea, se non ho capito male, prevede di far pagare i sacchetti per l’asporto di prodotti commestibili in modo tale da ridurne il consumo. Possible che in tutti i paesi europei sia stata recepita e tutto vada liscio mentre qui da noi dobbiamo trovare da ridire per qualche spicciolo?

Dobbiamo sborsare (è il caso di dirlo) per la borsa? E va bene consideriamolo un investimento per il futuro delle prossime generazioni che altrimenti si ritroveranno a mangiare pesci di platica, visto che hanno trovato residui di sacchetti nello stomaco di alcuni pesci. Ormai si trovano dovunque i maledetti sacchetti di plastica, le coste ne sono invase, invece che raccogliere conchiglie, sulle spiagge, ormai raccogliamo sacchetti.

Se questi sono biodegradabili e più facilmente smaltibili, ben vengano. Non facciamo una questione di principio su un problema fondamentale che dovrebbe trovarci tutti d’accordo. Il futuro dell’ambiente è più in pericolo che mai. Pochi spiccioli per salvaguardarlo sono il minimo che possiamo fare.

Sarò cattiva

Sono una NOFB. Cosa vuole dire? Ma è chiaro: no Facebook.

Ma perché, scusate, è forse obbligatorio? Ho notato che se qualcuno ti fa la domanda:”sei su FB?” e tu rispondi “No”,ti guardano strano.

Si, atteggiano la faccia a: ma tu guarda questa snob! Questa a-social.

Si, questo pensano. Mi capita di leggere nel pensiero, non so a voi, ma me capita e lo leggo chiaro e forte il pensiero che passa per la testa a quelli a cui dici di non essere iscritta al più grande, al più frequentato, alla chance delle chance: Il libro della facce di Zuckerberg (monte di zucchero?). Ma si può?

E’ facile, un giochino da ragazzini. Ti iscrivi, mandi una foto ( spesso taroccata), ti inventi un sacco di palle, pardon, verità edulcurate (ecco lo zucchero) insomma fade news (verità evanescenti) e ti piazzi. E aspetti. E che aspetti?
Mi dicono che si aspettano le richieste di amicizia. Amicizia? Amicizia chi? Pare brutto rifiutare l’amicizia, parola sacra: amicizia. Poco distante dall’amore. Insomma da quelle parti. Ma scusate, ma che razza di amicizia posso fare con gente che vedo su uno schermo di un PC? Insomma, non mi fido. Eh no, non mi fido. E se poi sono le classiche amicizie di bottega? Si, quelle per convenienza, quelle perché” soli si muore”, quelle che ti mandano i like, i moticons, gli auguri alle feste, al  compleanno e non compleanno. Quelle che lo fanno perché tu ricambi e magari perché li trovi a tua volta, carini, interessanti, favolosi, eccitanti…insomma che ti piacciono una cifra.

Federica Pellegrini, la grande campionessa, in questi giorni, in un’ intervista, ha consigliato alle ragazze di non postare su FB foto oseè, che tanto, il marito, il fidanzato, lo trovano lo stesso; quando è il momento arriva.

Giusto, sono con lei. Però chissà in quante hanno pensato: parla proprio lei che è sempre sotto tiro dei fotografi, che non aspetta certo i like di Fb, che ne incontra di quelli che levati….che basta che giri lo sguardo e ne trova sei o sette pronti ad offrirle amicizia e quant’altro. Ma per la maggior parte delle persone umane, non è cosi. I rapporti sono sempre più dificili, sempre meno occasioni di incontro perché i luoghi comuni, intendo quelli dove si potrebbero incontrare “amici” sono sempre più affollati e frequentati o da gruppi ristretti di persone chiusi a doppia mandata o da coppie già saldate con la fiamma ossidrica. O almeno cosi sembra.

E allora meglio mettersi in vetrina, pensano, loro, le ragazze che non sono un metro e ottanta e non hanno le spalle da lottatore. Intendiamoci, tutto quello che ha Federica se lo guadagna con grande impegno e sforzo, ma poi, nella vita c’è anche chi si impegna e si sforza ma non arriva a prendere neppure uno straccio di medaglietta.

Poi mi dicono che nell’web gira l’odio.

E sai che bella novità. Come se l’odio girasse solo sull’web. Ma gira ovunque, come l’amore. I sentimenti girano dove gli pare, nessuno gli mette le briglie. Ma, pare, che giri più odio che amore. E va beh, girerà di più, si darà più da fare, l’odio. Magari ha la sua pagina FB pure lui e avrà pure una caterva di like e un sacco di amici. Tipo, Cattiveria, Invidia, Gelosia. E si serve di loro. Perché Odio non è un tipo che guarda tanto per il sottile.

Gira di più nei social, nella rete perchè nel mondo, diciamo, vero, ha meno occasione di estrinsecarsi, ma c’è, eccome se c’è. Diciamo che sulla rete ha più occasione di mettersi in luce, di farsi notare, di mostrare le sue tante facce. Infatti è molto cliccato, soprattutto dai più deboli, dai più giovani ma non solo, ha una platea vastissima, insomma da tutte quelle persone che cercano di sfogare frustrazioni represse, sugli altri. Gli ipocriti, gli adulatori, i persecutori, quelli che si chiamano con un termine moderno: stalkers o haters, sembrano avere mano libera sui social. Si sfogano prendendo di mira chi gli sembra essere più  fragile, chi gli sembra un obiettivo sensibile, facile da sottomettere.

Anche per questo, ma non solo, io, da Facebook ,mi tengo lontana,gira troppa ipocrisia. Magari perderò anche delle occasioni di incontro con persone veramente interessanti, ma ne faccio volentieri a meno. E per quanto riguarda gli amici, nuovi o di vecchia data…sapete come dice il vecchio adagio? Si, proprio quello arcifamoso. Meglio pochi o anche pochissimi, rari o rarissimi. Già in tre mi sento in mezzo ad una pazza folla.

Ma non per questo sono un asociale, al contrario, solo forse un tantino selettiva. Ma basta fare un giro su FB e si trova un sacco di gente che non seleziona e accetta (o finge di accettare) tutto quel che arriva.

Ho deciso,  come proponimento per l’anno nuovo,  devo diventare più cattiva. Mi sforzerò, non sarà difficilissimo, ci metterò impegno e lo sarò soprattutto coi politici, con tutti i politici, con loro, anche con i meno peggio, non si sbaglia mai. Italiani o stranieri, senza distinzione. Se ne vedono in politica di facce che meriterebbero molti dislike.

Li sento già tremare da qui.

La testa sulle spalle

“Il dovere di proposte adeguate – proposte realistiche e concrete – è fortemente richiesto dalla dimensione dei problemi del nostro Paese. Non è mio compito formulare indicazioni. Mi limito a sottolineare, ancora una volta, che il lavoro resta la prima, e la più grave, questione sociale. Anzitutto per i giovani, ma non soltanto per loro. È necessario che ve ne sia in ogni famiglia. Al tempo stesso va garantita la tutela dei diritti e la sicurezza, per tutti coloro che lavorano”.

 

Questa è una frase che ha pronunciato il presidente Mattarella nel suo discorso di capodanno. Bisognerebbe dire: parole sante. E’ il cuore di tutti i problemi, l’Italia ha bisogno di lavoro, di lavoro vero, serio, che porti benessere e sicurezza e visione del futuro.  Che non pensi solo a sfruttare le persone ma che le consideri dei fini e non dei mezzi per arrivare al massimo profitto, dimenticando tutto quanto sta scritto nella nostra Costituzione.

Giovani e meno giovani, donne, soprattutto donne, alle quali viene  sempre solo tanto  promesso e molto di più negato. Che sono ancora meno pagate dei colleghi maschi e licenziate per prime, tanto, si pensa  ancora abbiano comunque di che campare.

Dunque Mattarella sa quale è la ricetta per riportare il paese sulla careggiata. lo sa ma può solo ammonire i politici che questa è la direzione da prendere, ma la prenderanno? O se ne infischieranno tutti? Come hanno fatto sinora?

Non mi venite a dire che il Job Act ha portato lavoro: ha portato solo una grande confusione e contratti diversi tra lavoratori che ora oltre alle tante difficoltà che devono affrontare, sono anche messi l’uno contro l’altro. E il precariato non è diminuito, anzi. E sono stati spesi una barca di miliardi per gli incentivi fiscali alle imprese che non hanno risolto nulla.

Dunque, a chi lo dice Mattarella che il lavoro è il primo problema? Lo dice a me? No, lo dice ai politici che si apprestano a fare campagna elettorale affinché lo pongano in cima ai loro programmi.

E lo faranno, oh se lo faranno. Prometteranno un milione, due milioni di posti di lavoro, ma di politiche serie per incentivare il lavoro, ne faranno? Finora abbiamo visto cosa ha saputo fare il centrosinistra: dividersi su tutto. Litigare, mostrare il lato peggiore di un partito che era nato per unire ed è finito col far diventare tutti fratelli/coltelli. E non è certo finita. Staremo a vedere in seguito, in base ai sondaggi come si orienterà chi si sente già con un piede fuori dal partito.

Mattarella chiede ai giovani nati nel 1999 di prendersi la responsabilità di votare, li esorta a farlo perché sono soprattutto i più giovani a disinteressarsi della politca, a non volerci avere a che fare, a non voler prendersi alcuna responsabilità. L’astensione tra i giovani è altissima. Ma i giovani non ascoltano i discorsi dei presidenti. Più facile che ascoltino i discorsi di Grillo.

Grillo ha tenuto il suo discorso di fine anno, dal suo blog. Ha detto che l’Italia sta perdendo il senso dell’umorismo. Perbacco detto da un ex comico è veramente grave.

Vorrebbe che ridessimo? E di che? L’ho guardato cinque minuti, di più non ho retto: mi è sembrato uno che ha appena litigato col mondo intero e pretende che l’universo gli dia ragione.

E questo signore sarebbe il padre nobile del Movimento che si appresta a governare l’Italia? Almeno nelle intenzioni. Leader di un Movimento che è in testa ai sondaggi?

Dice che è anziano ma che dentro ha un bambino di venti anni. Un bambino di venti anni? Poi parla di Annassagora e della mano come l’arto principale che riveste la massima importanza e che nessun robot potrà mai eguagliare.

Un crescendo di raffinate analisi della contemporaneità vista attraverso i suoi occhi: ci spiega il mondo da una stanza dalle pareti bianche, seduto su una sedia girevole, con dietro una libreria bianca, lo sguardo leggermente allucinato…

E confrontandolo con la sobrietà di Mattarella ho avuto un momento di scoramento.

Ma in che razza di paese sto vivendo? Da una parte ci sono due figure istituzionali composte al limite della surgelazione e dall’altra un capo di un movimento che avanza a rotta di collo che sembra che gli abbiano svitata la testa dalle spalle tanto la scuote da tutte le parti.

E il “nuovo che avanzava” dove si è ritirato? A meditare sulle proprie idiosincrasie?

Buon 2018 a tutti noi, e buona fortuna, ne abbiamo davvero bisogno per riuscire a tenere la testa al solito posto. Sulle spalle, se ci riusciamo.